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Inammissibilità ricorso penale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso penale presentato da un’imputata condannata per spaccio di sostanze stupefacenti. Il ricorso mirava a contestare la pena inflitta, la mancata esclusione della recidiva e il diniego di un’attenuante. La Corte ha stabilito che le censure non erano ammissibili in sede di legittimità, poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente e non illogica a sostegno delle sue decisioni sul trattamento sanzionatorio, confermando così la condanna.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Penale: Quando la Motivazione del Giudice è Insindacabile

L’esito di un processo penale non si esaurisce sempre con la sentenza di primo grado. L’imputato ha il diritto di impugnare la decisione, ma fino a che punto può spingersi la contestazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso, sottolineando il principio della inammissibilità del ricorso penale quando le censure riguardano il merito del trattamento sanzionatorio e la motivazione del giudice di appello è logica e sufficiente. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere il ruolo della Suprema Corte e i criteri di valutazione delle pene.

I Fatti del Caso

Una donna veniva condannata in giudizio abbreviato per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso (artt. 110 c.p. e 73, comma 5, d.P.R. 309/90). La pena stabilita era di un anno e un mese di reclusione e 2.200,00 euro di multa. La condannata decideva di ricorrere in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, lamentando vizi di motivazione su tre punti specifici del trattamento sanzionatorio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputata articolava il proprio ricorso contestando le decisioni della Corte d’Appello relative a:
1. Mancata esclusione della recidiva: Si contestava la decisione dei giudici di non escludere l’aggravante della recidiva, prevista dall’art. 99, quarto comma, del codice penale.
2. Mancata applicazione del minimo della pena: Si lamentava che la pena inflitta non fosse stata fissata nel suo limite minimo edittale.
3. Mancata applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità: Si contestava il diniego della circostanza attenuante prevista per i casi in cui il profitto derivante dal reato sia di entità particolarmente esigua.

La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso Penale

La Corte di Cassazione ha rigettato le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. La Suprema Corte ha chiarito che le censure proposte non erano consentite in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare nel merito le valutazioni del giudice precedente, ma di verificare la presenza di vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta non solo presente, ma anche sufficiente, logica e adeguata a giustificare le decisioni prese.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha analizzato punto per punto le argomentazioni della Corte d’Appello, ritenendole immuni da censure.

In primo luogo, riguardo alla recidiva, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato la “pervicacia dell’azione delittuosa”. L’imputata aveva commesso il reato mostrando indifferenza verso una precedente condanna per rapina e subito dopo essersi allontanata da un luogo di spaccio a causa della presenza di carabinieri in borghese. Questo comportamento dimostrava una chiara propensione a delinquere che giustificava il mantenimento dell’aggravante.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’attenuante del lucro di speciale tenuità, la Corte d’Appello aveva motivato il diniego sulla base di elementi oggettivi. La quantità di sostanza sequestrata, pari a 38,9 grammi di hashish, era stata considerata idonea a soddisfare le esigenze di decine di consumatori. A ciò si aggiungeva l’organizzazione dell’attività illecita, svolta in concorso con un’altra persona che agiva da “vedetta”, un elemento incompatibile con un’attività marginale e di scarso profitto.

Infine, sul trattamento sanzionatorio complessivo, la Corte ha ritenuto che la pena fosse stata adeguatamente calibrata tenendo conto di tutti gli elementi del caso, inclusa la modalità organizzata dello spaccio. Di conseguenza, non sussisteva alcun vizio di motivazione che potesse giustificare un intervento della Suprema Corte.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti se questa è sorretta da una motivazione coerente e priva di vizi logici. Per ottenere una riforma della pena in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice, ma è necessario dimostrare che tale valutazione è palesemente illogica, contraddittoria o basata su un’errata applicazione della legge. L’inammissibilità del ricorso penale scatta proprio quando l’impugnazione si risolve in una mera richiesta di nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni riguardavano il trattamento sanzionatorio, una valutazione di merito del giudice. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente e non illogica per le sue decisioni, e la Cassazione non può riesaminare tali valutazioni ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione.

Quali elementi hanno giustificato la mancata esclusione della recidiva?
La Corte ha ritenuto giustificata la recidiva sulla base della “pervicacia dell’azione delittuosa” dell’imputata. Questa aveva agito con indifferenza verso una precedente condanna per rapina e subito dopo aver notato la presenza delle forze dell’ordine, dimostrando una spiccata tendenza a delinquere.

Perché non è stata concessa l’attenuante del lucro di speciale tenuità?
L’attenuante è stata negata perché la quantità di sostanza sequestrata (38,9 grammi di hashish), sufficiente per decine di consumatori, e l’organizzazione dell’attività di spaccio, svolta in concorso con un’altra persona che fungeva da “vedetta”, sono state considerate incompatibili con un profitto di entità particolarmente esigua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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