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Inammissibilità ricorso penale: i poteri del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso penale presentato contro una condanna per il reato previsto dalla Legge 110/1975. L’imputato aveva richiesto la non punibilità, ma la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, basata sulla personalità negativa dell’imputato. L’ordinanza sottolinea l’ampia discrezionalità del giudice nel determinare la pena ai sensi dell’art. 133 c.p., ribadendo che tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Penale: Quando il Giudice di Merito Decide su Personalità e Pena

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione riguardo alle valutazioni del giudice di merito. In particolare, la Suprema Corte si è pronunciata sull’inammissibilità di un ricorso penale che contestava sia il diniego di una causa di non punibilità sia la determinazione della pena, ribadendo la centralità della discrezionalità del giudice di primo grado quando la sua decisione è sorretta da una motivazione logica e congrua.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato per un reato previsto dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva avanzato due principali doglianze. In primo luogo, sosteneva che la richiesta di declaratoria di non punibilità avrebbe dovuto essere accolta, tenendo conto della gravità del fatto e della sua personalità. In secondo luogo, contestava la determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto non adeguatamente calibrato.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso Penale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure sollevate. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, che riconoscono un’ampia autonomia al giudice di merito nelle valutazioni fattuali e discrezionali, purché queste siano supportate da una motivazione coerente e non manifestamente illogica.

Le Motivazioni della Suprema Corte

L’ordinanza articola il suo ragionamento su due pilastri fondamentali, corrispondenti ai motivi di ricorso.

Sulla Negata Causa di Non Punibilità

La Corte ha definito la censura relativa alla mancata concessione della non punibilità come “manifestamente infondata”. I giudici di legittimità hanno evidenziato come il diniego fosse stato ampiamente e congruamente motivato dal giudice di merito, il quale aveva basato la sua decisione sulla “luce negativa personalità del ricorrente”. La dimostrazione documentale dell’insussistenza delle condizioni per applicare il beneficio è stata ritenuta sufficiente a giustificare la reiezione della richiesta. Su questo punto, la Cassazione riafferma che la valutazione della personalità dell’imputato è una prerogativa del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizi logici evidenti, che in questo caso non sono stati riscontrati.

Sulla Determinazione della Pena

Anche la seconda censura, riguardante la quantificazione della pena, è stata giudicata “priva di pregio”. La Corte ha richiamato un principio giurisprudenziale consolidato (in particolare, la sentenza n. 36104 del 2017), secondo cui la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Per adempiere all’obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 del codice penale, utilizzando espressioni come “pena congrua” o “pena equa”, o facendo riferimento alla gravità del reato e alla capacità a delinquere. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla media edittale, circostanza non verificatasi nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in commento conferma un orientamento giurisprudenziale stabile: le valutazioni del giudice di merito sulla personalità dell’imputato ai fini della concessione di benefici e sulla determinazione della pena sono difficilmente attaccabili in Cassazione. L’inammissibilità del ricorso penale scatta ogni qualvolta le censure non denuncino un vizio logico-giuridico della motivazione, ma si limitino a proporre una diversa lettura degli elementi fattuali già vagliati nei gradi di merito. Per l’imputato e il suo difensore, ciò significa che un ricorso per cassazione ha speranze di successo solo se si concentra su vizi procedurali o su manifeste illogicità nel ragionamento del giudice, e non su una mera riconsiderazione delle valutazioni discrezionali.

Perché è stata respinta la richiesta di non punibilità?
La richiesta è stata respinta perché il giudice di merito ha valutato negativamente la personalità del ricorrente, ritenendo insussistenti le condizioni per riconoscere la causa di non punibilità. Questa valutazione è stata considerata ampiamente e congruamente motivata.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Generalmente no. La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La sua decisione è insindacabile in Cassazione se motivata con espressioni generiche come “pena congrua” o con un richiamo alla gravità del reato. Una motivazione dettagliata è necessaria solo se la pena è di gran lunga superiore alla media.

Qual è stato l’esito finale del ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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