Ricorso Post-Patteggiamento: Quando è Inammissibile?
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una scelta processuale che chiude il procedimento in modo rapido ma con conseguenze quasi definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23195/2024) ribadisce i confini molto stretti per impugnare questo tipo di accordo, sottolineando un punto cruciale: l’inammissibilità ricorso patteggiamento quando i motivi non rientrano tra quelli tassativamente previsti dalla legge. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere perché accettare un patteggiamento è una decisione da ponderare con estrema attenzione.
I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Accordo sulla Pena
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Torino, con cui un individuo aveva patteggiato una pena per il reato di detenzione illegale di un considerevole quantitativo di cocaina (oltre 110 grammi netti). L’accordo tra la difesa e l’accusa, recepito dal Giudice per le Indagini Preliminari, definiva la responsabilità penale e la sanzione.
Nonostante l’accordo, la difesa ha successivamente proposto ricorso per Cassazione, lamentando che il fatto non fosse stato correttamente inquadrato. In particolare, si sosteneva che il reato dovesse essere ‘derubricato’, ovvero qualificato come fatto di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti, una fattispecie che prevede pene significativamente più miti.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione è stata presa senza le formalità di un’udienza pubblica, avvalendosi di una procedura accelerata prevista per i casi di manifesta inammissibilità.
La Corte ha stabilito che i motivi addotti dal ricorrente non rientravano nel novero di quelli che la legge consente per contestare una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, non solo il ricorso è stato respinto, ma l’imputato è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: i Limiti Imposti dall’Art. 448 cod. proc. pen.
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha drasticamente limitato le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento. Il legislatore ha voluto rendere l’accordo tra le parti più stabile e definitivo, evitando ricorsi pretestuosi.
Secondo tale articolo, il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto se questa non era stata oggetto dell’accordo, l’illegalità della pena o l’inosservanza di norme sulla sua applicazione. La richiesta di derubricazione del reato, quando l’accordo si è formato sulla qualificazione più grave, non rientra in queste categorie. L’imputato, accettando il patteggiamento, ha implicitamente rinunciato a contestare la qualificazione giuridica del fatto su cui si è basato l’accordo.
La Corte ha inoltre applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che permette una declaratoria di inammissibilità ‘de plano’ (senza formalità) quando i motivi del ricorso sono palesemente infondati o non consentiti dalla legge, come in questo caso.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza in esame è un monito chiaro: il patteggiamento è un istituto che comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito l’accusa. Una volta raggiunto l’accordo e ratificato dal giudice, le vie di impugnazione sono estremamente limitate. Tentare di rimettere in discussione elementi come la qualificazione del reato, già implicitamente accettata con la richiesta di patteggiamento, conduce quasi certamente a una declaratoria di inammissibilità ricorso patteggiamento.
La condanna alle spese processuali e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende non è una mera formalità, ma una conseguenza economica tangibile di un’impugnazione avventata. Questa pronuncia rafforza l’idea che la scelta del patteggiamento debba essere il frutto di una valutazione attenta e consapevole, assistita da un difensore che illustri chiaramente tutte le conseguenze, inclusa la quasi impossibilità di un ripensamento successivo in sede di impugnazione.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per chiedere una qualificazione del reato meno grave?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in base all’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale, non è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi come la mancata derubricazione del reato in un’ipotesi meno grave, se la qualificazione giuridica era alla base dell’accordo.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in quattromila euro.
Perché la Corte ha potuto dichiarare l’inammissibilità senza le formalità ordinarie?
La Corte ha applicato l’articolo 610, comma 5-bis del codice di procedura penale. Questa norma consente di dichiarare l’inammissibilità di un ricorso ‘senza formalità’ quando questa è evidente e manifesta, come nel caso di un’impugnazione basata su motivi non consentiti dalla legge, accelerando così la procedura.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23195 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso con difensore avverso la sentenza c quale il Tribunale di Torino ha recepito l’accordo delle parti su una pena per il reato d 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, relativamente alla detenzione illegale di gr. 110,85 n a 80.895,42 mg di principio attivo) di cocaina (in Torino, il 23/10/2023);
ritenuto che il ricorso é inammissibile, per causa che può essere dichiarata senza ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della leg 23 giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017;
che, in particolare, si tratta di ricorso avverso sentenza applicativa di pena pr motivi (mancata derubricazione in ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1 deducibili ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen. (inserito dall’art. 1, comma 50, del legge 103/2017 citata);
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pag delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle RAGIONE_SOCIALE non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Deciso il 29 maggio 2024
La Consigliera est.
GLYPH
NOME COGNOME
GLYPH
Dona te,lib rranti