Inammissibilità ricorso: l’abitualità del reato blocca la non punibilità
Con l’ordinanza n. 14200 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in tema di impugnazioni, dichiarando l’inammissibilità del ricorso di un imputato. La decisione evidenzia come la presenza di precedenti penali specifici, che delineano una ‘abitualità’ nel comportamento, precluda l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Vicenza, che aveva condannato un soggetto per il reato di tentato furto in abitazione. In seguito, la Corte d’Appello di Venezia, accogliendo parzialmente le doglianze dell’imputato, aveva riqualificato il fatto in tentato furto semplice, pur confermando la condanna.
L’imputato proponeva quindi ricorso per Cassazione, articolando diverse censure volte a smontare l’impianto accusatorio e la pena inflitta. I motivi del ricorso spaziavano dalla presunta violazione delle norme sulla procedibilità del reato alla mancata esclusione della recidiva, fino all’erronea applicazione dell’art. 131-bis c.p. e alla quantificazione della pena.
L’Inammissibilità del Ricorso e l’Abitualità della Condotta
La Suprema Corte ha esaminato e rigettato ogni singolo motivo, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Le argomentazioni dei giudici di legittimità offrono spunti chiari su diversi istituti del diritto e della procedura penale.
Carenza d’Interesse e Questioni di Procedibilità
Il primo motivo, relativo al regime di procedibilità del reato, è stato giudicato inammissibile per carenza di interesse. L’imputato sosteneva che il reato fosse procedibile solo a querela, ma la Corte ha rilevato che agli atti era presente una regolare querela della persona offesa, con espressa richiesta di punizione. Di conseguenza, la discussione sul punto era diventata sterile e priva di effetti pratici favorevoli per il ricorrente.
Recidiva e Motivi Subordinati
Interessante è la gestione del secondo motivo, concernente la recidiva. La Corte ha osservato che tale doglianza era stata proposta in appello in via subordinata rispetto alla richiesta di riqualificazione del reato. Poiché la Corte d’Appello aveva accolto il motivo principale (la riqualificazione), il motivo sulla recidiva doveva considerarsi implicitamente rinunciato.
L’Ostacolo dell’Abitualità all’Applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Il cuore della pronuncia risiede nel terzo motivo, dove la Corte respinge la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La norma richiede due condizioni: l’offesa di particolare tenuità e il comportamento non abituale. Nel caso di specie, i giudici hanno evidenziato come l’imputato fosse gravato da ‘reiterati precedenti specifici’, un dato che integra il carattere dell’abitualità della condotta e che, per legge, impedisce l’applicazione del beneficio.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato l’inammissibilità del ricorso sottolineando come le censure proposte fossero o prive di interesse concreto o manifestamente infondate. Sul tema della determinazione della pena, la Corte ha ricordato che il suo ruolo non è quello di ricalcolare la sanzione, ma di verificare che la motivazione dei giudici di merito sia logica e sufficiente. In questo caso, la motivazione sulla pena era stata ritenuta adeguata.
L’ordinanza si chiude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come conseguenza diretta dell’inammissibilità del suo ricorso.
Conclusioni
Questa pronuncia della Suprema Corte consolida alcuni principi cardine del processo penale. In primo luogo, un ricorso deve sempre mirare a un risultato pratico e favorevole per chi lo propone (principio dell’interesse ad agire). In secondo luogo, l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un meccanismo per garantire l’impunità a chi delinque abitualmente. La presenza di precedenti penali specifici è un ostacolo insormontabile per accedere a tale beneficio. Infine, viene ribadito il limite del sindacato di legittimità, che non può invadere le valutazioni di merito, come la quantificazione della pena, se queste sono supportate da una motivazione congrua e non contraddittoria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano in parte privi di interesse concreto (come quello sulla procedibilità, data la presenza di una querela), in parte implicitamente rinunciati in appello, e in parte manifestamente infondati, come la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. nonostante i precedenti dell’imputato.
La particolare tenuità del fatto può essere applicata a chi ha precedenti penali?
No, secondo questa ordinanza e la normativa vigente (art. 131-bis c.p.), se i precedenti penali sono specifici e reiterati, configurano un ‘comportamento abituale’. Tale abitualità è una condizione ostativa che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dai giudici di merito?
No, la Corte di Cassazione non può entrare nel merito della determinazione della pena se questa è sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14200 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14200 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ONITSHA( NIGERIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato, riqualificando il reato contestato in quello di tentato furt la sentenza del Tribunale di Vicenza del 3 ottobre 2022 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di tentato furto in abitazione e, concesse le circostanze attenuant generiche e l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, l’aveva condannato alla pena di giustizia;
che il primo motivo del ricorso dell’imputato, volto a denunciare violazione di legge in relazione al regime di procedibilità del reato di cui all’art. 624 cod. p aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 2, cod. pen., ritenuto in sentenza come procedibile d’ufficio, è inammissibile per carenza di interesse, poiché tende ad ottenere enunciati di principio privi di effetti favorevoli per il ricorrente, attes è presente in atti la querela presentata dal derubato, nella quale è stata espressamente formulata istanza di punizione;
che il secondo motivo del ricorso dell’imputato, che si duole del vizio della motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva, è stato implicitamente rinunciato in appello, in quanto il ricorrente aveva proposto un motivo di appello inerente alla recidiva subordinato al motivo di appello concernente la riqualificazione giuridica del reato, il quale è stato accolto;
che il terzo motivo del ricorso dell’imputato, volto a denunciare la violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., manifestamente infondato poiché si pone in contrasto con il dato normativo, atteso che la norma suddetta richiede, perché venga applicata, che l’offesa sia di particolare tenuità e il comportamento non sia abituale e nel caso di specie, si evidenzia, invece, come la condotta dell’imputato presenti il carattere dell’abitualità, essendo egli gravato da reiterati precedenti specifici;
– che il quarto motivo del ricorso dell’imputato, con cui denunzia la violazione di legge circa la determinazione della pena, non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché inerente al trattamento sanzionatorio benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione da parte dei giudici di merito, i quali hann proceduto alla determinazione della pena adoperando il metodo diretto e hanno ben motivato in punto di entità della stessa (si vedano, pag. 2 e 3 del provvedimento impugnato);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.