Inammissibilità Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta per Mancanza di Specificità
L’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un esempio lampante è l’inammissibilità del ricorso, un istituto che sbarra la strada all’esame delle questioni di fondo quando l’atto di impugnazione non rispetta determinati requisiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire questo tema, chiarendo perché un ricorso generico e non puntualmente argomentato è destinato a fallire.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente sollevava diverse questioni: in primis, la presunta tardività della querela presentata nei suoi confronti; in secondo luogo, contestava il trattamento sanzionatorio ricevuto, ritenendolo eccessivo e lamentando il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate (la pena era giusta? la querela era davvero tardiva?), ma si è fermata a un gradino prima, rilevando un vizio insanabile nell’atto stesso di impugnazione: la mancanza di specificità dei motivi, come richiesto dall’art. 581 del codice di procedura penale.
Analisi dei Motivi di Inammissibilità del Ricorso
La Corte ha smontato ogni doglianza del ricorrente, evidenziandone la genericità e l’inconsistenza.
Per quanto riguarda la tardività della querela, i giudici di legittimità hanno sottolineato come il ricorso non si sia confrontato con la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva chiarito che le persone offese avevano avuto conoscenza del reato solo in un determinato momento (fine marzo 2018), rendendo la querela tempestiva. Il ricorrente, invece di contestare questo accertamento con prove concrete di un errore (il cosiddetto “travisamento del fatto”), si è limitato a presentare una propria versione dei fatti, definita dalla Corte come “controfattuale”.
Anche le lamentele sulla pena sono state respinte. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della sanzione è un potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione, ma solo verificare che la decisione sia logica e legalmente corretta. Nel caso di specie, il riferimento della Corte d’Appello ai criteri dell’art. 133 del codice penale è stato ritenuto sufficiente a giustificare la pena inflitta, soprattutto perché si trattava di una pena inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato. In tali casi, non è richiesta una motivazione analitica.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si fondano su un pilastro del sistema delle impugnazioni: il ricorso non è un nuovo processo, ma un controllo di legittimità sulla decisione precedente. Pertanto, chi impugna ha l’onere di indicare in modo specifico e puntuale quali sono stati gli errori di diritto o i vizi logici commessi dal giudice a quo. Non basta esprimere un generico dissenso.
La Corte ha evidenziato che la difesa non ha adempiuto a questo onere. Le sue affermazioni si sono presentate come mere contrapposizioni alla sentenza impugnata, senza fornire elementi concreti capaci di minarne la coerenza logico-giuridica. Allo stesso modo, la richiesta di circostanze attenuanti generiche è stata considerata troppo vaga, potendo essere legittimamente respinta con un semplice riferimento all’assenza di elementi positivi meritevoli di valutazione.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante sull’importanza della tecnica redazionale e della precisione argomentativa negli atti di impugnazione. L’inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma la conseguenza diretta della violazione di un principio fondamentale: il contraddittorio deve svolgersi criticando specificamente le ragioni della decisione avversata, non riproponendo genericamente le proprie. Per gli avvocati, ciò significa studiare a fondo la sentenza da impugnare e costruire un ricorso che sia una vera e propria “radiografia” dei suoi presunti errori, pena la chiusura definitiva del processo con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché era privo dei requisiti di specificità richiesti dalla legge. Il ricorrente non si è confrontato con la motivazione della sentenza impugnata, che aveva stabilito il momento esatto in cui le persone offese avevano appreso del reato, ma ha semplicemente offerto una versione dei fatti contraria e non supportata da prove di un errore del giudice.
È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la graduazione della pena?
No. Secondo l’ordinanza, quando il giudice irroga una pena inferiore alla media edittale (ovvero al punto intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge), non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata. È sufficiente il richiamo ai criteri generali dell’articolo 133 del codice penale o l’uso di espressioni come “pena congrua” o “pena equa”.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende (in questo caso, tremila euro). Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 77 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 77 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a REGGIO EMILIA il 06/08/1961
avverso la sentenza del 20/01/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
lette le note d’udienza trasmesse in data 16.11.2023, considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la tardività della querela, è privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata secondo cui i querelanti appresero dei mancati investimenti soltanto alla fine di marzo del 2018; rispetto a questa considerazione, la affermazione difensiva si presenta come controfattuale e non può trovare ingresso in questa sede non essendo nemmeno supportata dalla allegazione di un vero e proprio travisamento; che, peraltro, la considerazione in fatto su cui ha insistito la Corte d’appello rendeva evidentemente del tutto irrilevante la questione di legittimità costituzionale ventilata dalla difesa e concernente la norma transitoria di cui all’art. 12 del D. Lg.vo 36 del 2018;
ritenuto che le ulteriori doglianze, in punto di trattamento sanzionatorio e circostanziale, non sono consentite in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, il relativo onere argomentativo è stato assolto sia pure in maniera implicita avendo la Corte d’appello fatto riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. nessuno dei quali era utilmente invocabile per giustificare una ulteriore mitigazione della pena;
che, quanto alla graduazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione, potendosi ritenere sufficiente il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero l’utilizzo di espressioni del tip “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come avvenuto nel caso di specie (cfr., Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, RV. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del COGNOME, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo);
che, nell’ipotesi in cui la parte interessata non assolva all’onere di dedurre specificamente gli elementi di segno positivo ai fini dell’applicazione della circostanza di cui all’art. 62-bis cod. pen., una tale richiesta generica può ritenersi sufficiente motivata da un congruo riferimento all’assenza e/o mancata deduzione
di elementi positivi ovvero implicitamente disattesa allorché sia adeguatamente argomentato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi, come avvenuto nella specie (si veda pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2023.