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Inammissibilità ricorso: la Cassazione e la tenuità

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 455 c.p. I motivi del ricorso, relativi alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e dell’attenuante del danno lieve (art. 62 n. 4 c.p.), sono stati ritenuti una mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello. La Corte ha confermato che l’abitualità del comportamento osta alla tenuità del fatto e che il danno, per essere considerato lieve, deve essere di importo irrisorio.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: quando la ripetizione dei motivi chiude le porte della Cassazione

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante lezione sulla tecnica di redazione dei ricorsi e sui limiti dell’impugnazione di legittimità. Il caso riguarda l’inammissibilità ricorso presentato da un imputato, condannato per il reato di spendita di monete falsificate (art. 455 c.p.), a causa della natura meramente ripetitiva e non specifica dei motivi addotti. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto ribaditi dalla Suprema Corte.

I fatti del processo

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per aver messo in circolazione denaro contraffatto. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza e riducendo la pena, confermava la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due specifici vizi di motivazione: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la mancata concessione dell’attenuante per aver cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).

I motivi del ricorso e l’analisi della Corte

I giudici di legittimità hanno esaminato i motivi del ricorso, bollandoli come inammissibili. La ragione principale risiede nel fatto che le doglianze sollevate non rappresentavano una critica argomentata e specifica alla sentenza d’appello, ma si limitavano a essere una ‘pedissequa reiterazione’ di questioni già ampiamente discusse e motivate dalla Corte territoriale. Questo approccio, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, priva il ricorso della sua funzione tipica, rendendolo un mero tentativo di riesame del merito, precluso in sede di legittimità.

La valutazione della Cassazione sull’inammissibilità ricorso

La Corte Suprema ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione logica e coerente per entrambe le questioni sollevate. Per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., era stato correttamente valorizzato un elemento ostativo fondamentale: l’abitualità della condotta dell’imputato. La legge, infatti, esclude l’applicazione di questo beneficio in presenza di un comportamento non occasionale.

Allo stesso modo, per il diniego dell’attenuante del danno lieve, la motivazione si basava sul principio che, per essere considerato ‘tenue’, il danno deve essere di ‘importo irrisorio’. Evidentemente, nel caso di specie, la Corte di merito aveva ritenuto che il valore del denaro falsificato speso non rientrasse in questa categoria.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità ricorso perché i motivi erano solo apparenti e non specifici. Essi si risolvevano in una riproposizione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, la motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta immune da vizi, avendo affrontato in modo esauriente le questioni relative all’abitualità del comportamento, che preclude la tenuità del fatto, e all’entità del danno, che non è stata ritenuta irrisoria. La decisione si fonda su principi consolidati che richiedono al ricorrente di formulare una critica puntuale e argomentata contro la decisione che intende impugnare.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio cardine del processo di Cassazione: non è sufficiente dissentire dalla decisione di merito, ma è necessario dimostrare un vizio specifico di legittimità nella sentenza impugnata. La mera riproposizione delle stesse argomentazioni già valutate e respinte in appello porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di redigere ricorsi specifici, critici e focalizzati sui reali vizi di legge o di motivazione, evitando di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a ripetere in modo acritico (‘pedissequa reiterazione’) gli stessi motivi già presentati e respinti nei precedenti gradi di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata.

Quali sono gli ostacoli all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Secondo la sentenza, un ostacolo fondamentale è l’abitualità del comportamento del reo. Se la condotta criminosa non è occasionale ma manifesta una tendenza a delinquere, il beneficio della non punibilità non può essere concesso, anche se il singolo fatto è di lieve entità.

Quando un danno patrimoniale viene considerato di ‘speciale tenuità’ ai fini dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p.?
Perché l’attenuante possa essere applicata, l’entità del danno causato deve essere di importo irrisorio. Non basta che il danno sia genericamente ‘lieve’, ma deve essere talmente esiguo da risultare quasi trascurabile dal punto di vista economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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