Inammissibilità Ricorso Pena: Quando le Censure sono Manifestamente Infondate
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non basta un semplice dissenso sulla quantificazione della pena per giustificare un ricorso. L’analisi del provvedimento chiarisce quando l’inammissibilità del ricorso pena diventa una conseguenza inevitabile, specialmente se le critiche alla motivazione del giudice di merito sono prive di fondamento. Questa decisione offre spunti cruciali sulla corretta applicazione dei criteri sanzionatori e sui limiti del sindacato di legittimità.
I Fatti del Caso
Un soggetto, già gravato da numerosi precedenti penali, proponeva ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte di Appello. L’unica doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio che, a suo dire, era stato determinato sulla base di una motivazione viziata da contraddittorietà. L’appellante contestava la mancata rideterminazione della pena da parte del giudice di secondo grado, ritenendola sproporzionata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto le censure mosse dalla difesa come ‘manifestamente infondate’. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, non essendo emersi elementi idonei a escludere la sua colpa nella proposizione di un ricorso privo di possibilità di accoglimento.
Le Motivazioni: Analisi dell’Inammissibilità del Ricorso Pena
Il cuore della decisione risiede nella valutazione delle motivazioni addotte dal ricorrente. La Corte Suprema ha stabilito che le critiche erano infondate perché la presunta contraddittorietà della motivazione della Corte di Appello non emergeva in alcun modo dal provvedimento impugnato.
Al contrario, la Corte di Appello aveva operato una corretta applicazione dei criteri sanciti dall’articolo 133 del codice penale. La pena base, fissata in due mesi di arresto, era stata giudicata non solo congrua ma anche ‘ampiamente inferiore al valore medio edittale’. Tale valutazione era stata ponderata tenendo conto sia della tipologia di violazione commessa sia, soprattutto, della personalità dell’imputato, caratterizzata da numerosi precedenti penali.
La Cassazione ha quindi osservato che la motivazione della Corte territoriale era logica, coerente e adeguata. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso pena è stata la naturale conseguenza di un’impugnazione basata su critiche generiche e non supportate da vizi concreti del provvedimento.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza rafforza il principio secondo cui il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della quantificazione della pena. La valutazione del trattamento sanzionatorio è una prerogativa del giudice di merito, e il suo operato è sindacabile in sede di legittimità solo in presenza di un vizio di motivazione palese, come la sua totale assenza, la sua manifesta illogicità o la sua contraddittorietà interna.
Questa pronuncia serve da monito: un ricorso basato su una generica contestazione della congruità della pena, senza individuare un vizio specifico e dimostrabile nel ragionamento del giudice, è destinato all’inammissibilità. La condanna alle spese e al versamento alla Cassa delle ammende rappresenta un ulteriore deterrente contro la proposizione di ricorsi dilatori o palesemente infondati, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure relative al vizio di motivazione sulla determinazione della pena sono state ritenute manifestamente infondate, in quanto la presunta contraddittorietà non emergeva dal provvedimento impugnato.
Quali criteri sono stati utilizzati per confermare la congruità della pena?
La pena è stata ritenuta congrua sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, considerando la tipologia di violazione e la personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali. La pena base, inoltre, era già stata fissata su un valore ampiamente inferiore alla media.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero escludere la sua colpa nel proporre un ricorso senza fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43516 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43516 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/03/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in relazione alla mancata rideterminazione del trattamento sanzionatorio operato dal primo Giudice – sono manifestamente infondate perché inerenti ad asserita contraddittorietà della motivazione non emergente dal provvedimento impugnato.
Invero, la Corte di appello di Potenza ha ritenuto corretta la sanzione inflitta a ricorrente, sulla base dei criteri sanciti dall’art. 133 cod. pen., essendo stata calcolat muovendo dalla pena base di due mesi di arresto, che risulta ampiamente inferiore al valore medio edittale, ritenuta congrua anche rispetto alla tipologia di violazione posta in essere e alla personalità dell’imputato, il quale è gravato da numerosi precedenti penali.
Osservato, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.