Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43798 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN PIETRO VERNOTICO il 02/02/1986
avverso la sentenza del 22/12/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 22 dicembre 2022 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 22 febbraio 2021, ha rideterminato la pena inflitta a NOME NOME nella misura di anni due di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 624, 625 n. 4 e 6 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla errata configurazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 625 n. 4 cod. pen.; richiesta di declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela, in ossequio a quanto previsto dalla c.d. “riforma Cartabia”.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, considerato che, con riferimento alla prima doglianza, trattasi di motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come esso, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica all’analoga doglianza eccepita con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente evidenziate le ragioni di configurazione dell’aggravante della destrezza, ex art. 625 n. 4 cod. pen. (cfr. pp. 4 e s. della sentenza impugnata) – reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.1. Con riguardo, poi, alla seconda censura, deve essere osservato come l’inammissibilità del ricorso precluda la costituzione di un valido rapporto processuale nel giudizio di legittimità, e quindi la possibilità di prendere in considerazione la mancata proposizione della querela, richiesta, nelle more del ricorso, per il reato di furto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, COGNOME, Rv. 284155-01). Trova applicazione, infatti, il principio già espresso dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273551-01).
È, pertanto, inammissibile il ricorso che ponga, con un motivo unico o che si accompagni ad altri inammissibili, la questione della improcedibilità, per mancata proposizione della querela, di reati per i quali il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, abbia, successivamente alla sentenza impugnata e nelle more della presentazione del ricorso, introdotto tale forma di procedibilità (Sez. 4, n. 49513 del 15/11/2023, COGNOME, Rv. 285468-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente’