Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25288 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25288 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 16/08/2004
avverso la sentenza del 28/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 28 gennaio 2025 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede del 3 luglio 2024, con cui NOME
NOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 4200,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese
processuali, in ordine al reato di cui all’art.73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con l’unico motivo, vizio di motivazione in
relazione alle circostanze del fatto, all’assenza di prova della cessione a terzi e agli esiti degli esami tossicologici.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito.
Il motivo non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché esso, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in
ordine alle ragioni di riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato, di fatto reitera le medesime considerazioni critiche espresse nell’atto d’appello e vagliate dalla Corte territoriale. La Corte di Appello di Milano, invero, ha adeguatamente e ampiamente motivato il mancato accoglimento delle singole argomentazioni difensive (pagg.5-6 della sent. impugnata), rilevando che la perquisizione era stata preceduta dall’osservazione, per circa 16 minuti, di un notevole andirivieni di soggetti all’interno dell’abitazione ove fu trovato, da solo, l’imputato. Non vi erano altri soggetti e furono trovati solo gli effetti personali de ricorrente oltre ai 483 grammi di hashish.
All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10 giugno 2025.