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Inammissibilità ricorso in Cassazione: i motivi nuovi

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un’imprenditrice condannata per reati fiscali. La decisione si fonda sul principio che non è possibile introdurre per la prima volta in sede di Cassazione un motivo di doglianza – in questo caso, relativo all’elemento soggettivo del reato – che non era stato precedentemente sollevato nei motivi di appello. Tale tardività processuale comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, confermando la regola della devoluzione dei motivi di impugnazione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso in Cassazione: Il Pericolo dei Motivi Nuovi

L’esito di un processo penale dipende non solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’inammissibilità ricorso in Cassazione per motivi non sollevati nel precedente grado di appello. Questa decisione offre uno spunto cruciale per comprendere come strutturare una difesa efficace in ogni fase del giudizio.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione IVA Sotto Accusa

Il caso trae origine dalla condanna di un’imprenditrice, legale rappresentante di una cooperativa di trasporti, per il reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 74/2000. L’accusa contestava l’indicazione, nella dichiarazione IVA relativa al 2018, di elementi passivi fittizi per un importo superiore a 1,4 milioni di euro. Questa operazione avrebbe portato a un’evasione IVA di oltre 300.000 euro, con un ammontare di elementi attivi sottratti a imposizione superiore al 10% del totale dichiarato.

La difesa, dopo la condanna in secondo grado, decideva di presentare ricorso alla Suprema Corte.

La Strategia Difensiva e il Nodo dell’Inammissibilità Ricorso in Cassazione

Davanti alla Corte di Cassazione, la difesa sollevava un unico motivo di ricorso, incentrato sulla presunta illogicità e contraddittorietà della motivazione riguardo all’elemento soggettivo del reato. In altre parole, si contestava che la sentenza impugnata non avesse adeguatamente dimostrato la volontà e la consapevolezza dell’imprenditrice di evadere le imposte.

Tuttavia, questo specifico argomento non era mai stato presentato nel precedente giudizio di Appello. La difesa, in quella sede, si era concentrata esclusivamente sulla contestazione dell’elemento oggettivo del reato, ovvero la materialità dei fatti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e basata su un principio consolidato della procedura penale. I giudici hanno sottolineato che i motivi di ricorso per cassazione devono essere una diretta conseguenza dei motivi già presentati in appello. Non è consentito introdurre per la prima volta in sede di legittimità censure che non siano state devolute al giudice del gravame precedente.

La Corte ha specificato che, non avendo la ricorrente contestato il riepilogo dei motivi d’appello contenuto nella sentenza impugnata, si deve presumere che tale riepilogo fosse corretto e completo. Di conseguenza, l’introduzione di una doglianza sull’elemento soggettivo solo in Cassazione è stata giudicata una mossa tardiva e, quindi, proceduralmente inaccettabile. Si tratta di un’applicazione del principio devolutivo, secondo cui il giudice d’appello può pronunciarsi solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati oggetto di specifica critica.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La decisione evidenzia l’importanza cruciale di una strategia difensiva completa fin dal primo grado di impugnazione. Ogni potenziale vizio della sentenza di primo grado, sia esso relativo all’elemento oggettivo o soggettivo del reato, deve essere articolato nei motivi di appello. Omettere una censura in quella fase preclude la possibilità di sollevarla successivamente davanti alla Corte di Cassazione.

L’ordinanza ha avuto conseguenze economiche dirette per la ricorrente: oltre a rendere definitiva la condanna, ha comportato il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende. Questo caso serve da monito: nel processo penale, la forma è sostanza, e il rispetto delle scadenze e delle modalità procedurali è tanto vitale quanto la fondatezza delle proprie argomentazioni nel merito.

È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione che non era stato sollevato in Appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che i vizi non dedotti nei motivi di appello non possono essere sollevati per la prima volta in sede di legittimità. Il ricorso su tali punti viene dichiarato inammissibile perché la censura è considerata tardivamente sollevata.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice.

Qual era l’accusa specifica nel caso di specie?
L’imputata era accusata del reato di dichiarazione fraudolenta (art. 4, D.Lgs. 74/2000) per aver indicato elementi passivi inesistenti nella dichiarazione IVA, al fine di evadere l’imposta, per un ammontare che superava le soglie di punibilità previste dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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