Inammissibilità ricorso in Cassazione: quando l’appello è solo una copia
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di un’impugnazione che non presenta nuovi argomenti, ma si limita a riproporre questioni già decise. Comprendere i criteri di inammissibilità del ricorso è fondamentale per evitare non solo una sconfitta legale, ma anche ulteriori sanzioni economiche. Il caso in esame riguarda due soggetti condannati in Appello che hanno tentato la via del ricorso in Cassazione, vedendoselo respingere perché meramente ripetitivo.
I Fatti del Caso
Due individui, condannati dalla Corte d’Appello di Bari, hanno presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. Il primo contestava il riconoscimento della recidiva, ovvero l’aggravante legata alla commissione di un nuovo reato da parte di chi era già stato condannato in passato. Il secondo, invece, lamentava l’eccessività della pena che gli era stata inflitta.
La Corte di merito aveva già valutato e respinto queste argomentazioni, fornendo motivazioni dettagliate. Nonostante ciò, i difensori hanno deciso di riproporre le medesime questioni davanti ai giudici di legittimità, sperando in un esito diverso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale: i ricorsi non superano il vaglio di ammissibilità perché mancano dei requisiti essenziali per essere esaminati.
Di conseguenza, la Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro ciascuno in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale quando non si ravvisa un’assenza di colpa nella causa di inammissibilità.
Le Motivazioni: l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza
Il cuore della decisione risiede nella natura dei ricorsi presentati. La Cassazione ha stabilito che questi erano ‘meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi’. In altre parole, gli avvocati non hanno introdotto nuovi elementi di diritto o vizi logici nella sentenza impugnata, ma si sono limitati a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello.
Per quanto riguarda il primo ricorrente, i giudici hanno confermato la correttezza della valutazione sulla recidiva. La Corte d’Appello aveva giustificato la mancata esclusione dell’aggravante sulla base di un precedente penale specifico e prolungato nel tempo, relativo a numerosi episodi di spaccio. La nuova violazione, per la sua vicinanza temporale, era stata correttamente interpretata come espressione di una ‘più accentuata pericolosità’.
Per il secondo ricorrente, la pena era stata considerata adeguata in ragione dei suoi ‘numerosi e variegati precedenti penali, anche specifici’. La valutazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica e non censurabile in sede di legittimità.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Presentare un ricorso che si limita a ripetere le stesse doglianze già respinte, senza evidenziare vizi specifici previsti dalla legge, conduce inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Le conseguenze pratiche sono severe: la sentenza di condanna diventa definitiva e si aggiunge una sanzione pecuniaria. Questo provvedimento serve da monito: un’impugnazione deve essere fondata su solidi argomenti giuridici, non sulla speranza di una riconsiderazione del merito.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
La Corte li ha dichiarati inammissibili perché erano meramente riproduttivi di argomenti già esaminati e respinti con motivazioni corrette e logiche dalla Corte di merito, senza presentare nuovi e validi profili di censura.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se non si ravvisa un’assenza di colpa, anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Come è stata giustificata la conferma della recidiva contestata da uno dei ricorrenti?
La Corte ha ritenuto corretta la motivazione della Corte d’Appello, che ha basato la sussistenza della recidiva specifica su un precedente penale specifico e prolungato nel tempo, considerando il nuovo reato come espressione di una più accentuata pericolosità sociale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11517 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11517 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il 14/09/1991
COGNOME nato a RODI GARGANICO il 26/01/1961
avverso la sentenza del 18/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che i ricorsi proposti nell’interesse l’uno di NOME COGNOME che contesta sussistenza della recidiva, l’altro di NOME COGNOME che lamenta l’eccessività della pen inflitta, sono inammissibili perché meramente riproduttivi di profili di censura adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di merito, quale, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica – e quindi non censurabile in sede di legittimità -, ha adeguatamente giustificato sia la mancata esclusione della recidiv specifica contestata al COGNOME in considerazione del precedente penale specifico e prolungato nel tempo, essendo relativo a numerosi episodi di cessioni in cui l’imputato era stato vist direttamente dalla p.g. oppure ascoltato sull’utenza da lui utilizzata ed oggetto intercettazione, sicché l’ennesima violazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, proprio per vicinanza temporale, è stata ritenuta esplicazione di una più accentuata pericolosità; sia mancata riduzione della pena inflitta al Mongelluzzi, in considerazione dei numerosi e variegat precedenti penali, anche specifici;
stante l’inammissibilità dei ricorsi e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inamrnissibil4 i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di € 3.000,00 in favore della tassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025.