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Inammissibilità ricorso per cassazione: guida spericolata

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 12/04/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per essersi sottratto a un controllo di polizia con una guida pericolosa. Il ricorso è stato ritenuto generico, in quanto non contestava specificamente le motivazioni della Corte d’Appello, ma si limitava a riproporre la tesi difensiva della ‘resistenza passiva’. La Corte ha confermato la condanna e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso per Cassazione: Quando la Difesa è Troppo Generica

L’esito di un processo non è quasi mai definitivo dopo il secondo grado di giudizio. Esiste infatti la possibilità di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione, ma con dei limiti ben precisi. Un recente provvedimento, l’ordinanza n. 19676 del 2024, ci offre un chiaro esempio di quando un ricorso viene respinto senza nemmeno essere esaminato nel merito, evidenziando l’importanza di una difesa tecnica e puntuale. L’analisi del caso mostra le conseguenze dirette della inammissibilità del ricorso per cassazione per motivi di genericità.

I Fatti del Caso: Una Fuga dalla Polizia

Il caso ha origine da un episodio di cronaca piuttosto comune: un individuo, alla guida di un veicolo, decide di non fermarsi a un controllo della Polizia di Stato. Anziché accostare, l’uomo inizia una fuga, caratterizzata da una condotta di guida imprudente e pericolosa. Questa azione non solo mette a repentaglio la propria sicurezza, ma crea un grave rischio per l’incolumità degli agenti che lo inseguono e degli altri utenti della strada.
La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 3 aprile 2023, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato per questi fatti, ritenendo la sua condotta una chiara forma di resistenza a pubblico ufficiale.

L’Appello e l’Inammissibilità del Ricorso per Cassazione

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Errata valutazione dei fatti: Secondo la difesa, la condotta del suo assistito non costituiva un reato, ma doveva essere interpretata come una semplice ‘resistenza passiva’, contestando così la ricostruzione operata dai giudici di merito.
2. Eccessività della pena: Il ricorrente ha criticato il trattamento sanzionatorio e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sostenendo che la motivazione della Corte d’Appello fosse illogica.

Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato in modo dettagliato perché le argomentazioni dell’imputato non potevano essere accolte.

Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già fornito una ricostruzione puntuale e dettagliata dei fatti. La motivazione della sentenza impugnata aveva evidenziato in modo congruo le ‘modalità imprudenti della condotta di guida’ tenuta durante la fuga. Di fronte a questa solida argomentazione, il ricorso si è limitato a presentare una critica generica e a riproporre la tesi della resistenza passiva, senza un confronto effettivo e specifico con le ragioni esposte dai giudici di merito. In sostanza, non basta dire che i fatti sono andati diversamente; bisogna dimostrare dove e perché la motivazione del giudice è illogica o errata.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per ragioni simili. La Corte ha ritenuto che la difesa si fosse limitata a una ‘riproposizione della medesima prospettazione di parte’ senza attaccare realmente la logicità della decisione impugnata. La Corte d’Appello aveva giustificato la pena e il diniego delle attenuanti facendo leva sul ‘grave rischio creato per l’incolumità degli agenti operanti e dei passanti’. Il ricorso non ha affrontato questa specifica valutazione, rendendo anche questo motivo del tutto generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione finale è una diretta conseguenza dell’inammissibilità del ricorso. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, dove si può contestare solo la violazione di legge o un vizio logico palese della motivazione. Un ricorso che si limita a ripetere le tesi difensive già respinte, senza individuare vizi specifici nella sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici. La difesa non ha individuato specifici vizi logici o giuridici nella sentenza della Corte d’Appello, ma si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel merito, senza un confronto effettivo con le motivazioni dei giudici.

Qual è la differenza tra la ‘resistenza passiva’ sostenuta dalla difesa e la condotta accertata dai giudici?
La ‘resistenza passiva’ implica una non collaborazione che non sfocia in violenza, minaccia o pericolo. Al contrario, la condotta accertata consisteva in una fuga con guida imprudente e pericolosa, che ha creato un rischio concreto per l’incolumità degli agenti e dei cittadini, integrando così il reato di resistenza a pubblico ufficiale e non una mera resistenza passiva.

Quali sono le conseguenze economiche dell’inammissibilità del ricorso?
In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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