Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
L’ordinanza in commento della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, confermando il principio per cui non è possibile ottenere una nuova valutazione del merito delle prove. Il caso riguarda l’inammissibilità del ricorso presentato da due imputati, le cui doglianze sono state respinte perché miravano a un riesame di apprezzamenti fattuali già correttamente e logicamente motivati dalla Corte d’Appello.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine da due distinti ricorsi presentati avverso una sentenza della Corte d’Appello de L’Aquila.
Il primo ricorrente era stato condannato per reati di minaccia e lesioni (artt. 612, 582 e 585 c.p.). La sua difesa contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e del beneficio della sospensione condizionale della pena.
La seconda ricorrente era stata condannata per favoreggiamento e calunnia (artt. 378 e 368 c.p.). Anche in questo caso, i motivi di ricorso vertevano, tra l’altro, sulla mancata concessione dei medesimi benefici.
Entrambi i ricorsi, tuttavia, sono stati giudicati dalla Suprema Corte come un tentativo di rimettere in discussione il giudizio di merito formulato nei gradi precedenti.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un caposaldo del nostro sistema processuale: la Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove e fornire una nuova valutazione dei fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria per le loro decisioni.
I ricorsi sono stati ritenuti ‘generici e riproduttivi’ di censure già esaminate e disattese, proponendo una ‘inammissibile rilettura delle risultanze di prova’.
Le motivazioni
La Corte ha analizzato nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità del ricorso per ciascun imputato.
Per il primo ricorrente, la Corte d’Appello aveva correttamente negato l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. sulla base della ‘concreta gravità dei fatti’. La reiterazione e l’insistenza delle condotte aggressive e minatorie sono state considerate sintomatiche di un’elevata intensità del dolo, incompatibile con la ‘particolare tenuità’. Analogamente, la sospensione della pena è stata negata per l’impossibilità di formulare una ‘favorevole prognosi’, tenendo conto anche di precedenti applicazioni del beneficio. Tali valutazioni, essendo basate su argomentazioni logiche e fattuali, sono state ritenute incensurabili in sede di legittimità.
Per la seconda ricorrente, le conclusioni sono state simili. Il diniego dell’art. 131-bis c.p. e della pena sospesa era fondato sulla gravità dei fatti e sull’impossibilità di una prognosi favorevole, aggravata da un precedente specifico per falsità ideologica. La Corte ha sottolineato che si tratta di ‘giudizi di natura ampiamente discrezionale ma congruamente motivati’, che non possono essere oggetto di una ‘revisione’ da parte della Corte di legittimità.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque si approcci al sistema giudiziario penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare vizi di legge o difetti manifesti di logica nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove o della gravità del comportamento si scontra inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
Perché proponevano alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti e delle prove, chiedendo una nuova valutazione di merito sulla gravità delle condotte e sulla prognosi futura degli imputati, attività che non rientra nelle competenze del giudice di legittimità.
Su quali basi è stata negata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
È stata negata sulla base di un giudizio di concreta gravità dei fatti. Per un ricorrente, a causa della reiterazione e insistenza delle condotte aggressive; per l’altra, a causa della gravità dei reati e di un precedente penale significativo.
Per quale motivo non è stata concessa la sospensione condizionale della pena?
Non è stata concessa perché i giudici di merito hanno ritenuto impossibile formulare una prognosi favorevole sul futuro comportamento degli imputati, valutazione basata su elementi come precedenti condanne e l’intensità del dolo dimostrata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46935 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46935 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a PESCARA il 27/06/1969
NOME nato a PESCARA il 03/08/1984
avverso la sentenza del 01/03/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
esaminati i motivi dei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonchè i cd. motivi nuovi, in realtà reiterativi dele precedenti censure svolte con i ricorsi;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti da NOME COGNOME avverso la sentenza di condanna per i reati di cui agli artt. 612, 582 e 585 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché generici e riproduttivi di censure già adeguatamente esaminate dal giudice di appello e disattese con corretti argomenti giuridici sulla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e del beneficio della pena sospesa sulla base di un giudizio di concreta gravità dei fatti, per la reiterazione e insistenza delle condotte aggressive e minatorie tenute nei confronti delle persone offese, ritenute, pertanto, particolarmente sintomatiche di intensità del dolo e, con riferimento alla pena sospesa, valorizzando non solo la circostanza che, in passato, anche se in epoca risalente, era già stata applicata due volte, ma anche la impossibilità di formulare una favorevole prognosi a favore dell’imputato. Si tratta di apprezzamenti di merito formulati con argomentazioni logiche e, pertanto, incensurabili in Cassazione non potendo il giudice di legittimità procedere alla rivalutazione dei fatti e del giudizio che corrisponda ai criteri di cui all’art. 131-bis cod. pen. e, in tema di sospensione condizionale, ai parametri degli artt. 133 e 165 cod. pen.;
il ricorso di NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 378 e 368 cod. pen. è, anch’esso, proposto per motivi non deducibili. Il primo motivo propone una inammissibile rilettura delle risultanze di prova che i giudici del merito hanno esaminato ai fini della ricostruzione dell’elemento materiale e di quello psicologico dei reati addebitati facendo corretta applicazione delle regole che sovrintendono all’acquisizione e utilizzabilità delle prove (il verbale delle dichiarazioni rese dalla Morgiante).
Il secondo motivo, sulla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e del beneficio della pena sospesa sulla base di un giudizio di concreta gravità dei fatti, per la reiterazione e insistenza delle condotte illecite ascrittile e, con riferimento alla pena sospesa, valorizzando non solo il grave precedente (per reato in materia di falsità ideologica), ma anche la impossibilità di formulare una favorevole prognosi a favore dell’imputata. Anche a tal riguardo, pertanto, il ricorso propone la inammissibile revisione, da parte della Corte di legittimità, di giudizi di natura ampiamente discrezionale ma congruamente motivati.
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Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024