Inammissibilità Ricorso: Quando la Cassazione non Rivede la Pena
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, confermando un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Con la presente analisi, esploreremo come la Suprema Corte abbia affrontato un caso di inammissibilità del ricorso relativo alla determinazione del trattamento punitivo, delineando i confini tra valutazione di merito e vizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Milano proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata determinazione della pena inflittagli. Il nucleo della doglianza difensiva si concentrava sulla valutazione delle circostanze fattuali, in particolare sostenendo che una parte della sostanza stupefacente detenuta fosse destinata al consumo personale e non allo spaccio. Tale distinzione, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto condurre a un trattamento sanzionatorio più mite.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla constatazione che le censure mosse dal ricorrente non riguardavano vizi di legittimità (come una violazione di legge o un difetto di motivazione manifesto), bensì contestavano la valutazione di merito operata dal giudice d’appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui operato è insindacabile in Cassazione se sorretto da una motivazione sufficiente e non manifestamente illogica.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha specificato che la sentenza impugnata appariva fondata su una ‘corretta e completa valutazione dei parametri di commisurazione’ previsti dall’art. 133 del codice penale. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata ‘sufficiente e non illogica’, frutto di un adeguato esame delle argomentazioni difensive.
Un punto cruciale della motivazione riguarda l’argomento difensivo sulla destinazione della droga. La Cassazione lo ha qualificato come una ‘situazione prospettica utile solo ad una suggestione logica’. In altre parole, la difesa non aveva fornito prove certe per affermare che una parte della sostanza fosse destinata all’uso personale. Di conseguenza, la tesi del ricorrente non era in grado di incrinare la logicità della decisione di merito, che aveva valorizzato la detenzione ai fini di spaccio senza distinzioni.
In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, all’inammissibilità del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per richiedere una nuova e diversa valutazione delle prove o per ottenere semplicemente una pena più favorevole. Il sindacato della Suprema Corte è circoscritto alla verifica della corretta applicazione della legge e della coerenza logica della motivazione. Se il giudice di merito ha esercitato la sua discrezionalità nel determinare la pena all’interno dei limiti edittali e con un percorso argomentativo esente da vizi logici evidenti, la sua decisione non può essere messa in discussione. Per la difesa, ciò significa che le argomentazioni devono essere supportate da elementi concreti e non da mere ipotesi o ‘suggestioni’, soprattutto quando si intende contestare l’apprezzamento dei fatti già compiuto nei gradi di merito.
 
Quando un ricorso in Cassazione sulla determinazione della pena è considerato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando contesta la valutazione discrezionale del giudice di merito sulla pena, se questa è stata decisa con una motivazione sufficiente, non illogica e basata sui parametri legali (come l’art. 133 c.p.), senza limitarsi a chiedere una semplice rivalutazione dei fatti per ottenere uno sconto.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la persona che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, l’importo è stato fissato in tremila euro.
È sufficiente sostenere in Cassazione che parte della droga fosse per uso personale per ridurre la pena?
No, secondo questa ordinanza non è sufficiente. Se tale affermazione è presentata come una mera ‘suggestione logica’ o una situazione ipotetica, senza prove concrete che possano mettere in crisi la valutazione già fatta dal giudice di merito, essa non è idonea a rendere ammissibile il ricorso, poiché si traduce in una richiesta di nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6914 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6914  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COGNOME‘ il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza i epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché afferente alla determinazione del trattamento punitivo benché la sentenza impugnata, ancor più considerando il modestissimo scarto applicato rispetto ai limiti edittali, appare fondata su una corretta e completa valutazione dei parametr commisurazione dettati dall’ad 133, valutati con motivazione sufficiente e non illogica frutto adeguato esame delle deduzioni difensive, non messa in crisi dal tenore del ricorso ( espressione peraltro di una situazione prospettica utile solo ad una suggestione logica, non potendosi affermare con certezza che parte della droga detenuta sarebbe stata necessariamente destinata al consumo personale e non al commercio illecito valorizzato senza distinzioni di sorta i sentenza) :
rileho che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 10 novembre 2023.