Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12646 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12646 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASALNUOVO DI NAPOLI il 05/03/1959
avverso la sentenza del 11/09/2024 della Corte d’appello di Napoli
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli che ha condannato il ricorrente per i delitt di cui agli artt. 110, 476, 479, 482 cod. pen. alla pena di dieci mesi di reclusione;
Letta la memoria difensiva depositata ex art. 610, comma 1 e 611, comma 1, cod. proc. pen. con la quale si chiede di accogliere il ricorso o rimetterne la trattazione ad altra sezio rilevando l’erroneità della prognosi di inammissibilità;
Considerato, invece, che il primo motivo di ricorso – che lamenta carenza motivazionale in ordine al contestato art. 110 cod. pen. – non è consentito in quanto inedito sul punto: a be vedere dall’esame dei motivi di impugnazione in appello, come ricapitolati dalla Corte territoria in sentenza, non emerge quello relativo alla violazione di legge in relazione all’art. 110 cod. pen cosicché la Corte di appello non si è espressa a riguardo in assenza di una specifica doglianza. In sostanza deve rilevarsi come il motivo sia precluso perché la doglianza non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di
inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «deve ritenersi sistematicamente non consentita (non soltanto per le violazioni di legge, per le quali cfr. espressamente art. 606, comma 3, c.p.p.) l proponibilità per la prima volta in sede di legittimità, con riferimento ad un capo e ad un punt della decisione già oggetto di appello, di uno dei possibili vizi della motivazione con riferiment ad elementi fattuali richiamabili, ma non richiamati, nell’atto di appello: solo in tal modo infatti, possibile porre rimedio al rischio concreto che il giudice di legittimità possa disporr annullamento del provvedimento impugnato in relazione ad un punto della decisione in ipotesi inficiato dalla mancata/contraddittoria/manifestamente illogica considerazione di elementi idonei a fondare il dedotto vizio di motivazione, ma intenzionalmente sottratti alla cognizione del giudice di appello. Ricorrendo tale situazione, invero, da un lato il giudice della legittimità sare indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice d’appello, dall’altro, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza d’appello con riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi fattuali che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale rivolta alla Corte di appello, ma siano richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione» (così Sez. 2, n. 32780 del 13/07/2021 , COGNOME, Rv. 281813; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in motivazione; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279903; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869; Sez. 2 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368);
Considerato che il secondo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in relazione alla errata interpretazione della legge penale e alla corretta qualificazione dei fatti giuridi ordine agli artt. 476, 479, 482 cod. pen. – è manifestamente infondato, oltre a essere reiterativo delle doglianze già presentate e disattese in appello, alle quali è seguita una risposta corretta i cd. doppia conforme. Si verte in tema di enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Questa Corte ha più volte affermato che “commette falso ideologico in atto pubblico colui che, in qualità di responsabile tecnico dell’attivit revisione di un’autovettura, attesti falsamente sul libretto di circolazione l’avvenuta revisio dell’auto, trattandosi di attività della P.A. disciplinata da norme di diritto pubblico (art. 80, c primo – sedicesimo, C.S.) e dovendo a tali soggetti, in virtù dei poteri certificativi loro conf dalla legge, essere riconosciuta la qualifica di pubblici ufficiali”( Sez. 5, Sentenza n. 6343 d 18/10/2013, Rv. 258949 – 01; conf.: : N. 8260 del 1993′ N. 2804 del 1995 Rv. 201002 – 01, N. 14256 del 2008 Rv. 239437 – 01, N. 35839 del 2008 Rv. 241241 – 01, N. 7033 del 2010 Rv. 246079 – 01); d’altro canto, il motivo è anche aspecifico, allorchè richiede la verifica comparativa con l’attestato autentico, in quanto non si verte in tema di copia dell’atto, bensì di formazione
attestazione falsa, né risulta introdotto il tema della innocuità dinanzi alla Corte di appel cosicchè il motivo sotto tale profilo non è consentito perché inedito, in ragione di quanto gi osservato in ordine al primo motivo; anche manifestamente infondata è la doglianza relativa all’art. 640 cod. pen. in quanto, come correttamente ritenuto dai Giudici del merito in doppia conforme, il delitto di truffa concorre con quello di falso contestato;
Rilevato che il terzo motivo – che lamenta inosservanza delle norme stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 189 e 192 cod. proc. pen. in ordine alla nullità della ricogniz fotografica – non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); per altro, i Giudici di merito, con motivazione esente da vizi logici manifesti, hanno esplicitato in doppia conforme le ragioni del rispettivo convincimento (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza qui impugnata), ritenendo le dichiarazione del teste COGNOME “logiche e coerenti, caratterizzate da dettagli puntuali” facendo applicazione di corretti argomenti giuridic ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato; inoltre la valutazione riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia giudiziaria e non regolato dal codice di rito, costituisce un accertamento di fatto e, come tale, è utilizzabile nel giudizio in ba al principio della non tassatività dei mezzi di prova ed a quello del libero convincimento del giudice (Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015, dep. 2016, Verde, Rv. 266023 – 01); l’individuazione fotografica, quale prova atipica, ben può essere valorizzata dal giudice, nell’ambito del suo libero convincimento, ai fini della dimostrazione dei fatti, ove sia accertata la credibilità della perso che, in sede di individuazione, si sia detta certa dell’identificazione operata (Sez. F, n. 43285 del 08/08/2019, Diana, Rv. 277471 – 03; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, COGNOME, Rv. 271041 01): accertamenti svolti nel caso in esame dove dalla sentenza di primo grado emerge che non fu sottoposta la sola fotografia dell’imputato ma anche di altro NOME COGNOME, residente in Acerra; inoltre, la doglianza relativa all’assenza di contraddittorio è manifestamente infondata in quanto il verbale di dichiarazioni del COGNOME e di individuazioni fotografiche furono acquisit su consenso delle parti ex art. 493, comma 3, cod. proc. pen. cosicché fu la difesa a rinunciare al contraddittorio della cui mancanza in questa sede non può dolersi. Del tutto non consentita è, poi, la doglianza di violazione di legge processuale ex art. 606, lett. c) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 189 e 192 cod. proc. pen., in quanto, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fiss specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027);
Considerato che il quarto motivo – che lamenta violazione di legge in relazione al 493, comma 3, cod. proc. pen., e all’art. 210 cod. proc. pen. in ordine all’utilizzabilità de dichiarazioni rese dalla persona offesa – è per un verso inedito, in ragione della circostanza che non risulta proposto appello sul punto delle modalità di escussione, nel corso delle indagini, del COGNOME: deve rammentarsi come la regola per cui la inutilizzabilità può essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento deve essere raccordata alla norma che limita la cognizione della Corte di cassazione, oltre i confini del devolutum, alle sole questioni di puro diritto, sganciate da ogni accertamento sul fatto, con la conseguenza che non possono essere proposte per la prima volta, nel giudizio di legittimità, questioni di inutilizzabilità la cui valutazione ri accertamenti di merito, che come tali devono essere necessariamente sollecitati nel giudizio di appello, salva la possibilità di sindacare i relativi provvedimenti, mediante un successivo ricorso per cassazione, nei limiti segnati dall’art. 606, comma primo lett. b) c.p.p. (Sez. 6, n. 12175 del 21 gennaio 2005, COGNOME ed altri, Rv. 231484; Sez. 6, n. 21877 del 24 maggio 2011, C. e altro, Rv. 250263). Più in generale va ribadito che il potere del giudice di legittimità – di rileva d’ufficio le cause d’inutilizzabilità – non comporta il dovere di ricercare gli elementi di fatto po a fondamento delle medesime ed è dunque onere della parte interessata offrirne una compiuta rappresentazione e dimostrazione nel ricorso (Sez. 1, n. 26492 del 9 giugno 2009, COGNOME, Rv. 244039). Nel caso in esame sussisteva una questione di fatto, relativa alla circostanza di verificare l’esito del giudizio nei confronti di COGNOME al momento della escussione e poi dell acquisizione della dichiarazione resa, tema decisivo ma non esplorato dall’appellante, in quanto, come osserva Sez. 6, n. 34562 del 07/07/2021, COGNOME, Rv. 281982 – 01, non sussiste incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone per la persona già indagata, la cui posizione sia stata definita con provvedimento di archiviazione, in quanto la disciplina limitativa dell capacità di testimoniare prevista dagli artt. 197, comma 1, lett. a) e b), 197-bis, e 210 cod. proc. pen. si applica solo all’imputato, al quale è equiparata la persona indagata, nonché al soggetto già imputato, salvo che sia stato irrevocabilmente prosciolto per non aver commesso il fatto (cfr, anche Sez. 2, n. 4123 del 09/01/2015, Sconso, Rv. 262367 – 01). D’altro canto, e comunque, in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la verifica della veste processuale del dichiarante, è onere della parte interessata ad opporsi all’assunzione della testimonianza di allegare, prima della assunzione delle dichiarazioni, le circostanze fattuali da cui risultano situazioni di incompatibilità a testimoniare, sempre che la posizione del dichiarante non risulti già dagli atti nella disponibilità del giudice e non sussistano i presupposti perché quest si attivi d’ufficio, in conseguenza di una richiesta di prova formulata sul punto dalle parti, ex a 493 cod. prov. pen, ovvero in ragione dell’assoluta necessità di disporre l’escussione del dichiarante, ai sensi dell’art. 507 dello stesso codice (Conf: Sez. 6, n. 12379 del 26/02/2016, COGNOME, Rv. 266422 – 01 Sez. 5, n. 13391 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 275624 – 01; Vedi : Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584 – 01 Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015 Lo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Presti, Rv. 264480): tale principio deve trovare applicazione anche in relazione al caso in cui intervenga l’acquisizione sull’accordo delle parti, come avvenuto nel caso in esame, ma non è stato allegato alcun atto che attesti l’intervenuta contestazione della utilizzabilità de dichiarazione acquisita consensualmente all’atto dell’espressione del consenso medesimo. Ne consegue la natura inedita, aspecifica e manifestamente infondata della doglianza;
Considerato che il quinto motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. manifestamente infondato: la Corte territoriale ha reso una motivazione congrua ed esente da vizi logici, ritenendo la condotta tenuta dal ricorrente non tenue, essendo il reato per cui s procede volto a tutelare la fede pubblica, bene giuridico di particolare rilevanza. La ratio della norma è quella di tutelare la sicurezza della collettività, per questo motivo la condotta dell’imputato non può essere considerata di lieve offensività. Si tratta di motivazione congrua con la quale, per altro, non si confronta il motivo di ricorso che richiama la causa ostativa dell abitualità delle condotte, in vero mai evocata dalla Corte di appello;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente