Inammissibilità Ricorso: Perché la Cassazione Respinge l’Appello
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso, un concetto fondamentale nel diritto processuale penale. Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, significa che la Suprema Corte non entra nemmeno nel merito delle questioni sollevate, ma lo respinge per vizi procedurali o per la natura dei motivi proposti. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i paletti che un’impugnazione deve rispettare per essere esaminata.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Palermo per una serie di reati, decideva di presentare ricorso per Cassazione. La difesa si basava principalmente su due punti: una presunta erronea applicazione di alcune norme del codice penale relative a furto e rapina, e una contestazione sull’aumento di pena applicato per la continuazione tra i vari reati. L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse sbagliato nel valutare sia la sua colpevolezza per uno dei capi d’imputazione sia il calcolo della sanzione finale.
L’Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8707/2024, ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, che limitano strettamente l’ambito del proprio giudizio.
La Ripetitività dei Motivi come Causa di Inammissibilità
Il primo motivo di ricorso, relativo all’errata applicazione delle norme penali sostanziali, è stato considerato dalla Corte come una semplice riproposizione di argomenti già ampiamente discussi e respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che il ricorrente non aveva articolato un confronto specifico e critico con le motivazioni della sentenza impugnata, limitandosi a ripetere le stesse censure. Questo comportamento rende il motivo di ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile. Non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente; è necessario spiegare perché essa sia giuridicamente errata, dialogando con le sue argomentazioni.
I Limiti alla Censura del Trattamento Sanzionatorio
Anche il secondo motivo, riguardante la quantificazione della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito un principio cardine: la determinazione della pena (il cosiddetto ‘trattamento sanzionatorio’) è un’attività che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). In sede di legittimità, non si può contestare l’entità della pena, a meno che la motivazione del giudice non sia del tutto assente, palesemente illogica o frutto di un errore di diritto. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero adempiuto al loro onere motivazionale, spiegando le ragioni della loro scelta in modo logico e coerente con i principi di legge.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema si concentrano sulla natura stessa del giudizio di Cassazione. Questo non è un terzo grado di merito dove si possono rivalutare i fatti o la congruità della pena. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. I motivi di ricorso che si limitano a riproporre le stesse difese già vagliate o che tentano di ottenere una nuova valutazione nel merito delle scelte discrezionali del giudice, come quella sulla pena, sono destinati all’inammissibilità. La Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse assolto al suo ‘onere motivazionale’ in modo adeguato, rendendo incensurabile la sua decisione sul trattamento sanzionatorio.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso per Cassazione è uno strumento straordinario, non una terza possibilità per discutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve basarsi su vizi di legittimità specifici, chiari e non meramente ripetitivi. La conseguenza dell’inammissibilità non è solo la conferma della condanna, ma anche un aggravio di spese per il ricorrente, che viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso in esame con una condanna al pagamento di tremila euro. Pertanto, la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’attenta analisi giuridica, volta a individuare reali errori di diritto nella sentenza impugnata, evitando di insistere su questioni già decise o di competenza esclusiva del giudice di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano, in parte, una mera riproduzione di argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza un confronto specifico con la motivazione della sentenza. Inoltre, contestava la quantificazione della pena, che è una decisione discrezionale del giudice di merito non sindacabile in Cassazione se non palesemente illogica.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Generalmente no. La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione a sostegno è totalmente assente, manifestamente illogica o frutto di arbitrio, circostanze che la Corte ha escluso nel caso specifico.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8707 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Palermo che ha confermato la pronuncia di condanna del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale Palermo in ordine ai reati allo stesso ascritti (in Palermo, il reato di cui al capo A commesso in data 11/08/21; i reati di cui a capi B e C commessi il 06/09/21).
Ritenuto che i motivi sollevati (erronea applicazione dell’art. 624bis, 56 e 628 cod. pen., in relazione al capo B); omessa applicazione della legge penale in riferimento all’aumento di pena per la continuazione, artt. 81 cpv. e 133 cod. pen.) non sono consentiti in sede di legittimità. Quanto al primo, esso è meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale, con il supporto di adeguati argomenti giuridici (pp. 2 e 3), rispetto ai quali il ricorrente non articola alcuno specifico confronto;
Ritenuto, inoltre, che non sono deducibili in sede di legittimità censure in ordine al trattamento sanzionatorio, naturalmente rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, la cui quantificazione non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione manifestamente illogica, evenienza che non si rinviene nel caso di specie (pp. 3 e 4). L’onere motivazionale, pertanto, è stato assolto nel rispetto dei principi informatori indicati dal giudice di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile ri ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2023 Il Consigliere estensore
Il Presidente