Inammissibilità del Ricorso: Quando l’Appello è Destinato al Fallimento
L’inammissibilità del ricorso rappresenta uno degli esiti più severi nel processo penale, poiché impedisce alla Corte di Cassazione di entrare nel merito della questione. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre spunti fondamentali per comprendere i requisiti di un ricorso efficace, delineando i confini tra la critica legittima di una sentenza e un tentativo inammissibile di riesaminare i fatti. Il caso analizzato riguarda un imputato, condannato in appello per falsità materiale dopo una precedente assoluzione, il cui ricorso è stato giudicato manifestamente infondato.
I Fatti del Caso: Dall’Assoluzione alla Condanna in Appello
La vicenda processuale ha origine con una sentenza di assoluzione in primo grado. Il Pubblico Ministero, non condividendo la valutazione delle prove dichiarative effettuata dal Tribunale, proponeva appello. La Corte d’Appello, accogliendo il gravame, ribaltava la decisione. Prima di condannare l’imputato, tuttavia, procedeva correttamente alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, riesaminando direttamente la prova orale, come richiesto dalla legge in caso di riforma di una sentenza assolutoria. Contro questa condanna, l’imputato presentava ricorso per cassazione, basato su tre distinti motivi.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
Il ricorrente lamentava principalmente tre vizi della sentenza di secondo grado:
1. Errata rinnovazione dell’istruttoria: Si contestava la modalità con cui la Corte d’Appello aveva riesaminato l’imputato.
2. Violazione della legge penale: Si criticava l’affermazione di responsabilità, proponendo una diversa valutazione delle prove.
3. Mancata applicazione della non punibilità: Si denunciava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando l’inammissibilità del ricorso.
La Decisione della Cassazione sull’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, fornendo chiarimenti cruciali.
Rinnovazione dell’Istruttoria: Un Obbligo Rispettato
Il primo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ribadito che, quando si intende ribaltare un’assoluzione basandosi su una diversa valutazione di una prova dichiarativa, il giudice d’appello ha l’obbligo di rinnovare tale prova. La Corte d’Appello di Milano aveva adempiuto a tale dovere, agendo in piena conformità con l’art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
Valutazione di Merito: Un Limite Invalicabile per la Cassazione
Il secondo motivo è stato liquidato come un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, inammissibile in sede di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti; il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Prospettare, con argomenti generici, un diverso apprezzamento delle prove si traduce in una richiesta non consentita, che conduce inevitabilmente all’inammissibilità.
Tenuità del Fatto e Attenuanti Generiche: Due Istituti Distinti
Anche il terzo motivo è stato considerato infondato. La Corte ha spiegato che non esiste alcuna contraddizione tra il negare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il concedere le attenuanti generiche. I due istituti hanno finalità e presupposti diversi: il primo esclude la punibilità per la minima offensività del fatto, mentre le seconde servono a mitigare la pena in base a una valutazione complessiva del caso. La loro applicazione è ancorata a parametri distinti e la decisione su uno non vincola l’altro.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte si concentra sul principio fondamentale che distingue il giudizio di legittimità da quello di merito. Il ricorso per cassazione deve evidenziare vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, non limitarsi a contrapporre una propria ricostruzione dei fatti. La genericità delle censure e la loro natura fattuale sono state le ragioni principali che hanno portato a dichiarare l’inammissibilità del ricorso. La Corte ha inoltre sanzionato la colpa del ricorrente nell’aver proposto un’impugnazione palesemente destinata al fallimento, condannandolo non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve essere un atto tecnico e rigoroso, focalizzato su specifiche violazioni di legge. Qualsiasi tentativo di trasformarlo in un’ulteriore istanza di merito è destinato all’insuccesso. Per i difensori, ciò significa articolare motivi di ricorso precisi, ben argomentati in diritto e non meramente fattuali. Per gli imputati, la decisione sottolinea come un’impugnazione infondata non solo non porti al risultato sperato, ma comporti anche significative conseguenze economiche, aggravando la posizione processuale anziché migliorarla.
Quando il giudice d’appello è obbligato a rinnovare l’esame di un testimone o dell’imputato?
Secondo la pronuncia, il giudice d’appello deve rinnovare l’istruttoria dibattimentale, e in particolare la prova dichiarativa, quando intende ribaltare una sentenza di assoluzione di primo grado basandosi su una diversa valutazione di tale prova, come nel caso di un appello del pubblico ministero.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può riesaminare i fatti. Il suo compito è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Un ricorso che si limita a proporre una diversa valutazione delle prove, senza denunciare vizi di legge, è considerato inammissibile.
La concessione delle attenuanti generiche obbliga il giudice a riconoscere anche la particolare tenuità del fatto?
No, non vi è alcun automatismo. La Corte chiarisce che il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche non sono in contraddizione. Si tratta di due istituti giuridici con finalità e presupposti diversi, che vengono valutati sulla base di parametri differenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21352 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che, in accoglimento dell’appello del Pubblico ministero, la ha condannato per il reato di cui gli artt. 477 e 482 cod. pen.;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – che si duole della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, segnatamente dell’esame dell’imputato – è manifestamente infondato poiché la Corte di merito, a seguito del gravame interposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, ha provveduto in ossequio al disposto dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., rinnovando la prova orale assunta dal Tribunale di Lodi e ponendone l’esito a fondamento della valutazione di responsabilità (cfr. Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022 – dep. 2023, B., Rv. 284493 – 02);
ritenuto che il secondo motivo, che denuncia la violazione della legge penale in ordine all’affermazione della responsabilità dell’imputato, non contiene censure di legittimità ma si limita a prospettare – peraltro con assedi generici – un diverso apprezzamento di merito (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01);
ritenuto che il terzo motivo, che assume il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. proc. pen., è manifestamente infondato poiché non vi è contraddizione tra il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche, in ragione della diversa finalità e struttura dei due istituti, la cui applicazione è ancorata a diversi parametri di valutazione (Sez. 5, n. 17246 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 279112 – 01; Sez. 5, n. 45533 del 22/07/2016, COGNOME, Rv. 268307 – 01), il che esime dal dilungarsi per rilevare la genericità del ricorso che non si è confrontato con la motivazione posta a sostegno dell’esclusione dei presupposti della causa di non punibilità;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al ve -samento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma ammende. di euro tremila in favore della Cassa delle
Così deciso il 28/02/2024.