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Inammissibilità ricorso: le regole della Riforma Cartabia

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda su due pilastri: la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sulle nuove e più stringenti regole per l’appello introdotte dalla Riforma Cartabia e la genericità dei motivi di ricorso presentati, che non si confrontavano specificamente con la sentenza impugnata. Il caso conferma il rigore procedurale richiesto per evitare una dichiarazione di inammissibilità ricorso.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: la Cassazione conferma la stretta della Riforma Cartabia

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla disciplina delle impugnazioni penali, ribadendo i rigidi paletti procedurali che possono portare a una dichiarazione di inammissibilità ricorso. Con la recente Riforma Cartabia, il legislatore ha introdotto nuovi e più stringenti requisiti per proporre appello, finalizzati a garantire che l’impugnazione sia frutto di una scelta ponderata e personale dell’imputato. La Corte di Cassazione, con questa decisione, non solo conferma la legittimità di tali norme, ma sanziona anche la prassi di presentare ricorsi con motivi generici e non specifici.

Il Caso: Dal Reato di Stupefacenti al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, relativo alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità. Dopo la conferma della condanna in secondo grado da parte della Corte d’Appello, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: una presunta incostituzionalità delle nuove norme sull’appello e una critica generica all’affermazione di responsabilità penale.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità per la Riforma Cartabia

Il ricorso si articolava su due fronti, entrambi giudicati inadeguati dalla Suprema Corte.

La Questione di Costituzionalità dell’art. 581 c.p.p.

Il primo motivo sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Riforma Cartabia, impone, a pena di inammissibilità, che l’atto di appello sia accompagnato da una dichiarazione o elezione di domicilio e da uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza. Secondo la difesa, tali requisiti violerebbero i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.), il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e il giusto processo (art. 111 Cost.).

La Genericità del Secondo Motivo

Il secondo motivo di ricorso contestava l’affermazione di colpevolezza, ma lo faceva in termini definiti dalla Corte come “del tutto aspecifici” e contenenti “censure assolutamente generiche”. In pratica, la difesa non ha sviluppato un’argomentazione dettagliata che si confrontasse punto per punto con la motivazione della sentenza d’appello, limitandosi a una doglianza vaga.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando l’inammissibilità ricorso.

Sul primo punto, i giudici hanno qualificato la questione di costituzionalità come “manifestamente infondata”. Richiamando un proprio precedente (Sez. 4, n. 43718/2023), la Corte ha affermato che le nuove regole non sono irragionevoli. Rappresentano una scelta legislativa volta a limitare le impugnazioni che non derivano da una “opzione ponderata e personale della parte”. L’obiettivo è responsabilizzare l’imputato e assicurarsi che l’impugnazione sia una scelta consapevole, non un automatismo difensivo. Inoltre, il sistema prevede già dei correttivi, come l’ampliamento dei termini per impugnare.

Sul secondo punto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo: i motivi di ricorso devono essere specifici. Non basta contestare genericamente una decisione; è necessario indicare con precisione “le ragioni di diritto e gli elementi di fatto” che sostengono la richiesta. Nel caso di specie, mancava un vero confronto con le argomentazioni della Corte d’Appello, rendendo il motivo inammissibile per genericità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza è un monito per gli operatori del diritto. La Riforma Cartabia ha inasprito i requisiti formali per le impugnazioni e la giurisprudenza sta applicando queste norme con rigore. Per evitare una pronuncia di inammissibilità ricorso, è indispensabile che l’atto di impugnazione sia non solo formalmente perfetto (con mandato specifico e elezione di domicilio), ma anche sostanzialmente robusto. Le critiche alla sentenza impugnata devono essere puntuali, dettagliate e capaci di incrinare logicamente il ragionamento del giudice precedente. L’epoca dei ricorsi “esplorativi” o generici è definitivamente tramontata.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto legittime le nuove e più severe regole per l’appello?
La Corte ha stabilito che i nuovi requisiti (come il mandato specifico per impugnare) sono una scelta legislativa non irragionevole, finalizzata a limitare le impugnazioni non ponderate e a responsabilizzare l’imputato. Il sistema, inoltre, prevede già dei correttivi per tutelare il diritto di difesa.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’ o ‘aspecifico’?
Significa che il ricorso non indica in modo dettagliato le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che lo sostengono. Invece di confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, si limita a critiche vaghe, non sufficienti per un esame nel merito da parte della Corte.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Oltre a rendere definitiva la condanna, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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