Inammissibilità del Ricorso: Quando un Motivo d’Appello è Tardivo
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale che riguarda l’inammissibilità del ricorso quando i motivi di impugnazione vengono sollevati tardivamente. Questa decisione sottolinea l’importanza di una strategia difensiva precisa e tempestiva fin dalle prime fasi del processo di appello. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni che hanno portato la Suprema Corte a questa conclusione.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di furto aggravato in abitazione. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. L’unico motivo di doglianza sollevato davanti ai giudici di legittimità riguardava la sussistenza di una specifica circostanza aggravante prevista dall’articolo 625 del codice penale.
La Decisione della Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso
Nonostante le argomentazioni difensive, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione, ovvero non ha valutato se l’aggravante fosse effettivamente sussistente o meno. Al contrario, si è fermata a un esame preliminare di carattere puramente procedurale, riscontrando un vizio insanabile nella modalità con cui il motivo era stato presentato.
Le Motivazioni della Decisione
La ragione fondamentale dell’inammissibilità risiede in un errore strategico della difesa. La Corte ha infatti rilevato che la contestazione relativa alla circostanza aggravante non era stata inclusa nell’originario atto di appello presentato al giudice di secondo grado. Era emersa, per la prima volta, soltanto durante la discussione finale, nelle conclusioni rassegnate davanti alla Corte territoriale.
Questo vizio procedurale ha reso la censura già inammissibile in grado d’appello. Di conseguenza, un motivo non validamente proposto in appello non può essere legittimamente introdotto per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte, infatti, ha il compito di giudicare la correttezza giuridica delle decisioni impugnate sulla base dei motivi ritualmente presentati nei gradi di merito. Introdurre una doglianza nuova in sede di legittimità, per di più una che richiederebbe un apprezzamento dei fatti precluso a quella Corte, costituisce una violazione delle regole processuali.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito sull’importanza del rispetto rigoroso dei termini e delle forme processuali. La formulazione dell’atto di appello è un momento cruciale in cui devono essere cristallizzati tutti i motivi di dissenso rispetto alla sentenza di primo grado. Omettere una censura in quella sede, per poi tentare di recuperarla tardivamente, porta a una declaratoria di inammissibilità che impedisce al giudice di esaminare la questione nel merito. Per l’imputato, ciò si è tradotto non solo nella conferma della condanna, ma anche nell’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo, relativo a una circostanza aggravante, non era stato sollevato nell’atto formale di appello, ma proposto per la prima volta solo nelle conclusioni finali davanti alla Corte territoriale, rendendolo così tardivo.
È possibile presentare un motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione se non è stato discusso in appello?
No, l’ordinanza chiarisce che un motivo già inammissibile in grado d’appello perché tardivo non può essere validamente proposto per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione, la quale non può esaminare censure nuove.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27336 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27336 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 11150/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME Pio nato a SAN GIOVANNI COGNOME il 20/09/1991; avverso la sentenza del 30 gennaio 2025 della Corte d’appello di Bari; dato avviso alle parti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari ha sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Foggia, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato in abitazione; – che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza dell’aggravante di cui al n. 2 dell’art. 625 cod. pen., Ł indeducibile in questa sede in quanto afferente ad una censura non sollevata con l’appello proposto (ma, per la prima volta, con le conclusioni rassegnate dinanzi alla Corte territoriale) e, quindi, già in grado d’appello inammissibile e non proponibile in questa sede per la prima volta in questa sede, presupponendo un apprezzamento in fatto precluso a questa Corte;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e all’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 09/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME