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Inammissibilità ricorso penale: la motivazione

Un ricorso contro la determinazione della pena è stato giudicato inammissibile. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo la motivazione adeguata e ben fondata sulla quantità di stupefacenti e sulla proclività a delinquere del soggetto, nonostante la concessione di attenuanti generiche. Questo caso evidenzia il principio di inammissibilità del ricorso penale quando le motivazioni della sentenza impugnata sono logiche e complete.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Penale: Quando la Motivazione della Pena è Sufficiente

L’inammissibilità del ricorso penale rappresenta uno degli esiti più comuni davanti alla Corte di Cassazione, specialmente quando l’impugnazione riguarda la misura della pena. Un recente provvedimento della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i criteri secondo cui la motivazione di una sentenza di appello viene considerata adeguata, rendendo vano ogni tentativo di rimetterla in discussione nel giudizio di legittimità. Analizziamo una decisione che ha confermato la condanna di un individuo per reati legati agli stupefacenti, basandosi su elementi concreti e sulla sua personalità.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte di Appello di Roma. Il ricorrente contestava la determinazione della pena inflittagli, ritenendola eccessiva. La difesa mirava a ottenere una rivalutazione da parte della Corte di Cassazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero ponderato correttamente tutti gli elementi a favore dell’imputato.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso Penale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo la conferma definitiva della sentenza di condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La Corte ha stabilito che il tentativo di rimettere in discussione la valutazione del giudice di merito era precluso, data la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore del provvedimento risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto le doglianze del ricorrente. La Corte ha sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte di Appello aveva giustificato in modo adeguato e completo la determinazione della pena. I giudici di merito avevano correttamente bilanciato gli elementi a favore e contro l’imputato.

Da un lato, erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, un riconoscimento che il giudice può fare per mitigare la pena in base a considerazioni equitative. Dall’altro lato, però, questa concessione era stata controbilanciata da due fattori di notevole gravità:

1. La disponibilità di consistenti quantità di stupefacenti: questo elemento è stato considerato un indicatore oggettivo della gravità del reato.
2. La già manifesta proclività alla trasgressione: la Corte ha evidenziato come la personalità del ricorrente, incline a violare la legge, costituisse un fattore negativo rilevante nella valutazione complessiva.

La Suprema Corte ha quindi concluso che il ragionamento della Corte di Appello era immune da vizi logici o giuridici. La motivazione fornita era solida e permetteva di comprendere l’iter argomentativo che aveva portato alla quantificazione della pena. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti o di decidere se una pena sia ‘giusta’ in astratto, ma di verificare che la decisione dei giudici dei gradi inferiori sia stata presa nel rispetto della legge e con una motivazione logica e non contraddittoria. Per chi intende impugnare una sentenza di condanna, è cruciale non limitarsi a contestare l’entità della pena, ma attaccare specificamente la struttura logica della motivazione, evidenziandone eventuali carenze, contraddizioni o palesi illogicità. In assenza di tali vizi, come nel caso di specie, l’inammissibilità del ricorso penale è una conseguenza quasi certa.

Quando un ricorso in Cassazione sulla misura della pena è considerato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando la Corte di Appello ha fornito una motivazione adeguata e logicamente coerente per la pena inflitta, e il ricorrente non riesce a dimostrare vizi di legittimità, come la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità del ragionamento del giudice.

Quali elementi ha considerato la Corte per giustificare la pena in questo caso specifico?
La Corte ha ritenuto la pena giustificata sulla base di due elementi principali: la dimostrata disponibilità di una consistente quantità di sostanze stupefacenti e la già manifesta proclività alla trasgressione del ricorrente, valutandoli come preponderanti rispetto alla concessione delle attenuanti generiche.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) alla Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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