Inammissibilità ricorso: quando la Cassazione chiude la porta
L’ordinanza n. 24032/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei rigorosi limiti entro cui deve muoversi un ricorso in sede di legittimità. Il caso in esame dimostra come la presentazione di motivi generici o ripetitivi conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità ricorso, con conseguenze economiche significative per chi agisce in giudizio. Questo provvedimento ribadisce un principio fondamentale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Firenze decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso si basava su una serie di censure, tra cui la presunta erronea applicazione della legge penale e la mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale.
La Valutazione sull’Inammissibilità Ricorso da parte della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha ritenuto il ricorso palesemente inammissibile. I giudici hanno osservato che i motivi proposti non erano altro che una replica di censure già ampiamente vagliate e respinte con argomentazioni logiche e giuridicamente corrette dai giudici dei precedenti gradi di giudizio (primo grado e appello). In sostanza, il ricorrente non ha sollevato questioni di legittimità, ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione ha chiarito che il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni:
1. Reiterazione dei Motivi: Le doglianze difensive erano una mera riproposizione di argomenti già disattesi, senza che venissero individuati vizi di legittimità (come violazione di legge o vizi di motivazione) nella sentenza impugnata.
2. Mancata Prova dei Fatti: La richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. si fondava su circostanze di fatto che non erano state provate né attestate durante la ricostruzione operata dai giudici di merito. Non è possibile introdurre in Cassazione elementi fattuali non emersi nei precedenti gradi di giudizio.
3. Coerenza Logica della Sentenza Impugnata: La Corte ha rilevato che la sentenza della Corte d’Appello era immune da manifeste incongruenze logiche e basata su argomentazioni giuridicamente corrette e puntuali.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, due importanti conseguenze per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere fondato su precisi e specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata. Tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o riproporre le stesse argomentazioni già respinte non solo è un’attività processuale inutile, ma comporta anche rilevanti sanzioni economiche. È fondamentale, quindi, affidarsi a una difesa tecnica che sappia distinguere i confini del giudizio di legittimità per evitare esiti sfavorevoli e costi aggiuntivi.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti dai giudici dei gradi di merito, senza sollevare reali questioni di legittimità.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare i fatti o la ricostruzione operata dai giudici di merito. Il ricorso è stato respinto anche perché si basava su emergenze in fatto non attestate dalla ricostruzione operata nei precedenti gradi di giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24032 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24032 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché replica profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corretti, puntuali risp al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergenze acquisite oltre ch immuni da manifeste incongruenze logiche con riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’ad 131 bis cp, peraltro fondata dal ricorrente sulla base di emerge in fatto non attestate dalla ricostruzione operata in termini conformi dai giudico del merito;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 22 aprile 2024.