Inammissibilità ricorso: Quando i Motivi sono Manifestamente Infondati
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta un esito processuale severo, che impedisce alla Suprema Corte di esaminare nel merito le doglianze del ricorrente. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come motivi quali la prescrizione e il vizio di motivazione, se presentati in modo palesemente infondato, conducano inevitabilmente a questa declaratoria. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le ragioni giuridiche alla base della decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Roma per reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate (artt. 337, 582 e 585 c.p.). Due imputati, ritenuti responsabili dei fatti avvenuti in data 20/10/2016, decidevano di impugnare tale decisione presentando ricorso per Cassazione. I motivi alla base dell’impugnazione erano essenzialmente due:
1. L’intervenuta prescrizione dei reati.
2. Un presunto vizio di motivazione nella sentenza di secondo grado, che avrebbe errato nell’affermare la loro penale responsabilità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza degli imputati, ma si ferma a un livello precedente: la verifica della validità stessa dei motivi presentati. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni dei ricorrenti fossero “manifestamente infondate”, ovvero prive di qualsiasi fondamento giuridico serio. Di conseguenza, oltre a rigettare i ricorsi, ha condannato gli imputati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Analisi sull’inammissibilità ricorso
La Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive, spiegando nel dettaglio perché non potessero trovare accoglimento.
Il Calcolo Errato della Prescrizione
Il primo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato in “palese contrasto con il dato normativo”. La Corte ha chiarito che il termine massimo di prescrizione per i reati contestati è di sette anni e sei mesi. Essendo i fatti accaduti il 20/10/2016, la prescrizione sarebbe maturata solo il 20/04/2024.
Inoltre, i giudici hanno sottolineato un aspetto tecnico cruciale: anche il termine di prescrizione “interfasico” (quello che corre tra una fase e l’altra del processo) non era maturato. Infatti, il decreto di citazione in appello, notificato il 13/10/2022, ha avuto efficacia interruttiva, azzerando il tempo trascorso fino a quel momento e facendo ripartire il conteggio. Questo dimostra l’importanza di un corretto calcolo dei termini processuali e degli effetti degli atti che li interrompono, un errore sul quale un ricorso non può fondarsi.
Il Vizio di Motivazione Manifestamente Infondato
Anche il secondo motivo di inammissibilità del ricorso è stato respinto con fermezza. La Corte ha osservato che i ricorrenti non si erano realmente “confrontati con l’articolato ragionamento della sentenza impugnata”. In altre parole, la loro critica era generica e non andava a colpire specificamente le argomentazioni logico-giuridiche sviluppate dalla Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, secondo la Cassazione, aveva dato “correttamente conto degli elementi di fatto e diritto” che fondavano la responsabilità penale. Proporre un motivo di vizio di motivazione richiede una critica puntuale e specifica, non una semplice riproposizione delle proprie tesi o una contestazione astratta.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Quando i motivi di ricorso sono palesemente infondati, come nel caso di un errato calcolo della prescrizione o di una critica generica alla sentenza, l’esito non può che essere una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione serve da monito: i ricorsi devono essere basati su argomentazioni solide e pertinenti, altrimenti si traducono solo in un allungamento dei tempi processuali e in ulteriori costi per i ricorrenti.
Quando un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono “manifestamente infondati”, ovvero privi di fondamento giuridico evidente, come nel caso di un errato calcolo dei termini di prescrizione o di una critica generica e non specifica alla motivazione della sentenza impugnata.
Un atto processuale può interrompere la prescrizione di un reato?
Sì, alcuni atti processuali, come il decreto di citazione in appello, hanno “efficacia interruttiva”. Ciò significa che interrompono il conteggio del tempo per la prescrizione, che ricomincia a decorrere da capo a partire dalla data dell’atto stesso.
Per contestare la motivazione di una sentenza è sufficiente una critica generica?
No. Per contestare validamente un vizio di motivazione, il ricorso deve “confrontarsi con l’articolato ragionamento della sentenza impugnata”, ovvero deve contenere una critica specifica, puntuale e logica alle argomentazioni di fatto e di diritto esposte dal giudice, non essendo sufficiente una semplice riproposizione delle proprie tesi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11338 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11338 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 38326NUMERO_DOCUMENTO NOME + 1
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti con i ricorsi in relazione alla sentenza di condanna per i reati di cui agli artt. 337, 582, 585 cod. pen. sono inammissibili perché manifestamente infondati;
Considerato, in particolare, che il primo motivo di ricorso – che deduce l’intervenuta prescrizione dei reati – è in palese contrasto con il dato normativo, a mente del quale il termine massimo di prescrizione dei suddetti reati è pari a sette anni e sei mesi; essendo i fatti occorsi in data 20/10/2016, il termine massimo di prescrizione scade in data 20/04/2024. E comunque, rispetto a sentenza emessa in primo grado il 01/02/2017, non si è verificato il termine di prescrizione interfasico, essendo intervenuto il decreto di citazione in appello, che anche a prescindere dalla notifica ha efficacia interruttiva, il 13/10/2022 per l’udienza del 11/01/2023, poi rinviata.
Ritenuto, infine, che il secondo motivo di ricorso – che deduce il vizio di motivazione in relazione all’affermazione della penale responsabilità degli imputati – non si confronta con l’articolato ragionamento della sentenza impugnata, la quale dà correttamente conto degli elementi di fatto e diritto alla base della ritenuta responsabilità dei ricorrenti (cfr., in particolare, pp. 5 e 6 de provvedimento impugnato);
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/02/2024