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Inammissibilità ricorso: il caso del furto e recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per cassazione di un imputato condannato per furto. I motivi, basati su prescrizione e tenuità del fatto, sono stati ritenuti manifestamente infondati a causa della recidiva specifica e dei precedenti penali, che hanno impedito sia l’estinzione del reato sia l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso per cassazione: quando i motivi sono manifestamente infondati

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante lezione sull’inammissibilità del ricorso per cassazione, specialmente quando i motivi presentati dall’imputato si rivelano privi di fondamento giuridico. La vicenda riguarda un soggetto condannato per furto che ha tentato di far valere l’estinzione del reato per prescrizione e l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte, con una decisione netta, ha respinto ogni doglianza, confermando la condanna e sanzionando il ricorrente per aver adito la Suprema Corte con argomentazioni palesemente infondate.

I fatti del caso

Un individuo, già condannato in primo grado e in appello per il reato di furto (art. 624 c.p.), ha presentato ricorso per cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza della Corte di Appello di Milano, basando la propria difesa su tre motivi principali: la presunta estinzione del reato per decorso dei termini di prescrizione, la mancata motivazione da parte dei giudici d’appello su questo specifico punto e, infine, la violazione dell’articolo 131-bis del codice penale, relativo alla non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I motivi del ricorso e la risposta della Cassazione

La Corte Suprema ha esaminato ciascun motivo, giungendo a una declaratoria di inammissibilità totale del ricorso. L’analisi dei giudici di legittimità chiarisce i limiti entro cui un ricorso può essere considerato ammissibile e quali argomenti non possono trovare accoglimento in sede di Cassazione.

La questione della prescrizione e della recidiva

Il primo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato manifestamente infondato. La difesa sosteneva che il tempo per punire il reato fosse ormai scaduto. Tuttavia, la Corte ha sottolineato un elemento cruciale: la ‘recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale’ contestata all’imputato. Questa circostanza aggravante, che si verifica quando un soggetto commette un reato dello stesso tipo entro cinque anni da una precedente condanna, comporta un aumento di due terzi del termine di prescrizione. Calcolando questo aumento, il termine passava a dieci anni, un periodo non ancora trascorso dalla data del fatto (10 giugno 2015). Di conseguenza, il reato non era affatto estinto.

L’inammissibilità della censura sulla motivazione

Il secondo motivo, con cui si lamentava un vizio di motivazione sull’eccezione di prescrizione, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha richiamato un principio consolidato: su questioni puramente di diritto (‘quaestiones iuris’), come il calcolo della prescrizione, l’unica censura ammissibile in Cassazione è la violazione di legge, non il difetto di motivazione. In altre parole, non si può criticare il giudice per ‘come’ ha spiegato una norma, ma solo per averla applicata in modo errato. Inoltre, poiché il motivo di appello sulla prescrizione era già in origine infondato, un’eventuale accoglimento della doglianza sulla motivazione non avrebbe portato alcun beneficio all’imputato.

L’inapplicabilità della ‘particolare tenuità del fatto’

Anche il terzo motivo, relativo all’art. 131-bis c.p., è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva già escluso questa causa di non punibilità, valorizzando elementi come la durata dell’impossessamento e l’intensità del dolo. A ciò si aggiungevano i precedenti penali specifici dell’imputato, che configurano un ‘comportamento abituale’ ostativo all’applicazione del beneficio. La Cassazione ha ribadito che il tentativo del ricorrente di ottenere una diversa valutazione di questi elementi costituiva un’inammissibile richiesta di riesame del merito, preclusa in sede di legittimità.

Le motivazioni della decisione sull’inammissibilità del ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per cassazione perché tutti i motivi proposti erano palesemente privi di fondamento. La manifesta infondatezza emerge quando le argomentazioni della difesa si scontrano con dati normativi chiari (come il calcolo della prescrizione in caso di recidiva) o con principi giurisprudenziali consolidati (come i limiti del sindacato della Cassazione). La decisione sottolinea che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. L’evidente inammissibilità dell’impugnazione ha portato non solo alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un ricorso dilatorio e temerario.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce alcuni principi fondamentali del processo penale. In primo luogo, evidenzia l’importanza di una corretta valutazione di tutte le circostanze del reato, come la recidiva, che possono avere effetti determinanti su istituti come la prescrizione. In secondo luogo, serve da monito sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici e giuridicamente fondati, evitando argomentazioni generiche o volte a ottenere un inammissibile riesame del merito. Infine, la condanna alla Cassa delle ammende sanziona l’abuso dello strumento processuale, disincentivando ricorsi proposti senza reali prospettive di accoglimento e che contribuiscono a sovraccaricare il sistema giudiziario.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, ovvero quando le argomentazioni si scontrano con dati normativi chiari o principi giurisprudenziali consolidati, come nel caso di specie per i temi della prescrizione e della particolare tenuità del fatto.

In che modo la recidiva influisce sulla prescrizione del reato?
Secondo quanto chiarito nell’ordinanza, la recidiva reiterata, specifica e commessa entro cinque anni da una precedente condanna, comporta un aumento significativo (in questo caso di due terzi) del termine necessario per la prescrizione del reato, rendendo più difficile la sua estinzione.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La sua applicazione è stata esclusa a causa di elementi ostativi come l’intensità del dolo e la durata della condotta illecita, ma soprattutto a causa dei precedenti penali specifici dell’imputato, che dimostrano un comportamento abituale incompatibile con i requisiti previsti dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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