Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi d’Appello Fanno la Differenza
Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: per poter contestare una sentenza davanti ai giudici di legittimità, è necessario che le doglianze siano state prima sollevate correttamente nel giudizio d’appello. La mancata deduzione di specifici motivi nel secondo grado di giudizio comporta, come vedremo, una inevitabile declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questo caso offre uno spunto pratico per comprendere l’importanza della strategia difensiva fin dalle prime fasi del processo.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato per il reato previsto dall’art. 628 c.p., decideva di impugnare la sentenza della Corte d’Appello ricorrendo in Cassazione. Le sue lamentele si concentravano su due aspetti principali:
1. L’entità della pena: Il ricorrente riteneva la sanzione eccessiva e lamentava una presunta disparità di trattamento rispetto a un coimputato, che pure era recidivo.
2. Il bilanciamento delle circostanze: Contestava la mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, che a suo dire avrebbero dovuto comportare una pena più mite.
A prima vista, si tratta di doglianze comuni nei processi penali. Tuttavia, la loro sorte era già segnata da una carenza procedurale avvenuta nel grado precedente.
La Decisione della Corte: La Rigorosa Regola dell’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con una motivazione tanto sintetica quanto netta, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. I giudici non sono entrati nel merito delle questioni sollevate, ma si sono fermati a un controllo preliminare di natura procedurale, che si è rivelato fatale per le speranze del ricorrente. La decisione si basa sull’applicazione rigorosa dell’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, che vieta di dedurre in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi d’appello.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo per entrambi alla medesima conclusione.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha osservato che la doglianza relativa alla disparità di trattamento non era mai stata sollevata davanti alla Corte d’Appello. La sentenza impugnata, infatti, riepilogava i motivi di gravame presentati in secondo grado, e tra questi non figurava alcuna contestazione su questo specifico punto. La Cassazione ha sottolineato che, se il riepilogo fosse stato incompleto o errato, sarebbe stato onere del ricorrente contestarlo specificamente, cosa che non è avvenuta. Di conseguenza, la questione era da considerarsi nuova e, come tale, inammissibile in sede di legittimità.
Anche il secondo motivo, relativo al bilanciamento delle circostanze, ha subito la stessa sorte. Dalla lettura della sentenza d’appello emergeva che la difesa si era limitata a chiedere l’applicazione delle attenuanti generiche (peraltro già concesse dal giudice di primo grado), ma non aveva mai posto la questione della loro prevalenza sulle aggravanti. Anche in questo caso, si trattava di una censura proposta per la prima volta in Cassazione, e quindi proceduralmente inammissibile.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione in commento è un monito sull’importanza di una difesa tecnica attenta e scrupolosa in ogni fase del giudizio. L’appello non è una semplice formalità, ma il momento cruciale in cui devono essere cristallizzate tutte le questioni di fatto e di diritto che si intendono sottoporre al giudice. Omettere un motivo di gravame in appello significa precludersi la possibilità di farlo valere successivamente in Cassazione. Questa ordinanza dimostra che la Corte di Cassazione esercita un controllo rigoroso sul rispetto delle norme procedurali, dichiarando l’inammissibilità del ricorso ogni qualvolta vengano sollevate questioni non devolute al giudice del gravame. La condanna finale del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende è la diretta e onerosa conseguenza di questa negligenza strategica.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati – relativi alla disparità di trattamento e al bilanciamento delle circostanze attenuanti – non erano stati sollevati come specifici motivi di gravame nel precedente giudizio dinanzi alla Corte d’Appello.
È possibile contestare in Cassazione una disparità di trattamento sanzionatorio rispetto a un coimputato?
Sì, ma a condizione che tale censura sia stata previamente dedotta come motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale impedisce di presentare in Cassazione motivi nuovi rispetto a quelli proposti nel grado precedente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il mancato esame del merito del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45764 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45764 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 23/05/1988
avverso la sentenza del 21/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso – che contesta sia l’entità della p irrogata, sia la disparità di trattamento del ricorrente rispetto al coi recidivo reiterato infaquinquennale – è manifestamente infondato in punto dosimetria della pena, avendo la Corte territoriale adeguatamente motivato ordine alle ragioni che hanno indotto il giudice di prime cure a discostar minimo edittale previsto per il reato di cui all’art. 628 cod. pen. (si ved 9), mentre con riferimento alla disparità di trattamento non è consentito in di legittimità, perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta motivo di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravam riportato nella sentenza impugnata (si veda pagina 4), che il ricorrente av dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunqu non corretto;
considerato che in relazione al secondo motivo di ricorso – relativo mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche nel giudizio comparazione – è sufficiente far rinvio alla motivazione di cui al punto che pre atteso che dalla sentenza impugnata (ed in assenza di qualsivoglia contestazi sul punto mossa dal ricorrente) la questione relativa al bilanciamento circostanze non risulta essere stata posta in secondo grado (a pagina 4 si d che il difensore si è limitato a chiedere l’applicazione delle circostanze att generiche ed alla successiva pagina 9 che le circostanze di cui all’art. 62 -bis cod. pen. sono state già riconosciute dal giudice di primo grado);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.