Inammissibilità ricorso: quando la Cassazione non può riesaminare la pena
L’ordinanza n. 8712/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del processo penale: i limiti del sindacato di legittimità sul trattamento sanzionatorio. La decisione chiarisce perché un ricorso basato su mere valutazioni di merito, come il bilanciamento tra attenuanti e recidiva, sia destinato a una dichiarazione di inammissibilità ricorso. Analizziamo nel dettaglio questa pronuncia per comprendere i principi applicati.
Il Contesto del Ricorso: Tentato Furto e Rideterminazione della Pena
Il caso trae origine da una condanna per tentato furto. A seguito di un parziale annullamento da parte della stessa Corte di Cassazione, la Corte d’Appello era stata chiamata a rideterminare la pena. I giudici di secondo grado avevano escluso l’aggravante della violenza sulle cose ma avevano confermato la sussistenza della recidiva.
Nel ricalcolare la sanzione, la Corte d’Appello aveva operato un bilanciamento tra le attenuanti generiche, già concesse, e la recidiva, giudicandole equivalenti. Questa scelta era stata motivata sottolineando l’elevata pericolosità sociale dell’imputato e la scarsa rilevanza degli elementi che avevano giustificato le attenuanti. L’imputato, non soddisfatto, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio questo bilanciamento e l’omessa declaratoria di prescrizione del reato.
L’Inammissibilità del Ricorso e le Valutazioni della Corte
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Vediamo i punti salienti del ragionamento seguito.
La Valutazione del Trattamento Sanzionatorio: Competenza del Giudice di Merito
Il primo e fondamentale punto chiarito dalla Cassazione è che la valutazione del trattamento sanzionatorio è un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione, non può entrare nel merito delle scelte discrezionali del giudice, come la quantificazione della pena o il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti.
Il ricorso può essere accolto solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse ampiamente e logicamente giustificata, avendo considerato sia la pericolosità sociale del soggetto sia la debolezza degli argomenti a favore delle attenuanti. Pertanto, la richiesta dell’imputato si risolveva in un tentativo, non consentito, di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti.
La Questione della Prescrizione e l’Impatto della Recidiva
Anche la seconda doglianza, relativa alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, è stata giudicata infondata. Il ricorrente, nel calcolare i tempi necessari per la prescrizione, non aveva tenuto conto di un fattore decisivo: gli effetti della recidiva.
La legge penale, in particolare l’articolo 157 del codice penale, prevede che la recidiva, una volta riconosciuta, comporti un aumento dei termini massimi di prescrizione. Ignorare tale effetto ha reso il calcolo del ricorrente errato e, di conseguenza, la sua pretesa manifestamente infondata.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità del ricorso ribadendo che le censure del ricorrente sollecitavano apprezzamenti di fatto, preclusi in sede di legittimità. Le argomentazioni della Corte d’Appello sulla pericolosità sociale dell’imputato e sulla rideterminazione della pena sono state considerate logiche, coerenti e sufficientemente motivate. L’inammissibilità è stata estesa anche alla questione della prescrizione, poiché basata su un palese errore di diritto nel non considerare l’incidenza della recidiva sui termini. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende è la conseguenza diretta, prevista dall’articolo 616 c.p.p., della colpa del ricorrente nell’aver proposto un’impugnazione priva di fondamento.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non un terzo grado di merito. Le scelte discrezionali del giudice sulla pena, se sorrette da una motivazione logica e non contraddittoria, sono insindacabili. Inoltre, la pronuncia sottolinea l’importanza di una corretta applicazione delle norme sostanziali, come quelle sulla prescrizione, che devono essere lette in combinato disposto con gli istituti che ne modificano gli effetti, quale la recidiva. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un ricorso per cassazione deve concentrarsi su vizi di legge o di motivazione, e non su un riesame delle valutazioni di fatto, pena una sicura dichiarazione di inammissibilità con conseguente addebito di spese.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso?
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso perché il motivo sollevato dall’imputato riguardava apprezzamenti sul trattamento sanzionatorio, materia riservata al giudice di merito, e non presentava vizi di legittimità. Inoltre, la doglianza sulla prescrizione era manifestamente infondata.
In che modo la recidiva ha influenzato la decisione sulla prescrizione del reato?
La recidiva riconosciuta a carico dell’imputato ha l’effetto di aumentare i termini massimi di prescrizione del reato, come previsto dagli articoli 157 e seguenti del codice penale. Il ricorrente non aveva considerato questo effetto, rendendo la sua richiesta di declaratoria di estinzione del reato infondata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8712 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8712 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CANTU’ il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che l’unico motivo dedotto nel ricorso di NOME COGNOME non supera il vaglio preliminare di ammissibilità perché sollecita apprezzamenti, in tema di trattamento sanzioNOMErio, riservati al giudice del merito ed è comunque manifestamente infondato.
La Corte distrettuale, dopo avere preso atto che, a seguito della sentenza di parziale annullamento di questa Corte di legittimità, si era formato il giudicato sia sulla qualificazione giuridica della condotta, come tentato furto, sia sulla sussistenza della recidiva, ha escluso l’aggravante della violenza sulle cose ed ha correttamente ridetermiNOME la pena operando un nuovo bilanciamento tra le già concesse attenuanti generiche e la recidiva in termini di equivalenza. Tale ultima scelta è stata ampiamente giustificata rimarcando l’elevatissima pericolosità sociale dell’imputato, da una parte, e la modesta pregnanza degli elementi valorizzati per la concessione del beneficio di cui all’art. 62 bis cod. pen.
A tali argomentazioni, logiche e coerenti, il ricorrente nulla di concreto oppone dolendosi, per di più, dell’omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione senza considerare gli effetti della riconosciuta recidiva sui termini massimi di cui agli artt. 157 e seg. cod. proc. pen.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, in Roma 25 gennaio 2024.
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