Inammissibilità Ricorso: Quando un’Impugnazione è Destinata al Fallimento
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti e i requisiti formali del giudizio di legittimità, sottolineando le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso. Questo provvedimento chiarisce perché non basta sentirsi ingiustamente condannati per ottenere una revisione della sentenza, ma è necessario formulare censure precise e legalmente fondate. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i principi di diritto applicati.
I Fatti di Causa
Due soggetti, condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Torino per il grave reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), decidevano di presentare ricorso per Cassazione. La Corte territoriale aveva già parzialmente riformato la sentenza di primo grado, mitigando il trattamento sanzionatorio, ma aveva confermato la loro responsabilità penale. I ricorrenti, attraverso atti separati, hanno cercato di scardinare la decisione di condanna basandosi su vizi procedurali e di merito.
I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di Inammissibilità
I motivi presentati sono stati due e ben distinti, ma entrambi giudicati inadeguati dalla Suprema Corte, portando a una inevitabile declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Il primo motivo, sollevato da uno dei ricorrenti, denunciava una presunta violazione delle norme sull’incompatibilità del giudice (art. 36 c.p.p.). In pratica, si sosteneva che uno dei giudici del collegio d’appello non avrebbe dovuto partecipare al processo.
Il secondo motivo, proposto da entrambi, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione. Tuttavia, le censure sono state considerate dalla Corte come “patentemente generiche”, ovvero formulate in modo vago e senza un confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, fornendo chiarimenti preziosi sulla corretta interpretazione delle norme procedurali.
Sul primo motivo, relativo all’incompatibilità del giudice, la Corte ha ribadito un principio consolidato: l’eventuale causa di incompatibilità, se non viene rilevata dal giudice stesso con una dichiarazione di astensione o contestata tempestivamente dalla parte con un’istanza di ricusazione, non determina la nullità della sentenza. Nel caso specifico, la richiesta di astensione del giudice era già stata respinta dall’organo competente (il Presidente della Corte distrettuale), chiudendo di fatto ogni possibilità di sollevare la questione in Cassazione. La procedura era stata rispettata, e quindi non vi era alcun vizio deducibile.
Sul secondo motivo, la Corte ha spiegato che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il compito della Suprema Corte è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non stabilire se i fatti si siano svolti in un modo o in un altro. I ricorrenti si erano limitati a proporre una lettura alternativa delle prove, senza individuare specifici errori giuridici o palesi illogicità nel ragionamento della Corte d’Appello. Questo approccio rende il motivo generico e, di conseguenza, inammissibile.
Infine, la Corte ha applicato l’art. 616 del codice di procedura penale. La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva scatta quando l’inammissibilità è “evidente”, denotando una colpa da parte di chi ha presentato un ricorso palesemente infondato, sprecando risorse giudiziarie.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente contestare la decisione, ma è fondamentale farlo nel rispetto delle rigide regole procedurali. Il ricorso in Cassazione deve basarsi su motivi specifici, pertinenti e legalmente validi. Proporre censure generiche o tentare di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti non solo è inutile, ma espone anche a significative conseguenze economiche. La decisione riafferma la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, garante della corretta interpretazione della legge e non giudice dei fatti.
La potenziale incompatibilità di un giudice rende sempre nulla la sentenza?
No. Secondo la Corte, se la questione non viene correttamente gestita attraverso gli istituti dell’astensione (su iniziativa del giudice) o della ricusazione (su istanza di parte) nei tempi e modi previsti, non incide sulla capacità del giudice e non costituisce motivo di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 178 c.p.p.
Perché un motivo di ricorso viene definito ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un motivo è ‘generico’ quando non contiene una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le tesi difensive o a offrire una diversa valutazione dei fatti. Il ricorso per Cassazione deve evidenziare un errore di diritto o un vizio logico della motivazione, non può essere un pretesto per un nuovo esame del merito.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la parte che ha presentato il ricorso inammissibile è condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è ritenuta evidente e dovuta a colpa del ricorrente, la Corte lo condanna anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34441 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34441 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME NOME DETTO “ACTION” nato il DATA_NASCITA NOME DETTO “RAGIONE_SOCIALE SKY” nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
L ,/
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME e NOME ricorrono, con atti separati, avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che ha riformato in mitius il trattamento sanzionatorio, confermandone la penale responsabilità per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen.;
considerato che il primo motivo di ricorso proposto dall’COGNOME – che denunciata la violazione dell’art. 36 cod. proc. pen. – è manifestamente infondato in quanto «l’esistenza di caus di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., allorché non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, né tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità dello stesso e, conseguentemente, non è causa di nullità ai sensi dell’art. 178, comma primo, lett. a), cod proc. pen.» (Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, K., Rv. 267419 – 01; cfr. già Sez. U, n. 5 d 17/04/1996, COGNOME, Rv. 204464 – 01); nel caso in esame, come dedotto con il ricorso, la dichiarazione di astensione di uno dei componenti del Collegio di secondo grado è stata rigettata dal Presidente della Corte distrettuale; con la conseguenza che non ricorre alcun vizio qui utilmente deducibile;
considerato che il secondo motivo proposto dall’COGNOME e l’unico motivo articolato dall’COGNOME – che deducono, rispettivamente, la violazione di legge penale con riferimento all’art. 4 L. 146/2006 nonché il vizio di motivazione e la violazione della medesima norma – non contengono una effettiva censura agli argomenti spesi dalla decisione impugnata sul punto ma si affidano ad enunciati patentemente generici (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01) prospettando irritualmente un alternativo apprezzamento;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inannmissibilEt iy ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/09/2025.