Inammissibilità Ricorso Pena: Quando la Genericità Costa Cara
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità ricorso pena quando i motivi presentati sono generici e non specifici. Questa decisione sottolinea l’importanza di redigere atti di impugnazione dettagliati e fondati su precise violazioni di legge, e non su un mero dissenso riguardo alla quantificazione della sanzione. Analizziamo nel dettaglio questa pronuncia per capire le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato condannato per un reato in materia di stupefacenti, specificamente per un’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello aveva determinato la pena in un anno e tre mesi di reclusione e 1.300 euro di multa.
L’imputato, non soddisfatto della quantificazione della sanzione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta “motivazione illogica” da parte dei giudici di secondo grado nel discostarsi dal minimo edittale previsto per quel reato. La difesa sosteneva, in sostanza, che la pena inflitta fosse eccessiva e non adeguatamente giustificata.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Inammissibilità Ricorso Pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una duplice argomentazione: una di carattere procedurale e una di merito. In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p. perché basato su motivi non specifici. In secondo luogo, la Corte ha ribadito che il potere del giudice di merito di determinare l’entità della pena è discrezionale e, se correttamente motivato, non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità.
La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha articolato il proprio ragionamento su due pilastri fondamentali del diritto processuale penale.
Violazione dell’Art. 581 c.p.p.: La Necessità di Motivi Specifici
Il primo punto cruciale riguarda la violazione dell’art. 581 del codice di procedura penale. Questa norma impone che l’atto di impugnazione contenga, a pena di inammissibilità, l’enunciazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che il ricorso presentava “deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto”. Lamentare una “motivazione illogica” senza indicare puntualmente dove e perché la motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata contraddittoria o manifestamente errata, si traduce in un motivo generico e, quindi, inammissibile.
L’Insindacabilità del Potere Discrezionale del Giudice di Merito
Il secondo pilastro è il principio consolidato secondo cui la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.).
Nel caso analizzato, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione specifica per la pena inflitta (peraltro inferiore al medio edittale), basandosi proprio sugli elementi previsti dall’art. 133 c.p. La Cassazione ha chiarito che, una volta che la motivazione risulta sufficiente, logica e non contraddittoria, non è suo compito effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena. Un ricorso che mira a ottenere una diversa e più favorevole quantificazione della sanzione, senza denunciare un vizio di legittimità, si scontra inevitabilmente con una dichiarazione di inammissibilità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza serve da monito: impugnare una sentenza penale, specialmente per quanto attiene alla quantificazione della pena, richiede un approccio tecnico e rigoroso. Non è sufficiente esprimere un disaccordo con la decisione del giudice; è indispensabile individuare vizi specifici, quali una violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. L’inammissibilità ricorso pena è la sanzione processuale per chi si limita a presentare doglianze generiche, con l’ulteriore conseguenza di dover sostenere spese processuali e versare una somma alla Cassa delle ammende. Per gli avvocati, ciò significa dover costruire ricorsi solidi, dettagliati e giuridicamente ineccepibili per superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
Quando un ricorso in Cassazione contro una pena può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se è stato proposto per motivi non specifici, ovvero se le argomentazioni sono generiche e prive delle precise ragioni di diritto e di fatto che le sostengono, in violazione dell’art. 581 del codice di procedura penale.
Perché la Corte di Cassazione non può riesaminare la congruità di una pena decisa da un altro giudice?
La Corte di Cassazione non può riesaminare la congruità della pena perché la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Se la decisione è sorretta da una motivazione sufficiente, non illogica e basata sui criteri dell’art. 133 c.p., il suo giudizio non è sindacabile in sede di legittimità, che si occupa di errori di diritto e non di valutazioni di merito.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo che il ricorso non venga esaminato nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 331 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 331 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/01/1989
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso di NOME COGNOME con cui si deduce il vizio di «motivazione illogica» in relazione al discostamento dal minimo edittale del reato ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen.: è stato proposto per motivi non specifici; si prospettano deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste, in violazione dell’art. 581 cod. proc. pen.
I motivi sono stati dedotti avverso il trattamento sanzionatorio che, però, è corretto in diritto, è sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
La pena base inflitta, di un anno e 3 mesi di reclusione ed C 1.300 di multa, è inferiore al medio edittale ed è stata specificamente motivata dalla Corte di appello (pag. 5-6) in base agli elementi ex art. 133 cod. pen.
In tal caso, così come per gli aumenti e le diminuzioni per le circostanze aggravanti ed attenuanti, l’uso del potere discrezionale del giudice è insindacabile ed è inammissibile il ricorso che tenda ad una nuova valutazione della congruità della pena.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle nmende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.
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