Inammissibilità ricorso: quando le eccezioni tardive chiudono le porte della Cassazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce un principio fondamentale della procedura penale: l’importanza di articolare tutte le proprie difese sin dai primi gradi di giudizio. Il caso in esame ha portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso di un imprenditore, non perché le sue ragioni fossero infondate nel merito, ma perché sollevate nel momento processuale sbagliato. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I fatti del caso: reati fiscali e precedenti penali
Un imprenditore individuale veniva condannato dalla Corte d’Appello per reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000. Le accuse erano gravi: l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, finalizzate a permettere a terzi di evadere le imposte, e l’omessa presentazione delle dichiarazioni IVA per due annualità consecutive (2016 e 2017). A complicare il quadro, all’imputato era stata contestata la recidiva reiterata, a causa di numerosi e gravi precedenti penali per reati contro il patrimonio come furto, truffa e rapina.
I motivi del ricorso e l’inammissibilità in Cassazione
L’imprenditore decideva di presentare ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge nell’applicazione della recidiva reiterata.
2. Un vizio di motivazione della sentenza d’appello per non aver concesso le attenuanti generiche in misura prevalente sulla recidiva.
Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi dichiarando l’inammissibilità del ricorso. Per quanto riguarda la prima doglianza, i giudici hanno rilevato che la questione della recidiva non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ovvero nell’atto di appello. Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile presentare in Cassazione motivi che non siano già stati sottoposti al giudice dell’appello. Si tratta di una preclusione processuale che mira a garantire un ordinato svolgimento del processo.
La valutazione del giudice sulle circostanze: un potere discrezionale
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti (come la recidiva) e attenuanti è un esercizio di potere valutativo riservato al giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella della Corte d’Appello, ma può solo verificare che la motivazione sia logica e non presenti vizi giuridici. Nel caso di specie, la motivazione è stata ritenuta adeguata, poiché faceva esplicito riferimento alla gravità e pluralità dei precedenti penali dell’imputato, che dimostravano una spiccata pericolosità sociale e rendevano giustificata una sanzione più severa.
Le motivazioni della decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sulla base di due pilastri. Il primo è il rigoroso rispetto delle regole procedurali: un motivo di ricorso nuovo, non dedotto in appello, non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità. Il secondo è il rispetto della discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle circostanze ai fini della determinazione della pena. La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato il diniego delle attenuanti generiche prevalenti, ancorando la sua decisione ai numerosi e gravi precedenti penali dell’imputato, indice di una personalità incline a delinquere. Di conseguenza, non ravvisando alcuna violazione di legge o vizio logico nella sentenza impugnata, e constatata la tardività della prima censura, l’intero ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione cruciale: la strategia difensiva deve essere completa ed esauriente fin dal primo grado di giudizio e, soprattutto, nell’atto di appello. Tralasciare un motivo di doglianza in appello significa, nella maggior parte dei casi, perdere definitivamente la possibilità di farlo valere in Cassazione. L’inammissibilità del ricorso non è solo una sanzione processuale, ma la conseguenza diretta di una difesa non tempestivamente e compiutamente articolata. Per l’imputato, oltre alla conferma della condanna, ciò ha comportato anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni: il primo motivo, relativo alla recidiva, non era stato sollevato nel precedente grado di appello, rendendolo inammissibile in Cassazione. Il secondo motivo, relativo alle attenuanti, contestava una valutazione discrezionale del giudice di merito che la Cassazione ha ritenuto correttamente motivata e quindi non sindacabile.
La Corte di Cassazione può riesaminare la decisione di non concedere le attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la decisione del giudice di concedere o negare le attenuanti. Il suo compito è solo quello di verificare che la motivazione fornita dal giudice sia logica, coerente e non basata su errori di diritto. Se la motivazione è adeguata, come in questo caso, la decisione è insindacabile.
Cosa succede se un motivo di ricorso viene proposto per la prima volta in Cassazione?
Secondo l’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, un motivo di ricorso proposto per la prima volta in Cassazione, senza essere stato precedentemente dedotto in appello, è inammissibile. Il processo è strutturato per gradi e le questioni devono essere sollevate nei tempi e nei modi previsti dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35735 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35735 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza di condanna pronunciata dall Corte d’appello di Trieste per i i reati di cui agli artt. 5 e 8 d.lgs.n.74 del 2000, in quan titolare dell’omonimeitta individuale, aveva emesso fatture per operazioni inesistenti al f consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e non aveva presentato, pur essend obbligato, le dichiarazioni IVA per gli anni 2016 e 2017.
Il ricorrente formula due motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce violazione di l in ordine alla ritenuta recidiva reiterata. Con il secondo motivo lamenta vizio della motivaz in ordine al trattamento sanzionatorio, per non aver il giudice concesso le attenuanti generi in regime di prevalenza sulla recidiva contestata.
Quanto alla prima doglianza secondo quanto si evince dalla sintesi dei motivi d’appello cui alla sentenza impugnata, la censura relativa alla recidiva non è stata dedotta in appello. il ricorrente ha contestato la completezza della predetta sintesi, deducendo di avere in re devoluto alla cognizione del giudice di secondo grado la doglianza in disamina. Quest’ultima pertanto inammissibile, a norma dell’art. 606 comma, 3 cod. proc. pen.
In ordine al secondo motivo di ricorso, si osserva che la doglianza esula dal novero del censure deducibili in sede di legittimità, collocandosi sul piano del merito, ove siano sorret motivazione esente da vizi logico-giuridici. Si è infatti affermato che in tema di circosta giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del p valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congrua motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoper (Sez. 5 n. 33114 del 08/10/2020 Ud. (dep. 25/11/2020) Rv. 279838; Conf. n. 10379/1990, Rv. 184914; n. 3163/1988, Rv. 180654). Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimen precedenti gravi e plurimi a carico del COGNOME per reati della stessa natura (furto rapina, ricettazione), sui quali l’ulteriore ricaduta criminosa dimostra maggiore pericol dell’imputato, meritevole dunque dell’applicazione dell’aggravamento sanzionatorio.
Stante l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 18 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proceial della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30/05/2025
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