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Inammissibilità ricorso: la Cassazione e i limiti

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da un soggetto per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati. La Corte ha stabilito che l’impugnazione costituiva una richiesta di riesame nel merito, non consentita in sede di legittimità, e si poneva in contrasto con la giurisprudenza consolidata, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: quando l’appello alla Cassazione non supera il vaglio

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità ricorso in Cassazione, delineando i confini invalicabili per chi tenta di ottenere una terza revisione dei fatti di causa. La Suprema Corte ha ribadito con fermezza che il suo ruolo non è quello di un giudice di merito, ma di legittimità. Questo significa che non può riesaminare le prove o le circostanze fattuali, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Il caso specifico riguarda un ricorso volto al riconoscimento del reato continuato, respinto perché basato su censure generiche e contrarie agli orientamenti consolidati.

Il caso: la richiesta di riconoscimento del reato continuato

Un soggetto condannato si rivolgeva alla Corte di Cassazione impugnando un’ordinanza della Corte di Appello di Milano. L’obiettivo del ricorrente era ottenere l’applicazione dell’istituto del reato continuato (art. 81, comma 2, c.p.), che consente di unificare più condotte criminose sotto un unico disegno, con un trattamento sanzionatorio più favorevole. Il ricorrente sosteneva che l’ordinanza impugnata fosse viziata da carenze motivazionali.

I motivi dell’inammissibilità ricorso secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato l’istanza, dichiarando l’inammissibilità ricorso per tre ragioni fondamentali, che rappresentano principi cardine del processo penale di legittimità.

1. Il divieto di riesame nel merito

Il primo motivo di inammissibilità risiede nel fatto che il ricorso, pur lamentando formalmente vizi di motivazione, mirava in realtà a ottenere un riesame nel merito della posizione dell’imputato. La Cassazione ha sottolineato che la valutazione dei fatti e delle emergenze processuali era già stata compiuta adeguatamente dalla Corte d’Appello, e il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti.

2. La riproposizione di censure già vagliate

In secondo luogo, il ricorso si limitava a riproporre le stesse doglianze già presentate e respinte dalla Corte territoriale. La Suprema Corte ha evidenziato che un’impugnazione è inammissibile quando non contiene una critica specifica e puntuale alle argomentazioni della decisione impugnata, ma si limita a replicare argomenti già disattesi con motivazioni giuridicamente ineccepibili.

3. Il contrasto con la giurisprudenza consolidata

Infine, le tesi giuridiche (enunciati ermeneutici) proposte dal ricorrente si ponevano in palese contrasto con la giurisprudenza consolidata della Cassazione in materia di applicazione del vincolo della continuazione. Non è possibile accogliere un ricorso che ignora o contraddice principi di diritto ormai stabili e riconosciuti.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse privo dei requisiti minimi per essere esaminato. Le argomentazioni presentate non erano idonee a scalfire la solidità logico-giuridica dell’ordinanza impugnata. La richiesta del ricorrente si traduceva in un tentativo, non consentito, di sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La riproposizione di doglianze già respinte, senza una critica specifica al provvedimento impugnato, e la proposizione di tesi contrarie alla giurisprudenza consolidata hanno quindi condotto inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità e non su una diversa interpretazione dei fatti. La presentazione di un ricorso inammissibile non solo è inefficace, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di formulare ricorsi specifici, pertinenti e conformi ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, per evitare un esito processuale sfavorevole e oneroso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché chiedeva un riesame dei fatti (non consentito in Cassazione), riproponeva le stesse censure già respinte dalla Corte d’Appello senza una critica specifica e presentava tesi giuridiche in contrasto con la giurisprudenza consolidata.

Cosa significa che il ricorso chiede un “riesame nel merito”?
Significa che il ricorso non si limita a contestare la violazione di norme di legge da parte del giudice precedente, ma chiede alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove e i fatti del processo per giungere a una conclusione diversa, attività che è preclusa al giudice di legittimità.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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