Inammissibilità Ricorso Patteggiamento: quando non si può impugnare
L’ordinanza n. 8210/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La decisione sottolinea la natura eccezionale del ricorso in questi casi, chiarendo che l’inammissibilità ricorso patteggiamento scatta quando i motivi addotti non rientrano in un elenco preciso e limitato fissato dal legislatore. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire meglio le regole del gioco processuale.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver concordato la pena tramite il rito del patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.) davanti al GIP del Tribunale di Torino, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. Il motivo del ricorso non riguardava un errore nella procedura di accordo sulla pena, ma sollevava una questione di legittimità costituzionale. Nello specifico, si contestava l’articolo 69, comma 4, del codice penale, nella parte in cui vieta al giudice di considerare le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulla recidiva reiterata specifica.
L’Inammissibilità Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione
La Corte Suprema ha tagliato corto, dichiarando il ricorso immediatamente inammissibile. La ragione è puramente procedurale e si fonda su una norma specifica che regola proprio le impugnazioni delle sentenze di patteggiamento.
I Motivi Tassativi Previsti dalla Legge
L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale è il fulcro della decisione. Questa norma stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione solo ed esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
La Corte ha osservato che la questione sollevata dal ricorrente, pur essendo di rilevanza giuridica, non rientrava in nessuna di queste quattro categorie. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato ‘proposto al di fuori dei casi espressamente previsti’.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione è lineare e rigorosa. Il legislatore ha voluto limitare drasticamente la possibilità di impugnare una sentenza che nasce da un accordo tra accusa e difesa. La logica è quella di deflazionare il carico giudiziario e dare certezza a un rito premiale. Chi sceglie il patteggiamento accetta il reato e la pena, rinunciando a un processo ordinario e, di conseguenza, a un’ampia facoltà di impugnazione. Permettere ricorsi per motivi diversi da quelli elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. snaturerebbe la funzione stessa del patteggiamento. L’inammissibilità del ricorso, non essendo causata da fattori imprevedibili o da colpa altrui, ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito chiaro: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze procedurali significative. Non è una via per ottenere uno sconto di pena per poi tentare di rimettere tutto in discussione in Cassazione sollevando questioni di diritto non pertinenti ai vizi specifici del patteggiamento. La pronuncia ribadisce la chiusura del sistema delle impugnazioni in questo ambito, confinando la possibilità di ricorso a vizi genetici dell’accordo o a errori palesi del giudice nell’applicazione della pena. Pertanto, prima di accedere a questo rito, è fondamentale una valutazione completa non solo dei benefici sulla pena, ma anche delle limitazioni processuali che ne derivano.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, la legge limita espressamente i motivi di ricorso a quelli elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che includono vizi della volontà, errori nella qualificazione giuridica, illegalità della pena o difetto di correlazione tra richiesta e sentenza.
Sollevare una questione di legittimità costituzionale è un motivo valido per ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
No. Secondo quanto stabilito in questa ordinanza, una questione di legittimità costituzionale che non riguardi direttamente l’illegalità della pena non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, in assenza di una giustificazione per l’errore, anche al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8210 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8210 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA •
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2023 del GIP TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle partii
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con un unico motivo di ricorso proposto avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen., COGNOME chiede di sollevare questione di legittimità costituzio dell’art. 69, comma 4, cod. pen., in relazione agli artt. 3, 25, comma 2, 27, comma 3, Cos nella parte in cui preclude il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti gene rispetto alla recidiva reiterata specifica, è perché proposto al di fuori dei casi espressa previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che consente in ricorso per cassazione «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazion richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità del della misura di sicurezza», motivi che certamente non ricorrono nel caso in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazio della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1.86 del 13/06/2000), alla condanna d ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa del ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.