LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso: motivi di fatto in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di due imputati condannati per appropriazione indebita. I ricorrenti chiedevano una nuova valutazione delle prove, come la tempestività della querela e la loro responsabilità. La Corte ha ribadito che il suo ruolo è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non può riesaminare i fatti del caso, confermando così l’inammissibilità ricorso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da due imputati, condannati per appropriazione indebita, poiché i motivi sollevati miravano a una riconsiderazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione.

Il Caso in Esame: Ricorso contro Condanna per Appropriazione Indebita

Due persone, condannate nei primi due gradi di giudizio per il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’art. 646 del codice penale, hanno proposto ricorso per Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due aspetti principali: la presunta tardività della querela presentata dalla persona offesa e la contestazione della loro responsabilità penale, sostenendo una diversa interpretazione delle prove raccolte.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

Gli appellanti hanno cercato di smontare l’impianto accusatorio attraverso motivi che, tuttavia, si sono scontrati con i limiti strutturali del giudizio di legittimità.

La Tardività della Querela: una Questione di Fatto

Uno dei motivi principali riguardava l’asserita presentazione della querela oltre il termine di tre mesi previsto dall’art. 124 del codice penale. Secondo i ricorrenti, il termine doveva decorrere da una data precedente a quella considerata dai giudici di merito. La Cassazione ha respinto tale motivo, definendolo aspecifico e manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che i giudici di appello avevano correttamente motivato la loro decisione, ancorando l’inizio del termine alla data in cui la persona offesa aveva avuto piena conoscenza dei fatti. Contestare tale ricostruzione temporale significa chiedere una nuova valutazione delle dichiarazioni e delle prove, un’operazione non consentita in Cassazione.

La Valutazione della Responsabilità Penale e della Tenuità del Fatto

Entrambi i ricorsi contestavano la valutazione della responsabilità penale, invocando una “completa rilettura pro reo del compendio istruttorio”. Un ricorrente ha inoltre criticato il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, ritenendo generica la motivazione dei giudici. Anche in questo caso, la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Tali richieste, infatti, sollecitano una rinnovata ponderazione del merito, invadendo un campo riservato esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado, i quali avevano già fornito una motivazione logica e non contraddittoria sulla condotta fraudolenta e sulla gravità del danno arrecato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. I giudici hanno chiarito che il ricorso per Cassazione è ammissibile solo se denuncia vizi di legge (violazione di norme o vizi di motivazione palesemente illogici), non se propone una diversa e più favorevole lettura delle prove.

Un aspetto interessante della pronuncia riguarda le spese processuali della parte civile. Pur dichiarando inammissibili i ricorsi e condannando gli imputati al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, la Corte non ha disposto nulla per le spese della parte civile. La motivazione, in linea con un precedente orientamento giurisprudenziale (Sez. 4, n. 36535/2021), risiede nel fatto che la parte civile non ha offerto un contributo argomentativo significativo e specifico per contrastare le ragioni del ricorso, limitandosi a una difesa generica.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre un importante promemoria per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. È fondamentale che i motivi del ricorso siano focalizzati su questioni di diritto e non si trasformino in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti. L’inammissibilità del ricorso è la sanzione processuale per chi non rispetta questi confini, con conseguente condanna al pagamento delle spese. La decisione consolida il ruolo della Cassazione come custode della corretta interpretazione e applicazione della legge, e non come giudice dei fatti.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non riguardavano errori di diritto, ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti del caso (come la tempestività della querela e la valutazione della responsabilità), un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.

Qual è il principio applicato dalla Corte riguardo alla tardività della querela?
La Corte ha confermato che il termine di tre mesi per presentare la querela decorre dal momento in cui la persona offesa ha una conoscenza certa e completa del fatto-reato. Contestare la data di tale conoscenza richiede una valutazione del merito delle prove, non ammessa in Cassazione, se la motivazione del giudice precedente è logica.

Per quale motivo gli imputati non sono stati condannati a pagare le spese legali della parte civile?
Non sono stati condannati al pagamento delle spese della parte civile perché quest’ultima non ha fornito argomentazioni specifiche e pertinenti per contrastare i motivi del ricorso. Secondo la Corte, per ottenere la liquidazione delle spese, la parte civile deve offrire un contributo difensivo utile al dibattito giuridico, e non una mera opposizione generica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati