Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1429 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1429 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 26/07/1989
avverso la sentenza del 23/11/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurator COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 23 novembre 2022, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Treviso che io aveva dichiarato responsabile del reato p.e p. dagli artt. 110 a 624-bis, commi 1 e 3, cod. pen., perché in concorso con NOME (separatamente giudicato), ai fine di trarne profitto e previa effrazione di una porta finestra, GLYPH si GLYPH introduceva GLYPH in GLYPH una GLYPH abitazione, GLYPH dalla GLYPH quale COGNOME sottraeva, impossessandosene, numerosi gioielli e monili d’oro nonché altri oggetti di valore, con l’aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose, commettendo il fatto in tre o più persone. COGNOME Tribunale aveva irrogato la pena di anni tre di reclusione ed euro trecento di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, alla interdizione dai pubblici uffici per anni cinque, alla espulsione dal territori dello Stato a pena espiata ed alla confisca e distruzione di quanto in sequestro.
2. La Corte d’appello ha condiviso la motivazione del Tribunale circa il valore dei riconoscimento dell’imputato effettuato dal maresciallo NOME COGNOME che lo aveva identificato come uno dei soggetti scesi ci’ail’autovettura Alfa (sulla quale era installato un sistema GPS), a bordo della quale erano stati rinvenuti attrezzi da scasso compatibili con la forzatura della porta della parte offesa. Si era quindi ricostruito in fatto che due degli altri tre soggetti che erano scesi dail’Alfa con Dodaj e si erano dati alla fuga (COGNOME NOME e NOME COGNOME) erano entrati in un bar e lì avevano nascosto quanto asportato dall’abitazione della parte offesa. Peraltro, appena pochi giorni prima del furto, in data 20 novembre 2013, il Dodaj era stato controllato a Mestre sempre a bordo della medesima auto e sempre in compagnia di COGNOME, riscontrandosi dunque l’utilizzo dell’auto e la frequentazione abituale con il coimputato Infine, era stata sottolineata la precipitosa fuga del Dodaj, condotta inspiegabile se fosse stato estraneo al furto commesso un paio di ore prima, ma coerente con la consapevolezza della presenza della refurtiva sui veicolo.
La Corte territoriale ha pure osservato che il teste maresciallo COGNOME aveva riconosciuto con certezza l’imputato che si era dato alla fuga, anche perché lo aveva controllato già pochi giorni prima, mentre si trovava a bordo della medesima auto in compagnia dei citato Lepuri Eivis. Questi elementi, ulteriormente corroborati dal fatto che viaggiava a distanza temporale di circa un’ora e mezza dall’evento. a bordo dell’auto utilizzata per commettere il furto e che si era dato alla fuga, insieme agi: altri concorrenti che avevano occultato la merce rubata all’interno del bar, lasciando cadere :n terra guanti ed attrezzi da scasso, realizzava un compendio indiziario grave, preciso e concordante.
E’ stato pure rigettato il motivo d’impugnazione reiativo all’applicazione delle attenuanti generiche, da ritenersi prevalenti sulle contestate aggravanti, e quello relativo alla riduzione della pena al minimo edittale, in ragione del ruolo marginale
di paio verosimilmente assunto dall’imputato nella vicenda criminosa e il cambiamento intervenuto nello stile di vita del prevenuto, essendo diventato padre durante la carcerazione subita da altro titolo dimostrando buone capacità lavorative. La Corte d’appello ha rilevato che l’imputato non aveva dimostrato di aver preso le distanze dal fatto criminoso, con ciò non rendendosi applicabili le attenuanti generiche; peraltro, il cambiamento dello stile di vita era solo allegato ma non suffragato da riscontri effettivi e tali da incidere positivamente sul consolidato orientamento di vita in favore di scelta delinquenziale, che indicava una notevole pericolosità attestata dal certificato penale caratterizzato da precedenti penali specifici e plurimi. Pertanto, la pena era stata determinata nel minimo edittale per la pena detentiva e di poco superiore al minimo per la multa. 5. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’avvocata NOME COGNOME quale difensore di fiducia di NOME COGNOME con ricorso basato sul motivo di seguito indicato, nei limiti strettamente necessari per la motivazione (art. 173 att. cod.proc.civ.).
5.1 In via preliminare, rispetto alla illustrazione del motivo, si chiede restituir l’imputato nel termine per presentare istanza di giudizio abbreviato, in ragione dell’intervenuta introduzione della disciplina prevista dall’art. 442, comma 2 bis’ c.p, introdotta con d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, ai sensi dell’art. 175 c.p.p.
Si sostiene l’indubbia valenza sostanziale della modifica legislativa in quanto, seppure correlata alla scelta del rito’ determina ricadute sull’assetto definitivo della pena. La mancata concessione della restituzione in termini pregiudicherebbe definitivamente l’ulteriore riduzione di pena prevista dall’art. 442 cornma 2 bis c.p. e per questo si chiede l’annullamento della sentenza impugnata restituendo l’imputato nel termine per presentare richiesta di giudizio abbreviato.
6.Con l’unico motivo di ricorso, si deduce vioiazione ed erronea applicazione dell’art. 192, comma 2, cod.proc.pen., nonché carenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui il Giudcante, ai fini della decisione, ritiene rilevanti gli stessi elementi presi in esame dal giudice di primo grado (art. 606, comma 1 lettere. c) ed e) cod. proc. pen.; lamenta la parte ricorrente che tale decisione era meramente riproduttiva di quella di primo grado e non aveva dato conto delle specifiche ragioni d’impugnazione, mediante le quali si era lamentato che il riconoscimento effettuato dal COGNOME non poteva essere dotato di sufficiente credibilità, in quanto io stesso Maresciallo aveva riconosciuto di aver avuto modo di vedere il volto di uno dei fuggitivi perché, durante la fuga successiva al controllo dell’autovettura, lo stesso si era voltato indietro; successivamente, il COGNOME riconobbe il viso visionando la foto del Dodaj ma sulla base di quel fugace ricordo; allo stesso modo, la motivazione della sentenza impugnata non aveva superato I dubbio sulla prova della partecipazione del Dodaj
al fatto criminoso, solo in ragione del fatto che l’autovettura su la quale si trovava era stata segnalata verso le 17,30 in Galliera Veneta, INDIRIZZO e, successivamente, ad Istriana alle 19,40. Inoltre, non era stato spiegato perché i beni oggetto del furto fossero stati ritrovati all’interno di un bar. La Corte d’appello avrebbe dunque violato il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui !a lettura complessiva dei compendio probatorio di natura indiziaria ed indiretta non può prescindere dalla valutazione separata dei singoli elementi di prova indiziaria (Sez. U, del 12/07/2005 n. 3:3748, COGNOME (dep. 20/09/2005) Rv. 231672 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 30448 del 09/0612010 Ud. (deo. 30/07/2010) Rv. 248384 – 01, Dunque, sarebbe violata la regola di giudizio secondo la quale ciascun indizio deve corrispondere ad un fatto certo e cioè realmente esistente e non soltanto verosimile o supposto.
7.11 P.G. ha rassegnato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ inammissibile la richiesta di restituzione dell’imputato nei termine per presentare istanza di giudizio abbreviato nei presente procedimento, in ragione dell’avvenuta introduzione della disciplina prevista dall’art. 442, comma 2 bis, c.p.p. mediante il digs. n. 150 del 2022, ai sensi dell’art. 175 c:.p.p.
In tal senso, si è già espressa, con argomenti qui pienamente condivisi, Sez. 1. n. 16054 del 10/03/2023 Ud. (dep. 14/04/2023) Rv. 284545 – 01, secondo cui la diminuente di un sesto della pena inflitta nel caso di mancata impugnazione della sentenza resa all’esito del giudizio abbreviato, introdotto dalla riforma Cartabia, non si applica retroattivamente e non può essere chiesta nessuna restituzione nel termine per rinunciare al gravarne, posto che l’atto che impedisce l’accesso alla riduzione di pena è già stato compiuto e ha incardinato la fase dell’impugnazione, segmento che la norma premiale vuole evitare’
3.L’unico motivo di ricorso è inammissibile.
Si denuncia la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., in ragione della affermata mancanza ci: motivazione in alcuni punti della sentenza impugnata. In verità le sentenza ha operato ia completa disamina di ciascuno degli elementi concretamente accertati, anche mediante i richiamo e l’integrazione delle fonti probatorie acquisite nei corso del primo grado (il riconoscimento dell’imputato da parte del maresciallo COGNOME la fuga priva di giustificazione, l’utilizzo abitual dell’autovettura sulla quale erano stati trovati arnesi atti allo scassi; l’esser accompagnato poco prima con le due persone sorprese a rubare) e l’imputato non indica in modo specifico perché ciascun elemento non può ritenersi in concreto non rappresentativo soltanto di un’ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata.
5. La consolidata giurisprudenza di questa Corte di cessazione ha chiarito (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, dep. 23/10/2020) Rv. 280027 – 04 che non è consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. per., anche se in relazione all’art. 125 e art. 546, comma 1, lett. e), per censurare l’omessa od erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti od acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett, e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lett. c) della medesima disposiz one, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello’ Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 dei 08/11/2012, COGNOME‘ Rv. 254274; Sez. 2, n. 38676 dei 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518). Invero, la specificità del motivo di cui ali’art. 606, =ma 1, lett. e), dettato in tema di ricorso per cessazione al fine di definirne l’ammissibilit per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione, utilizzando la “violazione di legge” di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), e ciò sia perché la deducibilità per cessazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuaii “stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. D’altro canto, l riconduzicne dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “dal testo dei provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” (lett. e)), laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in relazione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6.Le Sezioni Unite (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) hanno’ infatti, da tempo chiarito che, nei casi in cui sia dedotto, mediante ricorso per cessazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), un error in procedendo, la Corte di cessazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può procedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, al contrario, precluso dai riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo (oltre che dal normativamente sopravvenuto riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame), quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione. Deve conclusivamente ritenersi che il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai
sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ha l’onere – sanzionato a pena di aspecificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale profilo l motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad ogget tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione.”
7.In sede di legittimità, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità dell motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e; cod. proc. pen., è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall’imputato che intenda far valere l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di un’ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nel suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elemeni:i sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili.
8.Tali caratteri certamente non possiede la prospettazione difensiva esplicitata nei motivo che si limita a porre un dubbio sulla credibilità di una specifica informazione probatoria debitamente valutata dalla sentenza impugnata.
9.In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
10.All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della serrenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colga nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere di versare la somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità,
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023.