Inammissibilità Ricorso: Quando un Motivo non può Essere Esaminato in Cassazione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su un principio cardine della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi addotti non sono stati precedentemente sollevati in sede di appello. Questa decisione ribadisce la natura del giudizio di legittimità come un controllo sulla corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito, e non come una terza istanza di giudizio.
I Fatti del Processo
Due soggetti, condannati per il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625 c.p.), proponevano ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello. Quest’ultima, pur confermando la loro responsabilità penale, aveva parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena. L’unico motivo del loro ricorso in Cassazione si basava sulla presunta violazione dell’art. 131-bis del codice penale, relativo alla non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La conseguenza diretta di tale decisione è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione non entra nel merito della questione sollevata (l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.), ma si ferma a un vaglio preliminare di natura puramente processuale.
Le Motivazioni: il Divieto di Motivi Nuovi e l’Inammissibilità del Ricorso
Il cuore della motivazione risiede nell’applicazione dell’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che i motivi di ricorso non possono essere dedotti per la prima volta in Cassazione se non sono stati proposti in sede di appello, a pena di inammissibilità del ricorso stesso.
La Corte ha rilevato che la censura relativa alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non era mai stata sollevata come motivo di gravame nel giudizio di appello. Come evidenziato dalla stessa sentenza impugnata, i motivi di appello erano altri e non includevano questa specifica doglianza. Pertanto, introdurre tale argomento per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione costituisce una violazione procedurale che preclude l’esame della questione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa pronuncia sottolinea l’importanza strategica della redazione dell’atto di appello. Tutte le questioni, sia di fatto che di diritto, che si intendono sottoporre al vaglio di un giudice superiore devono essere chiaramente e tempestivamente articolate fin dal secondo grado di giudizio. Omettere un motivo di gravame in appello significa, di fatto, precludersi la possibilità di discuterne in Cassazione. La decisione serve come monito per la difesa: è fondamentale condurre un’analisi completa e prospettica fin dalle prime fasi di impugnazione, per non vedere un ricorso dichiarato inammissibile per ragioni puramente procedurali, indipendentemente dalla potenziale fondatezza nel merito della questione sollevata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato alla Corte di Cassazione, relativo alla particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), non era stato sollevato come motivo di impugnazione nel precedente giudizio di appello.
Cosa prevede la legge riguardo ai nuovi motivi in Cassazione?
L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, stabilisce che non possono essere dedotti in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi di appello, pena l’inammissibilità del ricorso.
Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2001 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2001 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a GUASTALLA il 27/06/1986 NOME nato a MILANO il 05/02/1963
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME e NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha concesso agli imputati il beneficio della pena sospesa per il delitto di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen.
Considerato che il primo ed unico motivo con il quale i ricorrenti contestano la violazione della legge penale in relazione all’art. 131 bis cod. pen., non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 2), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto.
Ritenuta, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 4 dicembre 2024 Il consi GLYPH estensore GLYPH
Il Presidente