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Inammissibilità ricorso: manifestamente infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da due imputati, condannati per reati contro la pubblica amministrazione. I motivi sono stati giudicati manifestamente infondati: la prescrizione non era maturata e le altre censure erano generiche, riproduttive di argomentazioni già valutate e volte a una nuova analisi dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: la Cassazione e i motivi manifestamente infondati

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronti i casi di inammissibilità del ricorso, delineando i confini tra un legittimo diritto all’impugnazione e la presentazione di motivi non idonei a superare il vaglio di legittimità. In questo caso, i ricorsi sono stati respinti per manifesta infondatezza, ribadendo principi consolidati in materia di prescrizione e genericità dei motivi.

I Fatti di Causa

Due soggetti, condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello per reati contro la pubblica amministrazione (previsti dagli artt. 337-341 bis c.p.), hanno proposto ricorso per Cassazione. I motivi sollevati riguardavano principalmente tre aspetti: l’avvenuta prescrizione dei reati, una contestazione sulla valutazione della loro responsabilità e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Le doglianze, tuttavia, non hanno superato il filtro di ammissibilità della Suprema Corte, che le ha rigettate in toto.

L’Analisi della Cassazione sull’Inammissibilità del Ricorso

La Corte ha ritenuto i ricorsi inammissibili per una serie di ragioni precise e tecnicamente ineccepibili. L’analisi si è concentrata su due filoni principali: la palese infondatezza del motivo sulla prescrizione e la genericità e ripetitività delle altre censure, confermando l’importanza di un’adeguata formulazione dei motivi per accedere al giudizio di legittimità.

La Questione della Prescrizione

Il primo motivo, relativo alla prescrizione, è stato liquidato rapidamente. I reati erano stati commessi il 6 aprile 2018. La Corte ha semplicemente constatato che, al momento della decisione, non era ancora trascorso il termine di prescrizione di sette anni e sei mesi. Questo calcolo oggettivo ha reso il motivo manifestamente infondato, poiché basato su un presupposto temporale errato.

La Genericità e Ripetitività degli Altri Motivi

Per quanto riguarda le altre censure, la Corte ha rilevato diversi vizi che hanno portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. I motivi sono stati giudicati:

* Generici: Proposti in modo vago e senza un confronto specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
* Riproduttivi: Meramente ripetitivi di censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito nei gradi precedenti.
* Volti a una nuova valutazione dei fatti: Sostanzialmente, gli imputati chiedevano alla Cassazione di riconsiderare le prove e ricostruire diversamente i fatti, un’attività preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare il merito della vicenda.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del processo penale. L’inammissibilità del ricorso non è una sanzione arbitraria, ma la conseguenza logica della violazione delle regole che governano l’accesso al giudizio di Cassazione. Il ricorso in sede di legittimità non è un terzo grado di giudizio sul fatto. Esso deve basarsi su vizi di legge o su difetti logici evidenti nella motivazione della sentenza impugnata. Proporre motivi generici, che non si confrontano con la ratio decidendi della Corte d’Appello o che si limitano a riproporre le stesse argomentazioni, equivale a non presentare un vero motivo di impugnazione. Questo comportamento processuale porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione, dichiarando l’inammissibilità dei ricorsi, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione riafferma un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia di legittimità richiede rigore e specificità. I ricorsi devono evidenziare errori di diritto o vizi logici manifesti, non tentare di ottenere una terza valutazione del merito. La manifesta infondatezza e la genericità dei motivi costituiscono barriere invalicabili che proteggono la funzione della Suprema Corte e garantiscono l’efficienza del sistema giudiziario.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati e generici. In particolare, l’eccezione di prescrizione era palesemente errata nei calcoli temporali, mentre le altre censure erano mere riproduzioni di argomenti già valutati e miravano a una nuova valutazione dei fatti, non permessa in Cassazione.

La prescrizione del reato era maturata?
No. La Corte ha stabilito che, essendo i reati stati commessi il 6 aprile 2018, il termine di prescrizione di sette anni e sei mesi non era ancora decorso al momento della decisione.

Quali sono le conseguenze economiche per i ricorrenti a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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