Inammissibilità Ricorso Patteggiamento: I Limiti Fissati dalla Cassazione
L’istituto del patteggiamento rappresenta una via processuale alternativa al dibattimento, ma le vie per impugnare la sentenza che ne deriva sono strette e ben definite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza il principio di inammissibilità del ricorso patteggiamento quando fondato su motivi non espressamente previsti dalla legge, fornendo un chiaro monito sulla necessità di rispettare i paletti normativi.
Il Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il caso in esame ha origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’) emessa dal GIP del Tribunale di Taranto. L’imputato aveva concordato una pena per il reato di concorso in spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, aggravato da una recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale.
Nonostante l’accordo raggiunto con la pubblica accusa e ratificato dal giudice, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, lamentando una ‘omessa motivazione su prova contraria e su deduzioni difensive in merito al trattamento sanzionatorio’. In sostanza, il ricorrente contestava il modo in cui la pena era stata calibrata, ritenendo che il giudice non avesse adeguatamente considerato le sue argomentazioni.
I motivi di inammissibilità del ricorso patteggiamento
La questione centrale su cui la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi non riguarda il merito delle doglianze, ma la loro stessa ammissibilità. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta ‘Riforma Orlando’ (legge n. 103/2017), elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Questi includono, ad esempio, l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena, ma non la presunta inadeguatezza della motivazione sulla sua quantificazione, che è frutto di un accordo tra le parti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha risolto la questione in modo rapido e senza formalità, come consentito dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale per i casi di manifesta inammissibilità. I giudici hanno rilevato che i motivi addotti dal ricorrente – attinenti alla motivazione sul trattamento sanzionatorio – esulano completamente dal perimetro dei vizi deducibili ai sensi del citato art. 448, comma 2-bis. L’accordo sulla pena, per sua natura, implica una rinuncia a contestare la congruità della sanzione pattuita, salvo i casi di palese illegalità.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede, in caso di inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende, quantificata nel caso di specie in 4.000,00 euro.
Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: la scelta del patteggiamento comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. L’imputato che accede a questo rito alternativo deve essere consapevole che la sua possibilità di contestare la sentenza in Cassazione è circoscritta a vizi specifici e gravi, e non può estendersi a una riconsiderazione del merito della pena concordata. La decisione serve come promemoria dell’importanza di una valutazione attenta e consapevole prima di intraprendere la via del patteggiamento e delle limitate, ma precise, finestre di impugnazione previste dal legislatore.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce un elenco tassativo di motivi per cui si può ricorrere, escludendo contestazioni generiche sulla motivazione o sulla congruità della pena concordata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Perché i motivi del ricorso in questo caso non erano validi?
I motivi non erano validi perché riguardavano l’omessa motivazione su aspetti legati al trattamento sanzionatorio. Questo tipo di doglianza non rientra tra quelle ammesse dalla legge per impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13906 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13906 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: TAGLIENTE COGNOME nato a MASSAFRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2023 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
.fffi -T- o avviso alle parer;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Taranto ha applicato allo stesso una pena, su accordo delle parti, per il reato di cui agli artt.110 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 commesso in Martina Franca il 27 agosto 2023 con recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale;
ritenuto che il ricorso è inammissibile, per causa che può essere dichiarata senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5 bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017;
che, in particolare, si tratta di ricorso avverso sentenza applicativa di pena (art. 444 cod. proc. pen.), proposto per motivi (omessa motivazione su prova contraria e su deduzioni difensive in merito al trattamento sanzionatorio) non deducibili ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen. (inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 103/2017 citata);
ritenuto che, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (cfr. C. Cost. 186/2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2024