Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46000 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46000 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Bolzano il 04/01/1998
QJ. 16 T, 2524
IL FUNZIONA?
avverso l’ordinanza del 04/09/2024 del Tribunale di Bolzano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 4 settembre 2024 il Tribunale di Bolzano, Sezione riesame, rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 23 agosto 2024 con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano aveva rigettato la richiesta di modifica della misura cautelare degli arresti domiciliari applicatagli in relazione al delitto di cui all’art. 73, comma 1 d.P.R. n. 309 del 1990 e 586-bis cod. pen.
Avverso l’ordinanza indicata ha proposto ricorso per cassazione l’indagato deducendo violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274 cod. proc. pen.
Si contesta, in particolare, che il Tribunale con l’impugnato appello ha affermato, con motivazione illogica, che non tiene conto della documentazione prodotta, che il quadro degli indizi non è mutato con il trascorrere del tempo, e ciò, nonostante le dichiarazioni di alcune persone informate sui fatti.
Quanto ai sintomi del persistere del pericolo di reiterazione del reato contestato all’indagato, si deduce l’illogicità delle argomentazioni adottate dal Tribunale che ha ritenuto sussistente il pericolo in ragione del fatto che il Peer non ha ricordato i nomi di alcuni consumatori di anabolizzanti e che il medesimo risulti inserito in un ingente giro di affari per la vendita di sostanze.
Si afferma che l’indagato ha ammesso la maggior parte dei fatti a lui imputati, in particolare la cessione degli anabolizzanti, fornendo notizie utili a confermare il quadro indiziario; che dalla attività di cessione di anabolizzanti – di cui il Peer faceva personalmente uso – non ha ricavato le ingenti somme di denaro che sono indicate nel provvedimento impugnato, che fa riferimento all’importo di 100.000 euro, palesemente errato non già per il valore dei beni commercializzati, ma per il fatto che il giro di denaro non aveva come beneficiario il COGNOME che al più ha guadagnato poche centinaia di euro.
Si afferma che nessuno dei potenziali acquirenti poteva ritenersi soggiogato dall’indagato, tenuto conto che ognuno di loro poteva approvvigionarsi dei medicinali e che l’approvvigionamento degli anabolizzanti non sarebbe impedito dalla misura in atto, visto che esso avviene attraverso una piattaforma telematica di messaggistica istantanea, accessibile anche in regime di arresti domiciliari, mentre, per converso, se rimesso in libertà il Peer potrebbe svolgere attività lavorativa e provvedere ai propri bisogni di vita senza gravare sulla famiglia, vivendo con i propri genitori.
Con requisitoria scritta il Sost. Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso proposto, che, a fronte di un completo e logico apparato motivazionale contenuto nell’ordinanza impugnata, formula doglianze generiche, senza fornire spunti di critica effettivi rilevabili in sede di legittim sostanzialmente limitandosi a rendere una diversa interpretazione dei medesimi elementi di fatto già valutati in senso negativo dal Tribunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esplicate.
1.1. Va chiarito che la parte, nell’unico composito motivo proposto, lamenta, censurando il vizio con riferimento all’art. 274 cod. proc. pen. che sia stata ritenuta, anche a seguito delle dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, la sussistenza di un grave quadro indiziario, omettendo tuttavia di considerare che il Tribunale ha richiamato in premessa il quadro indiziario al fine di ripercorre la vicenda cautelare riguardante il prevenuto e di evidenziare che la misura cautelare della custodia in carcere, applicata al Peer con ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano in data 8 giugno 2024, è stata modificata con quella degli arresti domiciliari il 18 luglio 2024, a seguito
dell’interrogatorio reso il 16 luglio 2024; che, con istanza presentata il 23 agosto 2024 la parte ha nuovamente riproposto le medesime ragioni dell’istanza di luglio, aggiungendo che a seguito dell’imposizione degli arresti domiciliari ha rispettato le regole a lui imposte; che su tale istanza il pubblico ministero esprimeva parere negativo, evidenziando che le dichiarazioni rese dall’indagato non avevano trovato pieno riscontro; che il giudice per le indagini preliminari, condividendo le osservazioni del pubblico ministero, rigettava la richiesta con provvedimento del 23 agosto, impugnato innanzi al Tribunale.
Il Tribunale, ripercorsa la vicenda cautelare, ha da un lato evidenziato che nella nuova istanza l’indagato non aveva addotto alcuna sopravvenienza rispetto a quella precedente in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari, limitandosi a ripetere gli stessi argomenti e deducendo ulteriormente il rispetto scrupoloso della misura inflitta, circostanza ritenuta irrilevante; dall’altro ha ripreso alcun elementi indiziari, nonché le sommarie informazioni rese dai clienti del ricorrente, e l’interrogatorio reso dall’indagato onde rimarcare la sussistenza di un manifesto pericolo di reiterazione del reato. In particolare, è stato valorizzato, sempre sotto il profilo delle esigenze cautelari e del pericolo di reiterazione, che i clienti del Peer sono disposti a continuare a seguire le indicazioni dello stesso, nella consapevolezza della illegalità degli anabolizzanti che l’indagato, in quanto loro personal trainer, forniva; che l’indagato nel proprio interrogatorio ha «ridotto in maniera artificiosa il proprio coinvolgimento nell’operazione (affermando di non aver interesse diretto nel traffico, di aver fornito piccole quantità a pochi conoscenti, laddove si trattava piuttosto della sua principale attività di lavoro, diretta ad una moltitudine di clienti in tutto l’Alto Adige e che ha permesso di smerciare medicinali illegali per il valore di circa 130.000 euro nel solo 2023, cfr nota Carabinieri pagg 67-69)»; che più in generale ciò dimostra «che lo stesso non ha sviluppato alcun tipo di resipiscenza per quanto compiuto finora e spera, in sostanza, di poter mantenere la gran parte della propria attività imprenditoriale». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2 Diversamente dalle doglianze mosse nel ricorso, è evidente, quanto al profilo afferente al quadro indiziario cui il Tribunale ha fatto riferimento nei termini sopra indicati, che lo stesso ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto espressi, con orientamento consolidato, dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di misura cautelare personale, il tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la
sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292-01; conf: Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676-01, Sez. 2, n. 43112 07/04/2015, C., Rv. 265569-01).
1.3 Nessuna censura può dunque essere mossa all’ordinanza impugnata laddove, richiamando anche gli elementi indiziari nei termini sopra esaminati, ha escluso che le esigenze cautelari potessero ritenersi affievolite ed ha sottolineato che le stesse permangono a prescindere dalle parziali ammissioni rese in sede di interrogatorio, dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti che, come evidenziato dal pubblico ministero nel parere negativo formulato, non hanno confermato quelle rese in sede di interrogatorio, in cui, per altro, l’indagato ha cercato di minimizzare il proprio coinvolgimento: si tratta di elementi che rendono completo e logico l’apparato motivazione dell’ordinanza impugnata, rispetto ai quali la parte formula doglianze generiche, nelle quali continua a minimizzare la responsabilità dell’indagato e ad enfatizzare l’apporto da questi dato, senza confrontarsi criticamente con gli elementi evidenziati dal Tribunale, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento e, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12/11/2024.