Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24127 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Data Udienza: 07/02/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi presentati da:
Perlingieri NOMECOGNOME nato a Scafati il 10/06/1982;
Da NOME NOMECOGNOME nato a Farra di Soligo 20/05/1966,
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 26/03/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr.
NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
dato atto che, per gli imputati, nessuno Ł presente.
PREMESSO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 26/03/2024, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Monza del 22/09/2021, che aveva condannato COGNOME NOME e COGNOME NOME DomenicoCOGNOME in ordine al delitto di cui agli articoli 73-80 d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 40.000,00 di multa.
Avverso la sentenza di appello gli imputati propongono separati ricorsi per cassazione.
Il ricorso presentato dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torre Annunziata, per COGNOME NOMECOGNOME
3.1. Con il primo motivo lamenta vizio di motivazione per motivazione apparente in riferimento al motivo di gravame con cui si chiedeva un trattamento sanzionatorio piø mite alla stregua del comportamento processuale dell’imputato, che ha ammesso gli addebiti e ha mostrato ravvedimento. La Corte territoriale, quanto alle circostanze attenuanti generiche, si Ł limitata a
ritenere tale confessione subvalente rispetto alla gravità del fatto e alla intensità del dolo, senza indicare il motivo.
Analogo vuoto motivazionale sussiste in riferimento ai criteri di cui all’articolo 133 cod. pen..
3.2. Con il secondo motivo lamenta vizio per illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, laddove si Ł ritenuta assente la manifestazione di ravvedimento, ritenendo la confessione una mera scelta strategica processuale, comunque ritenuta subvalente rispetto ai solidi elementi di prova già noti all’imputato.
Da un lato si ritiene quindi assente il ravvedimento, dall’altro esistente ma suvvalente, con evidente contraddizione.
3.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione di legge in relazione all’articolo 80 d.P.R. 309/1990, per aver ritenuto a carico del ricorrente Kg. 1.042 di hashish con principio attivo pari al 7,5%, a fronte di attività tecniche che invece confermano che a carico del ricorrente vi erano solo 32-33 kg. di sostanza, nonchØ vizio di motivazione e motivazione apparente rispetto alle considerazioni sviluppate nella memoria difensiva, i cui contenuti si riportano integralmente.
Il ricorso presentato dall’Avv. NOME COGNOME, del Foro di Roma, per COGNOME NOMECOGNOME
4.1. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge in relazione all’articolo 80 d.P.R. 309/1990, per non avere dichiarato la inutilizzabilità delle consulenze tossicologiche di cui alla sentenza irrevocabile di patteggiamento (acquisita ex art. 238bis cod. proc. pen.) emessa dal GUP del Tribunale di Monza il 23/07/2015 a carico degli autisti del carico, COGNOME e COGNOME.
Tale acquisizione Ł incompatibile con il rito contratto incondizionato prescelto dagli imputati, dovendosi ritenere che il potere del giudice ex art. 441, comma 5, cod. proc. pen., non possa svolgersi in assenza di impulso di parte, risolvendosi, in caso contrario, in una attività di integrazione di indagine.
Inoltre, la sentenza acquisita ai sensi dell’articolo 238bis del codice di rito, non può ritenersi alla stregua di una fonte di prova del fatto.
Ancora, la perizia tossicologica differisce dal c.d. ‘narcotest’: il primo non richiede il rispetto dei canoni di cui all’articolo 360 cod. proc. pen., la seconda si, e nel caso in esame la difesa non ha potuto godere delle garanzie assicurate dalla legge per gli atti irripetibili.
4.2. Con il secondo motivo, lamenta vizio di motivazione in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza.
La sentenza ritiene che la confessione resa dal COGNOME fosse meramente opportunistica e resa solo nel giudizio di appello, laddove egli ha ammesso gli addebiti fin dalla prima udienza dinanzi al GIP di Milano, dichiaratosi poi incompetente.
Non ha inoltre tenuto conto della personalità dell’imputato, non gravato da precedenti specifici, e dell’enorme lasso di tempo intercorso tra il fatto e la risposta sanzionatoria.
Il ricorso presentato dall’Avv. NOME COGNOME del Foro de L’Aquila, per NOME COGNOME NOME.
5.1. Con il primo motivo lamenta mancanza e vizio di motivazione in riferimento alla insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi per la configurabilità della violazione degli articoli 73 e 80 d.P.R. 309/1990, nonchØ dell’aggravante dell’ingente quantità.
Non vi Ł in atti alcuna perizia sullo stupefacente, che potrebbe contenere anche irrisorie quantità di principio attivo; inoltre, la motivazione in punto di colpevolezza Ł generica, prestandosi, il tenore delle conversazioni intercettate, a versioni alternative altrettanto plausibili (come il riferimento alla «nuova bici»); mancano inoltre sia le fotografie dei sacchi di iuta che contenevano lo stupefacente che gli esiti dell’attività ispettiva sul camion, elementi indispensabili per dimostrare la partecipazione del Da Rold alla vicenda.
Quanto alla sentenza acquisita ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen., ritiene il ricorrente che non possa omettersi un riguardo al tipo di rito scelto dai coimputati: Ł infatti evidente che nel patteggiamento manca l’assunzione della prova in contraddittorio e manca perfino una statuizione di colpevolezza in senso tecnico.
Depurato il quadro probatorio dal contenuto della sentenza acquisita, rimarrebbe in piedi solo la c.d. ‘droga parlata’, ma anche qui non vi sarebbe alcuna certezza, visto che si parla solo di un viaggio, delle fatture, dei documenti.
4.2. Con il secondo motivo lamenta mancanza di motivazione (pag. 56, par. 4.6) in riferimento all’omesso riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 114 cod. pen.: la Corte territoriale non ha considerato che il Da Rold era un mero tramite privo di qualsiasi potere direttivo. 4.3. Con il terzo motiva lamenta mancanza e contraddittorietà della motivazione (pag. 56, par. 4.7) in riferimento alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale negato le attenuanti generiche senza considerare gli elementi di positiva valutazione e irrogando al ricorrente la medesima quantità di pena del correo.
4.4. Con il quarto motivo lamenta vizio di motivazione in riferimento alla errata confisca dei beni del ricorrente e dei familiari dello stesso (pag. 58, par. 4.8).
In primo luogo, la Corte ha errato a dichiarare inammissibile la richiesta di revoca della confisca avanzata del Da COGNOME in riferimento ai beni sequestrati ai propri familiari, essendo il Da COGNOME perfettamente legittimato in tal senso.
In secondo luogo, sono stati sottoposti a confisca anche quattro conti correnti accesi dopo il fatto, nel 2017, in aperta violazione del principio della necessaria ‘prossimità temporale’ della confisca. Da ultimo, la Corte territoriale si Ł limitata a riportare l’esito degli accertamenti della Guardia di Finanza, senza considerare le deduzioni difensive, da cui si evincevano introiti del nucleo familiare (complessivi euro 384.673,48) molto maggiori di quelli indicati dagli operanti, cui vanno aggiunti i beni patrimoniali.
Il ricorrente contesta, inoltre, l’utilizzo del calcolo ISTAT ai fini di valutare le spese medie del nucleo familiare.
In data 17 gennaio 2025, l’Avv. NOME COGNOME del Foro de L’Aquila, per Da Rold, depositava conclusioni scritte in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
In data 28 gennaio 2025, il COGNOME depositava nomina dell’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torre Annunziata, con sostituzione di ogni altro difensore.
L’Avv. COGNOME contestualmente, formulava richiesta di rinvio per legittimo impedimento, derivante sia da concomitante impegno professionale in difesa di imputato detenuto dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, sia dalla necessità di studiare il fascicolo.
La Corte, d’ordine del Presidente, acquisiva gli atti relativi al processo penale n. 3305/2024, a carico di NOME COGNOME in corso di celebrazione dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata.
In data odierna, in cui nessuno Ł comparso, il Procuratore generale ha chiesto di rigettarsi l’istanza di rinvio per legittimo impedimento presentata dall’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME in quanto tardiva e non documentata in ordine alla possibilità di essere sostituito.
RITENUTO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Preliminarmente, il Collegio ritiene di dover disattendere la richiesta di rinvio avanzata dalla difesa
Perlingieri.
In primo luogo, si richiama l’indirizzo della Corte di cassazione secondo cui, nel giudizio per cassazione, nel caso di revoca del precedente difensore e di nomina di uno nuovo verificatesi nell’immediatezza della celebrazione del processo, non Ł consentita la concessione di un termine a difesa poichØ, in tale giudizio, l’intervento del difensore Ł meramente eventuale per i procedimenti che si celebrano in pubblica udienza ed Ł escluso per quelli in camera di consiglio in cui il contraddittorio, salvo che sia diversamente disposto, Ł meramente cartolare (Sez. 5, n. 2655 del 05/10/2021, dep. 2022, Rv. 282647 – 01, con richiamo a conformi).
Analogamente, questa Corte ritiene che il termine a difesa di cui all’art. 108 cod. proc. pen. Ł funzionale ad assicurare una difesa effettiva e non determina il diritto dell’imputato ad ottenere il rinvio dell’udienza in ogni caso di nomina tardiva (quale quella del caso in esame), dovendo il diritto di difesa essere bilanciato con il principio della ragionevole durata del processo ed esercitato senza trasformare le nomine e le revoche dei difensori in un sistema di controllo delle scansioni e dei tempi del processo (Sez. 4, n. 4928 del 27/10/2022, dep. 2023, Rv. 284094 – 01).
In secondo luogo, quanto al concomitante impegno professionale dedotto, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, «Ł onere del difensore che presenta istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dare giustificazione della mancata nomina di un sostituto, la cui doverosità Ł desumibile, oltrechØ da ragioni d’ordine sistematico, dall’ultimo periodo dell’art. 420ter , comma quinto, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 47584 del 15/10/2014, M., Rv. 261251 – 01), essendosi poi precisato che tale onere incombe sul difensore nel solo caso di concomitante impegno professionale (come nel caso in esame) e non anche per ragioni di salute debitamente documentate (Sez. U, n. 41432 del 21/07/2016, NOME COGNOME, Rv. 267748 – 01; Sez. 6, n. 7997 del 17/06/2014, dep. 2015, Seck, Rv. 262389; Sez. 5, n. 29914 del 01/07/2008, COGNOME, Rv. 240453; Sez. 6, n. 32699 del 11/04/2014, R., Rv. 262074; Sez. 1, n. 47753, del 09/12/2008, COGNOME, Rv. 242489).
Ciò, aggiunge il Collegio, soprattutto nel caso in esame, in cui, dagli atti acquisiti presso la cancelleria del Tribunale di Torre Annunziata, emerge che nel processo a carico di COGNOME NOME, all’udienza del 14 gennaio 2025, in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME era presente l’Avv. NOME COGNOME.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, pertanto, sotto entrambi i punti di vista l’istanza di rinvio deve essere disattesa: per un verso, infatti, la nuova nomina Ł stata tardivamente depositata presso questa Corte; per altro verso, non viene in alcun modo dedotto il motivo per cui, nel concomitante impegno professionale, non sia stato possibile procedere a nomina di un sostituto processuale ex art. 102 cod. proc. pen..
Ciò premesso, il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME Ł inammissibile.
2.1. I primi due motivi, in cui il ricorrente si duole del trattamento sanzionatorio, possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente infondati, avendo la Corte territoriale condiviso (pag. 57) il percorso argomentativo della prima sentenza nella parte in cui ha escluso la riconoscibilità delle circostanze attenuanti generiche, alla luce:
della quantità di stupefacente importato (10 quintali) e delle stesse modalità di importazione (occultamento dentro un vano posticcio ricavato nel pianale del camion), che denotano una non estemporaneità della condotta;
del fatto che si trattava di una rodata attività (v. pag. 19), nonchØ:
della ferma intenzione, emersa dalle intercettazioni telefoniche, di riprendere immediatamente l’attività di importazione (v. pag. 50),
elementi solidi a fronte dei quali la scelta confessoria del COGNOME, limitata a ciò che costituiva
oggetto di limpida prova e già oggetto di discovery , non può che considerarsi subvalente.
Tale motivazione non appare manifestamente illogica, rientrando tale giudizio nell’ambito della discrezionalità accordata al giudice nell’irrogazione del trattamento sanzionatorio.
Va infatti rammentato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ø piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)»; analogo orientamento può ribadirsi in relazione all’esercizio del potere discrezionale ex art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
2.2. Il terzo motivo Ł inammissibile in quanto meramente rivalutativo del materiale probatorio già oggetto di concorde valutazione da parte di entrambi i giudici dei due gradi di merito, nonchØ reiterativo di analogo profilo di censura già sollevato in primo grado (v. pag. 5 della sentenza impugnata, in cui si riporta la motivazione della prima sentenza a confutazione della doglianza difensiva) e in grado di appello, in cui la Corte territoriale sconfessa l’assunto dei ‘soli’ 33 chili di stupefacente, ritenendo la censura generica e ‘fantasiosa’, in quanto smentita dalle evidenze processuali, da cui emergeva che nel sottofondo del pianale insistevano si 33 sacchi pieni di panetti di hashish , ma anche moltissimi altri panetti di stupefacente distribuiti alla rinfusa (pag. 31) nel pianale nascosto, e che il COGNOME (e quindi il COGNOME, che ne dirigeva l’azione) fosse perfettamente a conoscenza dell’imponenza del carico, posto che l’autista COGNOME aveva impiegato piø di due ore a stipare lo stesso nel sottofondo del camion (pag. 55), tempo certo incompatibile con i soli trentatrØ sacchi citati dal ricorrente.
Il ricorso presentato dall’Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOME Ł inammissibile. La premessa, che non Ł confluita nei motivi di ricorso in seguito articolati, relativa alla riconducibilità al Perlingieri di soli 32-33 chili di stupefacente, Ł inammissibile per le ragioni evidenziate al par. 2.2. acquisita da altro procedimento connesso, e della stessa sentenza emessa in tale procedimento, Ł
3.1. La prima doglianza articolata, relativa alla inutilizzabilità della perizia sullo stupefacente manifestamente infondata.
3.1.1. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la giurisprudenza di legittimità Ł pacifica nel ritenere che il potere di integrazione probatoria ex officio attribuito al giudice dall’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. «Ł preordinato alla tutela dei valori costituzionali che devono presiedere, anche nei giudizi a prova contratta, all’esercizio della funzione giurisdizionale e risponde, pertanto, alle medesime finalità cui Ł preordinato il potere previsto dall’art. 507 cod. proc. pen. in dibattimento» (Sez. 5, n. 2672 del 22/11/2018, dep. 2019, Rv. 274594 – 01; Sez. 6, n. 2164 del 12/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274845 – 01).
Il potere di integrazione probatoria ex officio quindi, anche in caso di rito abbreviato ‘secco’, «non necessita di una specifica motivazione»; inoltre, il thema probandum non coincide con i mezzi di prova o di ricerca della stessa attivati dalle parti (Sez. 5, n. 18264 del 29/01/2019, S., Rv. 276246 01).
Questa Corte ritiene poi che «il potere del giudice di appello di disporre d’ufficio i mezzi di prova ritenuti assolutamente necessari per l’accertamento dei fatti che formano oggetto della decisione
non Ł soggetto a limiti temporali e può intervenire in qualunque momento e fase della procedura, purchØ sia garantito il diritto al contraddittorio» (Sez. 3, n. 4186 del 21/09/2017, dep. 2018, I, Rv. 272459 – 01), «anche nel corso della discussione o addirittura dopo il termine di essa» (Sez. 5, n. 18264 del 29/01/2019, cit.).
Inoltre, in caso di assunzione di ufficio di nuovi mezzi di prova (ai sensi degli artt. 507, 603 o 441, comma 5, cod. proc. pen.), Ł riconosciuto alle parti il diritto alla prova contraria, ma, perchØ la relativa richiesta sia ammissibile, e l’eventuale rigetto possa costituire motivo di doglianza in sede di legittimità, Ł necessario che la parte indichi specificamente le circostanze di fatto su cui deve vertere la nuova indagine istruttoria che, a differenza di quella articolata sui temi indicati dalle parti, deve riferirsi ai fatti ed ai temi sui quali il giudice ha ritenuto indispensabile il supplemento istruttorio (Sez. 1, n. 18215 del 11/12/2018, dep. 2019, Ammendola, Rv. 276527 – 01), ciò che, nel caso in esame, il ricorrente ha omesso.
Nel caso di specie, pertanto, la parte non può dedurre l’illegittimità della decisione del GUP di integrare le prove, nØ, d’altro canto, può negarsi alla perizia sullo stupefacente la natura di elemento di prova, posto che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, il c.d. ‘narcotest’ Ł sufficiente per stabilire l’effettiva natura stupefacente di una determinata sostanza, ma per valutare l’entità o indice di tali principi attivi, occorre procedere a perizia chimica tossicologica sulla sostanza stessa (Sez. 3, n. 22498 del 17/03/2015, COGNOME, Rv. 263784 – 01; Sez. 6, n. 6069 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269007 – 01; Sez. 6, n. 2599 del 14/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282680 – 01). 3.1.2. La sentenza di patteggiamento, legittimamente acquisita ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen. (v. Sez. 5, n. 12344 del 05/12/2017, dep. 2018, COGNOME Rv. 272665 – 01, secondo cui «la sentenza di patteggiamento può essere utilizzata a fini probatori in altro procedimento penale, ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen., stante la sua equiparazione legislativa ad una sentenza di condanna, quanto al ‘fatto’ ed alla sua attribuibilità») Ł poi pienamente utilizzabile quale prova a carico degli odierni ricorrenti, così come la perizia ivi contenuta, non applicandosi il divieto di cui all’articolo 238, comma 2bis , se non agli atti a contenuto dichiarativo.
La sentenza citata dal ricorrente (Sez. 4, n. 51950 del 15/11/2016, Peano, Rv. 268694 – 01, secondo cui «la richiesta di giudizio abbreviato c.d. ‘secco’, di cui all’art. 438, comma primo, cod. proc. pen., comporta la definizione del processo allo stato degli atti, che determina la formazione della res iudicanda sulla base del quadro probatorio già esistente; ne consegue che nessuna prova, documentale od orale, può essere successivamente acquisita, salva la facoltà dell’imputato, ammesso al giudizio abbreviato, di sollecitare il giudice all’esercizio dei poteri di cui all’art. 441, comma quinto, cod. proc. pen.»), si riferiva ad un caso in cui l’imputato, ammesso all’abbreviato ‘secco’ dopo l’opposizione a decreto penale di condanna, si doleva della mancata acquisizione al fascicolo processuale di un verbale di dichiarazioni assunte dal difensore nella forma prevista dall’art. 391bis cod. proc. pen., prima della richiesta di ammissione al rito contratto, ma non depositate nel fascicolo del pubblico ministero, laddove la Corte ha precisato che già con l’opposizione il procedimento speciale era stato ammesso e che la produzione di documenti ben può avvenire, ma solo «prima» della richiesta di giudizio abbreviato (Sez. 5, sent. n. 6777 del 09/02/2006, COGNOME, Rv.233829).
Il riferimento a detta sentenza Ł pertanto del tutto inconferente rispetto al caso in esame.
3.1.3. La censura secondo cui la perizia sullo stupefacente, essendo un atto irripetibile, non sarebbe utilizzabile nei confronti degli odierni imputati, che non hanno partecipato alle operazioni con le garanzie di cui all’articolo 360 cod. proc. pen., Ł poi inammissibile per genericità.
Ed infatti, l’accertamento tossicologico sullo stupefacente Ł sempre ripetibile, anche ove si sia proceduto, previa estrazione dei campioni con le modalità di cui all’articolo 87 d.P.R. 309/1990, alla distruzione dello stesso, ben essendo possibile procedere a nuove analisi sui campioni conservati ai
sensi del successivo articolo 88 t.u.s..
Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non deduce neppure la avvenuta distruzione dello stupefacente sequestrato, rendendo in ogni caso il motivo di ricorso aspecifico e quindi inammissibile.
3.2. Il secondo motivo, in cui si lamenta vizio di motivazione in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza, Ł manifestamente infondato per le ragioni già espresse al par. 2.1, cui si rinvia.
Il Collegio aggiunge che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri – come nel caso di specie – di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014, COGNOME e altri, Rv. 260415).
In ogni caso, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 1, n. 17494 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279181).
E’ pertanto irrilevante l’epoca di ammissione degli addebiti, in quanto tale deduzione non sposta i termini del ragionamento seguito dai giudici del merito al fine di ritenere la stessa ammissione subvalente rispetto alla gravità dei fatti.
4. Il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME Ł inammissibile.
4.1 Il primo motivo Ł sostanzialmente sovrapponibile a quello del coimputato COGNOME, analizzato al par. 3.1, alle cui motivazioni si rinvia per la declaratoria di inammissibilità (sia per quanto concerne la dedotta inutilizzabilità della perizia sullo stupefacente che in ordine alla natura meramente fattuale e rivalutativa della censura in punto di numero dei sacchi riconducibili agli imputati, alla attività ispettiva svolta sul camion e alle fotografie dei sacchi di iuta rinvenuti).
4.2. Il secondo motivo Ł inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte Ł consolidata nel ritenere che l’art. 114 cod. pen. si applichi laddove l’apporto del correo risulti obbiettivamente così lieve da apparire, nell’ambito della relazione eziologica, quasi trascurabile e del tutto marginale (Sez. 2, n. 46588 del 29/11/2011, NOME COGNOME, RV. 251223; n. 9491 del 07/06/1989, COGNOME, RV. 184773; Sez. 6, n. 3053 del 27/10/1981, Stipo, RV. 152864).
In tema di concorso di persone nel reato, infatti, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non Ł sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri quanto, piuttosto, Ł necessario che il contributo sia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell”iter’ criminoso (Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P, Rv. 274037; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi e altro, Rv. 254051; Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266461), ovvero accessorio nel generale quadro del percorso criminoso di realizzazione del reato. (Sez. 6, n. 24571 del 24/11/2011, dep. 2012, Piccolo e altro,
Rv. 253091)
In tale corretto contesto, nel caso di specie, i giudici di appello, con motivazione adeguata e coerente hanno condiviso quanto già indicato nella sentenza di primo grado, ritenendo a pagina 56 che la richiesta difensiva di applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen.
dovesse essere disattesa, evidenziando che, alla luce del fatto come ricostruito nelle pagine precedenti, la figura del Da COGNOME doveva ritenersi tutt’altro che marginale, avendo lo stesso apportato un contributo imprescindibile nella commissione del reato contestato: era lui, infatti:
a tenere costantemente informato il COGNOME sull’andamento del viaggio con lo stupefacente;
a tenere i contatti con gli autisti del carico durante il trasporto;
ad inviare denaro alle famiglie degli autisti (sia per le spese legali che per il mantenimento) dopo l’arresto;
a darsi da fare, dietro espresso incarico da parte del COGNOME, per trovare una nuova macchina per fare un altro carico di stupefacenti (v. pag. 50).
Il motivo, che non si confronta criticamente con la ampia e rassicurante motivazione della Corte distrettuale, Ł quindi inammissibile per genericità estrinseca.
4.3. Il terzo motivo, relativo all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, Ł inammissibile per le ragioni illustrate ai parr. 2.1 e 3.2, cui il Collegio rinvia in ordine alla sufficienza, in ragione della particolare gravità del fatto, della indicazione della mera assenza di positivi elementi di valutazione (v. pag. 57 sentenza impugnata).
4.4. Il quarto motivo, relativo alla confisca, Ł inammissibile per genericità.
4.1. Ed infatti, in disparte la questione relativa alla legittimazione del Da COGNOME ad impugnare il provvedimento di confisca disposto nei confronti dei suoi familiari in ragione della sua irrilevanza (per quanto si dirà), il ricorrente non si confronta con il provvedimento impugnato, il quale, a pag. 58, evidenzia come (il corsivo Ł del Collegio) «condividendo le opinioni infatti piø volte espresse dal Tribunale del riesame adito , la Corte rileva che in base agli accertamenti economici eseguiti dalla Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli, riportati nell’informativa citata e secondo i calcoli dalla stessa eseguiti, anche in relazione alle specifiche doglianze difensive, con integrazione del 16/09/2016 , il Da COGNOME e i suoi familiari erano in una situazione economico finanziaria negli anni che vanno dal 2000 al 2015 sempre sperequata», mentre a pagina 62, in riferimento agli acquisti di beni, a pagina 62 rinvia alla relazione a firma dell’amministratore giudiziario, Dr. COGNOME del 3 ottobre 2016 ; infine, a pagina 63, rinvia al provvedimento genetico di sequestro, che richiama le due informativa della G. di F. del 22 marzo 2016 e del 19 giugno 2016 , oltre alla relazione dell’amministratore giudiziario .
Nella stessa pagina 58 si legge inoltre che nessuno dei conti correnti sequestrati con decreto del GIP di Monza e poi confiscati Ł stato acceso dopo il 2015.
La sentenza evidenzia inoltre la modesta del reddito percepito dal Da COGNOME fino al 2006 e l’assenza di redditi dichiarati dal 2006 al 2011, mentre alla successiva pagina 59 analoga considerazione svolge in relazione ai singoli componenti del nucleo familiare.
Con tali affermazioni, nonchØ con i contenuti delle informative e delle relazioni dianzi richiamate, il ricorrente evita totalmente di confrontarsi, limitandosi a riproporre le censure già reiteratamente dedotte, omettendo sia di allegare i provvedimenti del Riesame – almeno a confutazione – citati in sentenza, che i contenuti delle informative e delle relazioni dell’A.G. sopra elencate, difettando in tal modo della necessaria specificità e autosufficienza.
A pagina 60, poi, evidenzia la sentenza che – nonostante le copiose produzioni difensive – l’analisi delle capacità reddituali di NOME COGNOME e dei famigliari esclude la dimostrazione in positivo di una provenienza lecita delle disponibilità economiche e delle provviste poste a fondamento delle acquisizioni patrimoniali.
Anche in questo caso, le dedotte censure non vanno oltre la deduzione di ipotesi ricostruttive differenti e alternative, non supportate da adeguato corredo documentale nØ assistite da confronto critico con il provvedimento impugnato.
4.2. Del pari, la dedotta inapplicabilità degli indici ISTAT al fine di documentare il tenore di vita per le
spese ordinarie del nucleo familiare si scontra con la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, n. 36833 del 28/09/2021, COGNOME, Rv. 282361 – 01), secondo cui «in tema di confisca di prevenzione, ai fini della valutazione della sproporzione tra redditi dichiarati e valore degli acquisti effettuati, le spese di sostentamento del nucleo familiare del proposto, che determinano il reddito netto rilevante per la capacità di acquisto, possono essere desunte anche dalle analisi ISTAT» (in motivazione la Corte ha precisato che le elaborazioni statistiche forniscono un risultato di tipo essenzialmente indiziario circa l’effettività delle spese, restando a carico della parte interessata l’onere dimostrativo della propria capacità di investimento).
Come Ł stato in altra pronuncia evidenziato (Sez. 1, n. 349 del 15/06/2017, dep. 2018, Bosco, Rv. 271996 – 01, non massimata sul punto), il reddito rilevante al fine di ritenere esistente la capacità di acquisto va inteso nella «redditività netta», posto che il valore da porre in comparazione con le spese sostenute per gli acquisti Ł rappresentato dalla «quota di risparmio», ossia da ciò che risulta disponibile operato lo scorporo delle spese di sostentamento e mantenimento del tenore di vita.
Al fine di quantificare tali spese di sostentamento, il giudice (con giudizio di merito non sindacabile in sede di legittimità ove i criteri adoperati non risultino manifestamente illogici o incongrui) può «far riferimento ad indicatori tratti dalle pubblicazioni statistiche dell’ISTAT, al fine di determinazione presuntiva delle spese di mantenimento nella zona interessata».
Tale procedura valutativa «non Ł dunque fondata su ipotesi arbitrarie, bensì su osservazioni affidabili dei comportamenti collettivi, tale essendo l’ordinario compito dell’Ente in questione (sulla legittimità del metodo, v. anche Sez. 1, n. 52058 del 10/06/2014; Sez. 5, n. 20743 del 07/03/2014; Sez. 4, n. 4110 del 7.12.2012, Rv. 255079)».
E’ evidente che dette elaborazioni matematiche di osservazioni massive dei comportamenti forniscono un risultato di tipo essenzialmente indiziario circa l’effettiva spesa sostenuta dal nucleo familiare in esame, ma – ed Ł questo il punto focale – da un lato la norma azionata non Ł norma incriminatrice ma norma facoltizzante una confisca che presenta caratteri simili (per la parte in sproporzione) alla confisca di prevenzione (che, pertanto, tollera ampiamente l’utilizzo di criteri indiziari quanto alla determinazione delle entità da porre in comparazione ai fini della sproporzione) e, dall’altro, pone in capo alla parte interessata un preciso onere dimostrativo in punto di ricostruzione della capacità di investimento (la giustificazione della provenienza).
Dunque, il ricorso alle medie statistiche risulta – in tale ambito – del tutto legittimo, sempre che i contenuti economici non siano ‘smentiti’ nel caso concreto.
Sul punto, tuttavia, il ricorso pecca di genericità, omettendo di indicare, se non in via meramente ipotetica, scelte e percorsi di vita e di sussistenza quotidiana alternative.
4.3. La doglianza relativa alla insussistenza della c.d. «ragionevolezza temporale», d’altro canto, se pure astrattamente ammissibile, dall’incontestato riepilogo dei motivi di appello risulta essere stata dedotta solo con il ricorso per cassazione, con conseguente tardività.
¨ infatti inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di appello, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (v., ex multis , Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, n.m.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME n.m.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, COGNOME, Rv. 259066).
I ricorsi in conclusione vanno dichiarati inammissibili.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle
spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 07/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME