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Inammissibilità ricorso: i motivi non consentiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per resistenza e oltraggio. La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso erano mere ripetizioni di censure già respinte o introducevano questioni legali nuove, non sottoposte al giudizio d’appello. Questa ordinanza ribadisce i limiti del giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi non Vengono Esaminati

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione, un concetto cruciale nel diritto processuale penale. Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Suprema Corte non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a una valutazione preliminare che ne sancisce l’improcedibilità. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni che portano a tale esito e le conseguenze per il ricorrente.

I Fatti del Caso: Resistenza e Oltraggio

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un imputato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.). L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, contestando sia il giudizio sulla sua responsabilità penale sia la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non si basa su una valutazione del torto o della ragione dell’imputato nel merito dei fatti, ma su precisi vizi procedurali e di contenuto dei motivi presentati.

La Ripetizione dei Motivi Già Esaminati

Una delle principali ragioni dell’inammissibilità risiede nel fatto che le argomentazioni del ricorrente, relative alla sua responsabilità per resistenza e oltraggio, erano una semplice riproposizione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici dei gradi precedenti. La Cassazione ha ritenuto che le motivazioni della Corte d’Appello fossero giuridicamente corrette, puntuali e logicamente coerenti. Proporre nuovamente gli stessi argomenti, senza sollevare reali vizi di legittimità, trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito, funzione che non spetta alla Suprema Corte.

L’Introduzione di Nuove Questioni Giuridiche

Un altro profilo di criticità ha riguardato la richiesta di applicazione di due istituti giuridici (l’art. 393 bis c.p., relativo alla reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, e l’art. 131 bis c.p., sulla particolare tenuità del fatto). La Corte ha rilevato che queste questioni non erano state sollevate né nell’appello principale né nei motivi aggiunti. Introdurre per la prima volta in Cassazione “temi in diritto” che richiederebbero una valutazione di merito, senza che i giudici precedenti abbiano avuto modo di pronunciarsi, è una pratica non consentita. La Cassazione, infatti, giudica la legittimità delle decisioni già prese, non può effettuare una “preventiva verifica di merito” su questioni nuove.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni dell’ordinanza si concentrano sui limiti del giudizio di legittimità. La Corte ha sottolineato che i motivi del ricorso non sono consentiti dalla legge quando:
1. Replicano censure di merito: Si limitano a riproporre le stesse argomentazioni fattuali già vagliate e motivatamente respinte nei gradi precedenti, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata.
2. Introducono temi giuridici nuovi: Sollevano questioni di diritto non devolute al giudice d’appello, impedendo a quest’ultimo di effettuare la necessaria valutazione sul merito. Il ricorso in Cassazione non può essere la sede per una prima analisi di tali questioni.
La Corte ha quindi concluso che l’inammissibilità del ricorso comporta, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o introdurre nuove strategie difensive. È uno strumento di controllo sulla corretta applicazione della legge. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare specifici errori di diritto (violazione di legge) o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, non limitarsi a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito. L’esito di questo caso serve da monito sulla necessità di formulare i motivi di impugnazione in modo rigoroso e pertinente ai poteri della Corte adita.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: in primo luogo, i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte dai giudici di merito; in secondo luogo, introduceva per la prima volta questioni giuridiche che non erano state sottoposte alla valutazione della Corte d’Appello.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, in questo caso fissata in tremila Euro, in favore della Cassa delle ammende.

È possibile contestare la valutazione dei fatti compiuta da un giudice presentando ricorso in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non è un giudice del fatto, ma della legittimità. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica, contraddittoria o carente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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