Inammissibilità Ricorso Patteggiamento: i Limiti secondo la Cassazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta che la sentenza è stata emessa, quali sono le possibilità di impugnazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini molto stretti entro cui è possibile presentare un ricorso, sottolineando la quasi definitività di tale accordo e l’inammissibilità del ricorso patteggiamento quando non si rispettano precise condizioni.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una sentenza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Torino, con la quale un imputato veniva condannato, a seguito di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a una pena di due anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a 14.000 euro di multa. Le accuse a suo carico riguardavano i reati di concorso in spaccio di sostanze stupefacenti e false dichiarazioni a un pubblico ufficiale.
L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di impugnare tale sentenza, presentando ricorso per cassazione e lamentando una generica violazione della norma che disciplina il patteggiamento.
Il Ricorso e l’Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una norma specifica, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta con la riforma del 2017, ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile ricorrere contro una sentenza di patteggiamento.
La legge stabilisce che l’impugnazione è consentita solo per motivi ben precisi, tra cui:
* Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
* Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Il ricorso presentato dall’imputato nel caso di specie è stato ritenuto inammissibile proprio perché il motivo addotto non rientrava in nessuna di queste categorie tassative.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha spiegato che la censura sollevata dal ricorrente era generica e non riguardava nessuno dei vizi specificamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La volontà del legislatore del 2017 è stata quella di conferire maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, evitando ricorsi pretestuosi o dilatori. Di conseguenza, ogni motivo di doglianza che esuli dal perimetro tracciato dalla norma è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Poiché l’appello non era fondato su motivi consentiti, la Suprema Corte ha proceduto a una declaratoria di inammissibilità ‘senza formalità’, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. A questa declaratoria, come conseguenza diretta prevista dalla legge, è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale penale: il patteggiamento è un accordo che, una vezzo raggiunto e ratificato dal giudice, assume un carattere di quasi definitività. Le possibilità di rimetterlo in discussione sono eccezionali e limitate a vizi gravi e specifici. L’inammissibilità del ricorso patteggiamento al di fuori di queste ipotesi è una conseguenza procedurale inevitabile. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che la scelta di accedere a questo rito speciale deve essere ponderata attentamente, con la consapevolezza che le vie di impugnazione sono estremamente ristrette.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, limita tassativamente i motivi per cui si può presentare ricorso per cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Quali sono i motivi consentiti per ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
I motivi ammessi dalla legge sono esclusivamente quelli relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato per legge al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 4.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3137 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3137 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 08/06/2006
avverso la sentenza del 07/03/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
deterevviso -affe – Perrtit – udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 7 marzo 2024 il G.I.P. del Tribunale di Torino ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a NOME COGNOME la pena di anni due, mesi undici, giorni dieci di reclusione ed euro 14.000,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1); 495 cod. pen. (capo 2).
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione dell’art. 444 cod. proc. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito.
La dedotta censura, infatti, non rientra tra quelle indicate dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra l richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegal della pena o della misura di sicurezza.
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che appare conforme a giustizia stabilire nella somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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