Inammissibilità del Ricorso: L’Analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6928/2024, ha fornito un chiaro esempio di come viene gestita l’inammissibilità del ricorso quando questo si rivela privo di elementi di novità rispetto ai precedenti gradi di giudizio. Questo provvedimento sottolinea l’importanza di formulare censure specifiche e giuridicamente fondate per accedere al giudizio di legittimità, evitando la mera ripetizione di argomenti già vagliati. L’analisi di questo caso ci permette di comprendere meglio i criteri di valutazione della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato era stato condannato per i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) e resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). La difesa ha deciso di impugnare la decisione di secondo grado, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione e contestando la configurabilità dei reati ascritti.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. L’inammissibilità del ricorso significa che l’atto presentato non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato dalla Corte. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su una valutazione precisa dei motivi di ricorso. I giudici hanno ritenuto che la doglianza presentata dalla difesa fosse una semplice replica di censure già ampiamente esaminate e respinte dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). In altre parole, il ricorrente non ha introdotto nuovi profili di illegittimità della sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni difensive. La Suprema Corte ha evidenziato come le motivazioni delle sentenze precedenti fossero giuridicamente corrette, puntuali nel rispondere alle obiezioni della difesa, coerenti con le prove raccolte e prive di evidenti vizi logici. Quando un ricorso si limita a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito, senza individuare un errore di diritto o un vizio logico manifesto, esso esula dall’ambito del giudizio di legittimità e sfocia inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti. La sua funzione è quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Pertanto, per avere successo in Cassazione, è indispensabile formulare censure che attengano a vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione) e non a una diversa ricostruzione del fatto. L’esito di questo caso serve da monito: un ricorso palesemente infondato o meramente ripetitivo non solo non otterrà il risultato sperato, ma comporterà anche un’ulteriore condanna economica per il ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte dai giudici dei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare nuovi e validi motivi di diritto o vizi logici della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze economiche dell’inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.
Quali reati erano stati contestati all’imputato?
All’imputato erano stati contestati i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 336 del codice penale, in concorso con il reato di resistenza a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6928 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6928 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/04/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso la sent epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il riccúso è inammissibile perché la doglianza prospettata, le configurabilità del reato d cui all’ad 336 cp ascritto all’imputato in concorso con la r 1 : art 337 cp, replica profili 1 i censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del m con argomenti giuridicalente corretti, puntuali rispetto al portato delle doglianze coerenti con riguardo allé emergenze acquisite oltre che immuni da manifeste incongr logiche (si veda la ricostruzione del fatto, coerente al detto concorso, contenuta alla rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell processuali e della somma dì Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 1d) novembre 2023.