Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29653 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Misilmeri il 16/01/1931 avverso la sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 29/02/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020, dal Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le note di replica a firma dell’avv. NOME COGNOME che, riportandosi ai motiv di ricorso, ne ha invocato l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29 febbraio 2024 il Tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, ha dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato a lui ascritto, di cui all’art. 5, lett. h, e 6 I. 283/1962, e, riconosciute attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di euro 2.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali; col beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso la sentenza COGNOME ha interposto, a mezzo del difensore di fiducia, atto di appello lamentando:
-col primo motivo “difetto assoluto di motivazione per erratae/o inesatta valutazione degli elementi probatori” ed invocando “assoluzione per non aver commesso il fatto”;
la prova dell’addebito è stata ritenuta sulla base del ‘verbale di prelevamento redatto in data 4 novembre 2021, misconosciute le dichiarazioni rese dal teste COGNOME all’udienza del 25 gennaio 2024, testualmente riportate al fine di allegarne la diversa -ritenuta doverosa- interpretazione;
-col secondo motivo nella cui rubrica si legge essere stato proposto “in relazione al punto dell’elemento soggettivo del fatto reato, per non aver assolto l’imputato per non aver commesso il fatto ai sensi dell’art. 530, comma 1, c.p.p.”, di poi invocando “in subordine, perché manca od è insufficiente la prova che il fatto sussista ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p. in virtù del fatto che non vi è prova dell’elemento oggettivo del fatto reato”;
ancora una volta il ricorso riporta stralcio delle dichiarazioni del teste COGNOME da cui dovrebbe desumersi che l’attività era esercitata non dall’imputato, odierno ricorrente, ma dai figli;
-col terzo motivo lamenta “Mancato riconoscimento e applicazione dell’art. 131bis c.p. per la particolare tenutà della condotta per l’esiguità del danno o del pericolo – esclusione della punibilità per caso fortuito ex art. 45 c.p.”;
il riportato stralcio delle dichiarazioni del teste COGNOME mira a comprovare che la produzione era stata distrutta e dunque non commercializzata; e a postulare la possibilità che la sostanza Buprofezin, vietata per le coltivazioni da frutto, potesse essere approdata sulle stesse per caso fortuito.
Con ordinanza del 21 novembre 2024 la Corte di appello di Palermo, rilevat l’inammissibilità dell’appello «poiché la sentenza di cui sopra è inappellabi ex articolo 593, co. 3, c.p.p., dal momento che con tale pronuncia, in riferimento alla contravvenzione oggetto di contestazione, è stata inflitta la sola pena
dell’ammenda», e considerata la astratta ammissibilità dell’impugnazione solo in quanto qualificata come ricorso per Cassazione, ai sensi dell’articolo 568, comma 5, cod. proc.pen., fatto salvo il vaglio di concreta ammissibilità dinnanzi a questa Corte, ha disposto la trasmissione degli atti alla Suprema Corte di Cassazione per quanto di competenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Ciò premesso si rileva che, con l’impugnazione come proposta sono stati svolto motivi non consentiti dalla legge, come risulta dalla stessa struttura
dell’impugnazione, articolata come atto di appello e tendente, quindi, ad una rivalutazione del merito dei fatti, il che ne determina l’inammissibilità alla luce d contenuto dell’atto, essendo evidente come l’effettiva volontà di proporre appello collochi del tutto il mezzo di gravame, per “petitum” e “causa petendi”, al di fuori dei casi per i quali è consentito il ricorso per cassazione.
Tanto vale per il primo, il secondo ed il terzo motivo, in uno snodo del quale, poi, l’inammissibilità appare ancor più palese ove si prefigura una solo possibile, disancorata da qualsivoglia elemento di prova, ricostruzione alternativa dell’eziologia del rinvenimento della sostanza vietata.
Adeguatamente motivata è, poi, l’esclusione dell’ipotesi di cui all’articolo 131bis cod. pen., in considerazione del pregiudizio arrecato al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice violata, attraverso la produzione ed immissione in commercio di prodotti alimentari pericolosi per la salute dell’uomo, rilevante, in termini ostativi, in ragione dell’indice di gravità oggettiva del reato.
Rammenta il Collegio che già questa Corte ha reso l’affermazione, della validità anche per l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. del principio, elaborato c riferimento al diniego delle attenuanti generiche (cfr. Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Rv. 275057), secondo cui la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita, allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi, ciò in applicazione del più generale principio secondo cui non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza per il silenzio, o uno stringata motivazione, su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (cfr. sul punto, ex multis, Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275500).
Da ciò consegue che anche la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. è stata correttamente disattesa, in forza della onnicomprensiva struttura argomentativa della decisione richiamante, anche rispetto a profili diversi (come nella specie a proposito della complessiva descrizione della condotta sub iudice), elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità.
Anche tale ultima doglianza è, dunque, manifestamente infondata.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno
2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma , 8 aprile 2025
liera est.
Il Presidente