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Inammissibilità ricorso penale: i motivi infondati

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso penale avverso una condanna per furto. L’appello, basato sulla richiesta di riqualificare il reato in tentato furto e sulla contestazione della pena, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che il furto è consumato anche con un breve possesso del bene, rendendo irrilevante l’intervento di terzi. La decisione sottolinea i criteri per l’inammissibilità ricorso penale.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Penale: L’Analisi della Cassazione sul Furto Consumato

Comprendere i criteri che portano alla dichiarazione di inammissibilità ricorso penale è fondamentale per ogni operatore del diritto e per chiunque sia coinvolto in un procedimento giudiziario. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre spunti preziosi su questo tema, analizzando un caso di furto e chiarendo perché i motivi presentati dall’imputato siano stati giudicati ‘manifestamente infondati’, portando a una condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Questo provvedimento ribadisce principi consolidati sia in materia di diritto sostanziale, come la consumazione del reato di furto, sia in ambito processuale.

I Fatti di Causa: Dal Furto alla Sentenza d’Appello

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva dichiarato estinto per prescrizione un reato minore, ma confermato la responsabilità dell’imputato per il delitto di furto, come previsto dall’art. 624 del codice penale. Sebbene la Corte territoriale avesse escluso l’aggravante della recidiva e ridotto la pena, l’imputato decideva comunque di presentare ricorso per cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto e la misura della sanzione.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità Ricorso Penale

L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomenti principali, entrambi ritenuti dalla Suprema Corte manifestamente privi di fondamento, determinando così l’inammissibilità del ricorso penale.

1. Errata qualificazione del reato: Il primo motivo contestava la configurazione del furto come ‘consumato’. Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere riqualificato come ‘tentato furto’, poiché l’imputato aveva avuto la disponibilità del bene sottratto solo per un brevissimo lasso di tempo prima dell’intervento casuale di un terzo. Su questa premessa, si invocava anche l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

2. Eccessività della pena: Il secondo motivo criticava la quantificazione della pena, ritenuta sproporzionata. La difesa lamentava una mancanza di motivazione specifica e dettagliata da parte della Corte d’Appello sul calcolo della sanzione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi con argomentazioni chiare e in linea con la giurisprudenza consolidata.

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il reato di furto si considera consumato nel momento stesso in cui il soggetto agente acquisisce l’esclusiva signoria di fatto sul bene, anche se per un periodo di tempo molto breve. L’eventuale intervento successivo di un terzo che interrompe il possesso è irrilevante ai fini della consumazione del reato. Pertanto, la richiesta di riqualificare il fatto in ‘tentato’ era palesemente infondata. Di conseguenza, anche la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., basata sull’erroneo presupposto del tentativo, è stata respinta, in quanto il ricorso non censurava adeguatamente l’iter logico della sentenza impugnata.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha osservato che la pena detentiva era stata fissata al minimo edittale e quella pecuniaria in una misura inferiore alla media. In tali circostanze, non è richiesta una motivazione particolarmente analitica da parte del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva comunque fatto riferimento alla ‘offensività del fatto’, fornendo una giustificazione congrua e sufficiente per la pena inflitta. Anche questo motivo, quindi, è stato giudicato manifestamente infondato.

Le Conclusioni

La decisione finale della Corte è stata quella di dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta conseguenze significative per il ricorrente: oltre alla conferma della condanna, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato questa sanzione aggiuntiva ravvisando ‘profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione’.

In conclusione, questa ordinanza serve da monito: la presentazione di un ricorso in Cassazione deve basarsi su motivi solidi e giuridicamente pertinenti. L’impugnazione di una sentenza con argomenti manifestamente infondati non solo è destinata all’insuccesso, ma espone anche a sanzioni economiche, in quanto costituisce un uso improprio dello strumento processuale.

Quando si considera consumato un reato di furto?
Il reato di furto si considera consumato nel momento in cui l’agente acquisisce l’esclusiva signoria di fatto sul bene sottratto, anche se per un tempo molto breve. L’intervento successivo di un terzo non è rilevante per escludere la consumazione.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono ‘manifestamente infondati’, ovvero quando non si confrontano adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata o si basano su presupposti giuridici palesemente errati, senza alcuna possibilità di accoglimento.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in caso di colpa nell’aver proposto l’impugnazione, anche al versamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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