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Inammissibilità ricorso: no art. 131-bis per reato abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per reati legati a sostanze stupefacenti. La Corte ha stabilito che la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) era infondata, data la professionalità e l’abitualità del comportamento dell’imputato, desumibili anche dai precedenti penali. Il ricorso è stato ritenuto generico e volto a un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti dell’art. 131-bis c.p.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia processuale e penale: l’inammissibilità del ricorso quando questo si limita a riproporre questioni di merito già valutate e quando i motivi sono generici. Il caso in esame offre un’importante lezione sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), specialmente in presenza di un comportamento abituale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato una condanna di primo grado. L’imputato, condannato per un reato legato alla detenzione di sostanze stupefacenti, aveva chiesto in appello il riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, sostenendo la particolare tenuità del fatto.

La Corte d’Appello aveva rigettato tale richiesta. Di conseguenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, il mancato riconoscimento di tale beneficio.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Nel caso specifico, l’impugnazione era volta a contestare la valutazione della responsabilità penale, una valutazione che era stata logicamente desunta dagli accertamenti investigativi, dalla quantità di sostanza detenuta e dagli esiti del narcotest.

La Cassazione ha chiarito che il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non di riesaminare le prove e i fatti (giudizio di merito), attività propria dei primi due gradi di giudizio. Poiché i motivi del ricorso riproducevano sostanzialmente quelli già respinti in appello, senza individuare vizi di legge specifici nella sentenza impugnata, sono stati ritenuti inammissibili.

Le Motivazioni: Abitualità del Reato e Genericità del Motivo

Il punto centrale della decisione riguarda il motivo relativo all’art. 131-bis c.p. La Corte ha definito tale motivo ‘generico’ perché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza di primo grado, richiamata da quella d’appello.

I giudici di merito avevano escluso la particolare tenuità del fatto basandosi su due elementi cruciali:

1. Modalità della condotta: Le azioni dell’imputato non apparivano come un episodio isolato e occasionale. Al contrario, denotavano una ‘professionalità’ e una pianificazione che sono incompatibili con il concetto di ‘tenuità’.
2. Abitualità del comportamento: I precedenti penali dell’imputato per reati della stessa indole dimostravano un comportamento abituale, un elemento che per legge osta esplicitamente all’applicazione del beneficio.

La Cassazione ha quindi confermato che la valutazione dei giudici di merito era corretta e ben motivata, rendendo il ricorso sul punto privo di fondamento e, appunto, inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce che un ricorso per Cassazione, per avere speranza di essere accolto, deve concentrarsi su precise violazioni di legge o vizi di motivazione, non su una diversa interpretazione dei fatti. La semplice riproposizione dei motivi d’appello conduce quasi certamente a una declaratoria di inammissibilità.

In secondo luogo, la pronuncia delinea con chiarezza i confini dell’istituto della particolare tenuità del fatto. Non è sufficiente che il danno o il pericolo cagionato sia minimo; è necessario che anche il comportamento dell’autore del reato non sia indicativo di una tendenza a delinquere. La presenza di professionalità, pianificazione e, soprattutto, di precedenti specifici per reati della stessa natura costituisce un ostacolo insormontabile per ottenere la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile se ripropone motivi già adeguatamente esaminati e respinti in appello, se mira a ottenere una nuova valutazione dei fatti (non consentita in sede di legittimità) o se i motivi sono generici e non si confrontano specificamente con le ragioni della sentenza impugnata.

Quando non si può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’ordinanza chiarisce che tale beneficio non può essere concesso quando la condotta non è episodica, ma denota professionalità e abitualità. L’abitualità può essere desunta anche da precedenti penali per reati della medesima indole, che indicano una tendenza a commettere quel tipo di illecito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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