Inammissibilità Ricorso: la Cassazione Conferma la Condanna per Droga e Resistenza
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi presentati sono generici e si limitano a riproporre questioni già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Il caso in esame riguarda una condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale, offrendo spunti cruciali sulla differenza tra uso personale e spaccio e sulla corretta formulazione dei motivi di impugnazione.
I Fatti di Causa
L’imputato aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Milano che lo aveva condannato per i reati previsti dagli articoli 73 del D.P.R. 309/90 (legge sugli stupefacenti) e 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale). La difesa sosteneva che la detenzione della sostanza fosse finalizzata a un uso puramente personale e contestava la ricostruzione dei fatti relativi all’episodio di resistenza.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali motivi:
1. Insussistenza del reato di spaccio: La difesa contestava l’elemento materiale del reato di detenzione a fini di cessione, sostenendo che la droga rinvenuta costituisse una ‘scorta per uso personale’ e che non fossero state osservate concrete attività di spaccio.
2. Errata valutazione della condotta: Il secondo motivo criticava la motivazione della sentenza d’appello riguardo al reato di resistenza, definendola generica e in contrasto con la reale dinamica dei fatti.
Inammissibilità del Ricorso: le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, ritenendo i motivi meramente reiterativi di censure già esaminate e disattese dalla Corte di Appello con una motivazione congrua e logica.
In primo luogo, riguardo alla tesi dell’uso personale, i giudici hanno evidenziato come questa fosse stata puntualmente smentita da elementi probatori concreti. In particolare, la consulenza tecnica aveva accertato che dalla sostanza sequestrata era possibile ricavare un numero elevatissimo di dosi (398,7), una quantità del tutto incompatibile con un consumo personale. Questo dato oggettivo, unito ad altri argomenti logici presenti in sentenza, ha reso la tesi difensiva manifestamente infondata.
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha sottolineato che la motivazione della sentenza impugnata era solida, basandosi sulla ricostruzione della condotta descritta dagli agenti operanti. L’imputato aveva mostrato forte agitazione e opposizione, sfociate in una colluttazione che aveva costretto gli agenti a chiedere rinforzi per contenerlo. Di fronte a tale ricostruzione, il motivo di ricorso è apparso meramente oppositivo e generico, incapace di scalfire la coerenza logica della decisione di secondo grado.
Le Conclusioni
La decisione della Cassazione conferma che il ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già respinte in appello. Per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, è necessario articolare censure specifiche che evidenzino vizi logici o violazioni di legge nella sentenza impugnata, non limitandosi a una generica contestazione dei fatti. La pronuncia ribadisce inoltre l’importanza di elementi oggettivi, come il numero di dosi ricavabili, per distinguere la detenzione per uso personale da quella finalizzata allo spaccio. L’esito del giudizio, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla cassa delle ammende, serve da monito sull’onere di presentare ricorsi fondati e non meramente dilatori.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici, manifestamente infondati e si limitavano a ripetere censure già esaminate e respinte con congrua motivazione dalla Corte d’Appello.
Come è stata confutata la tesi della detenzione per uso personale?
La tesi è stata confutata da elementi probatori oggettivi, in particolare dalle risultanze di una consulenza tecnica che ha stabilito la possibilità di ricavare dalla sostanza un numero molto elevato di dosi (398,7), ritenuto incompatibile con il solo uso personale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1503 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1503 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME EBRAHIM (CUI: CODICE_FISCALE) nato il 30/05/2000
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che i motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME , cori i quali si contesta l’affermazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 73 d.P.R. :09 337 cod. pen. cod. pen., sono inammissibili per genericità e manifesta infondate2za, essendo meramente reiterativi di censure esaminate e disattese con congrua motivazione;
rilevato, infatti, che il primo motivo diretto a contestare l’insussistenza d€11’elem materiale del reato di detenzione a fini di cessione, trattandosi di una scorta per 1..2 o perso e non essendo state osservate cessioni, è stato puntualmente smentito da , elementi probatori, dalle risultanze della consulenza tecnica circa il numero di dosi ricavai) li (39 dagli argomenti logici indicati in sentenza (pag. 6);
considerato che anche il secondo motivo è meramente oppositivo e gener co a fronte della motivazione resa, fondata sulla ricostruzione della condotta descritta dagl operant dalla forte agitazione e opposizione dell’imputato, degenerata in una colluttazi:ne con operanti, costretti a chiedere rinforzi per contenerlo (pag. 7);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con «mseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di eu o tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2024
Il consiglier estensore