Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16870 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16870 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 01/07/1965
avverso la sentenza del 11/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
che le censure dedotte nel ricorso proposto nell’interesse di NOME
Ritenuto
COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 11 dicembre
2024 – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in relazione al denegato ex
riconoscimento della particolare tenuità del fatto art. 131-bis cod. pen. – sono
inammissibili in quanto dirette ad una differente valutazione degli elementi di fatto;
Considerato, infatti, che esse sono riproduttive di profili di censura già
adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte territoriale, che ha evidenziato che l’imputato era stato trovato, presso un esercizio
pubblico, in possesso di un coltello pieghevole con una lama di 7 cm. e che egli aveva addotto, come unica giustificazione, il fatto di averlo appena ricevuto in regalo da un
conoscente;
Ritenuto, poi, che la Corte di appello, sempre in modo coerente, ha evidenziato che l’odierno ricorrente, al momento della commissione del reato, era sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione dalla polizia giudiziaria, di talché il fatto non poteva essere considerato di lieve entità con la conseguente esclusione della causa di non punibilità prevista dal citato art. 131-bis;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.