Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28921 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28921 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BENEVENTO il 18/09/1948
avverso la sentenza del 11/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Benevento, con cui è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 81 e 612 cod. pen.;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso – che deduce la violazione delle norme processuali con riferimento all’art. 23-bis della legge del 18 dicembre 2020, n. 176 – è manifestamente infondato, prospettando enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la consolidata giurisprudenza di legittimità. Invero, questa Corte ha più volte affermato che il deposito tardivo delle conclusioni scritte del procuratore generale al difensore dell’imputato non integra di per sé una nullità di ordine generale per violazione del diritto di difesa, in quanto, stante il carattere tassativo delle nullità e l’assenza di una sanzione processuale per tale ipotesi, è necessario specificare il concreto pregiudizio derivatone alle ragioni della difesa (Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664 – 01; Sez. 7, ord. n. 32812 del 16/03/2023, COGNOME, Rv. 285331). Nel caso di specie, la Corte di appello non ha tenuto conto delle conclusioni avanzate dalla Procura al fine di assumere la decisione (v. Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664 – 01), sicché non può dirsi configurato alcun pregiudizio al diritto di difesa;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – che deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità per il reato ascritto – non è consentito dalla legge in sede di legittimità, in quanto costituito da mere doglianze in punto di fatto, diretto a prefigurare una rivalutazione e/o una rilettura alternativa delle fonti probatorie, senza un adeguato confronto, critico ed effettivo, con la motivazione della gravata sentenza. Sul punto, occorre ribadire che la mancanza di specificità del motivo va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità per violazione dell’art. 591 comma 1, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, COGNOME, Rv. 260608 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01; Sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, COGNOME, n. m.).
Ritenuto che il terzo motivo di ricorso – con cui l’imputato lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine alla sussunzione del fatto nel reato di minaccia lieve – è inammissibile, in quanto costituito da mere doglianze in punto di fatto, le quali si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito con motivazione esente dai dedotti vizi;
Ritenuto che il quarto motivo di ricorso – con cui l’imputato lamenta violazione di legge per non essere stata dichiarata l’incompetenza della Corte di appello a seguito di riqualificazione del fatto nel reato di minaccia lieve – è manifestamente infondato ed inammissibile, prospettando enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di reati di competenza del giudice di pace e perpetuati° iurisdictionis (Sez. U, n. 28908 del 27/09/2018, dep. 2019, Balais, Rv. 275869 – 01), correttamente citata dalla Corte di appello (si veda, al riguardo, pagina 4 del provvedimento impugnato);
Ritenuto che il quinto motivo di ricorso – con cui l’imputato lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. – è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale reso adeguate ragioni in merito al diniego dell’invocata causa di esclusione della punibilità, evidenziando, in particolare, le modalità della condotta e la significatività del danno o del pericolo scaturente dalle reiterate minacce (cfr. (Sez. 3, n. 50782 del 26/09/2019, COGNOME Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Rilevato che sono pervenute tempestivamente conclusioni e nota spese nell’interesse della parte civile;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 1800,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna altresì l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 1800,00, oltre
accessori di legge.
Così deciso il 25/06/2025.