LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso patteggiamento: i limiti

Un individuo, dopo aver concordato una pena (patteggiamento) per reati di droga, ha impugnato la sentenza lamentando l’invito del giudice a modificare l’accordo sulla multa. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per patteggiamento, poiché il motivo sollevato non rientra tra quelli tassativamente previsti dalla legge per questo tipo di impugnazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Patteggiamento: Quando l’Appello è Destinato a Fallire

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una via processuale rapida per la definizione di molti procedimenti penali. Tuttavia, l’accesso a questo rito speciale comporta delle precise limitazioni, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce la rigorosa applicazione delle norme che regolano l’inammissibilità del ricorso per patteggiamento, delineando un perimetro molto chiaro per le doglianze ammissibili. Il caso in esame offre un esempio emblematico di come un motivo di ricorso non previsto dalla legge porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso: Un Patteggiamento Contestato

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal G.i.p. del Tribunale di Salerno. L’imputato, d’accordo con il Pubblico Ministero, aveva concordato una pena di quattro anni di reclusione e 20.000,00 euro di multa per un delitto legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990.

Successivamente, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso per Cassazione avverso tale sentenza. Il motivo della contestazione era peculiare: si lamentava il fatto che il giudice, prima di ratificare l’accordo, avesse invitato le parti a riconsiderare l’entità della pena pecuniaria. Questo invito era finalizzato ad adeguare la multa a una modifica normativa che aveva interessato i limiti edittali del reato. Secondo la difesa, questo intervento del giudice costituiva una violazione di legge meritevole di censura in sede di legittimità.

I Limiti all’Appello e l’Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha immediatamente focalizzato la questione sul piano procedurale, richiamando la disciplina specifica che regola le impugnazioni delle sentenze di patteggiamento. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una tale sentenza.

Questo elenco è molto restrittivo e non include doglianze generiche o relative alle modalità con cui si è formato l’accordo tra le parti, a meno che non si traducano in vizi specifici come un difetto di consenso. La lamentela del ricorrente, relativa all’invito del giudice a modificare la pena pecuniaria, è stata ritenuta dalla Corte un motivo non contemplato dalla norma. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato a priori inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione in modo netto e conciso. In primo luogo, ha stabilito che la doglianza sollevata dalla difesa era palesemente estranea al catalogo dei motivi di ricorso consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Tale norma limita l’impugnazione a questioni ben definite, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena, ma non si estende a censure sull’interlocuzione tra giudice e parti durante la formazione dell’accordo.

In secondo luogo, i giudici hanno rilevato la genericità del motivo addotto, che non specificava in che modo l’intervento del G.i.p. avesse concretamente violato una norma di legge. Questa combinazione di fattori – motivo non consentito e genericità dell’esposizione – ha configurato una chiara ragione di inammissibilità del ricorso per patteggiamento. La Corte ha quindi applicato la procedura semplificata di cui all’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., che permette una rapida definizione dei ricorsi palesemente inammissibili.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese del procedimento. In secondo luogo, il versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento implica una sostanziale rinuncia a far valere determinate contestazioni nelle fasi successive del giudizio. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici e gravi. Tentare di forzare questi limiti con motivi non previsti dalla legge si traduce non solo in un insuccesso processuale, ma anche in un onere economico aggiuntivo.

È possibile appellare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è ammesso solo per i motivi specificamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Motivi non previsti, come quello sollevato nel caso di specie, rendono il ricorso inammissibile.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. Nel caso esaminato, la somma è stata quantificata in tremila euro.

L’intervento del giudice che invita le parti a modificare l’accordo sulla pena può essere un motivo valido di ricorso?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte di Cassazione ha ritenuto che contestare l’invito del giudice a riconsiderare l’entità della pena pecuniaria non rientri tra i motivi validi di impugnazione previsti dalla legge per le sentenze di patteggiamento, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati