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Inammissibilità ricorso: i motivi non possono ripetersi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 37992/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sul principio che i motivi di ricorso non possono essere una mera riproposizione di quelli già presentati e respinti in appello. È necessario un confronto critico e specifico con le motivazioni della sentenza impugnata, altrimenti l’atto perde la sua funzione e viene dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando i motivi sono una copia dell’appello

L’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma il suo esercizio è subordinato al rispetto di precise regole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: l’inammissibilità del ricorso quando questo si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente, senza un confronto critico con la decisione impugnata. Analizziamo questa pronuncia per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo, in primo grado e poi confermata in appello, per concorso in reati concernenti sostanze stupefacenti. La pena inflitta era di un anno di reclusione e 1.200 euro di multa. Non accettando la decisione della Corte d’Appello di Roma, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre fronti principali:

1. Illegittimità costituzionale: Si contestava la conformità alla Costituzione (artt. 3, 24, 27, 111) e alla CEDU (artt. 6, 7) delle nuove norme procedurali (art. 581, commi 1-ter e 1-quater, c.p.p.), che introducono requisiti formali aggiuntivi per l’atto di impugnazione.
2. Vizio di motivazione: Si lamentava un errore di valutazione e una motivazione carente riguardo all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato.
3. Violazione di legge: Si criticava il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante specifica prevista dall’art. 114 del codice penale.

L’analisi della Corte sull’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha respinto in toto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per motivi non deducibili in sede di legittimità. Il ragionamento dei giudici supremi si è concentrato su due aspetti fondamentali.

La questione di costituzionalità

In primo luogo, la Corte ha liquidato la questione di legittimità costituzionale come manifestamente infondata. Citando precedenti consolidati, ha spiegato che le nuove disposizioni procedurali non limitano il diritto di difesa o di impugnazione dell’imputato. Esse si limitano a regolare le modalità con cui il difensore può esercitare tale facoltà, senza ledere i principi costituzionali né la presunzione di non colpevolezza.

La reiterazione dei motivi d’appello

Il punto centrale della decisione riguarda gli altri due motivi. I giudici hanno rilevato che le doglianze presentate erano una mera e pedissequa ripetizione di quelle già esposte nell’atto di appello e motivatamente respinte dalla Corte territoriale. Il ricorso, di fatto, ignorava completamente le argomentazioni della sentenza di secondo grado, limitandosi a riproporre le stesse critiche. Questo comportamento processuale porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso. La funzione tipica dell’impugnazione, infatti, è quella di una critica argomentata e puntuale al provvedimento che si contesta. Se manca questo confronto, l’atto è privo della sua funzione essenziale.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato: l’atto di impugnazione, per essere ammissibile, deve contenere un confronto specifico e critico con le argomentazioni della decisione impugnata. Non è sufficiente riproporre le medesime questioni già decise, ma è necessario indicare le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che fondano il dissenso rispetto alla motivazione del giudice precedente. Quando, come nel caso di specie, il ricorrente si limita a lamentare genericamente una carenza o illogicità della motivazione senza confrontarsi con essa, il ricorso viene meno alla sua unica funzione, che è quella di critica argomentata, e si destina all’inammissibilità.

Le Conclusioni

La decisione in esame offre un importante monito per la pratica forense. Proporre un ricorso per cassazione richiede un’analisi approfondita non solo del caso, ma soprattutto della sentenza che si intende impugnare. Una semplice riproposizione dei motivi d’appello è una strategia inefficace e controproducente, che conduce a una declaratoria di inammissibilità e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Per avere una possibilità di successo, è indispensabile che il ricorso articoli una critica puntuale, specifica e argomentata delle ragioni che hanno sorretto la decisione del giudice del grado precedente.

È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi già respinti in Appello?
No, se questi motivi si limitano a riprodurre le doglianze già esposte senza confrontarsi criticamente e specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza di appello. La mera reiterazione rende il ricorso inammissibile.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché le censure mosse alla sentenza di secondo grado erano una semplice ripetizione di quelle già motivatamente respinte in appello. Mancava un confronto critico con la motivazione della decisione impugnata, requisito essenziale per l’ammissibilità.

Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
Oltre a rendere definitiva la condanna, l’inammissibilità del ricorso comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in questo caso fissata in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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