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Inammissibilità ricorso: i motivi generici non bastano

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro una condanna per false dichiarazioni. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, che non criticavano specificamente la sentenza d’appello ma si limitavano a proporre una diversa valutazione dei fatti. Tale approccio ha comportato l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando la genericità porta all’inammissibilità

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e rigore. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi sono generici e non si confrontano criticamente con la decisione impugnata. Questo principio è cruciale per comprendere come strutturare un’efficace difesa in sede di legittimità. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni della Corte e le conseguenze per il ricorrente.

Il caso in esame: condanna per false dichiarazioni

Un individuo, già condannato in primo e secondo grado per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale (previsto dall’art. 495 del codice penale), ha presentato ricorso per Cassazione. I suoi motivi di doglianza erano principalmente due:

1. Una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla contestazione della recidiva.
2. La mancata concessione delle pene sostitutive.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo fondate sia la colpevolezza dell’imputato sia la correttezza delle valutazioni sulla sua personalità e pericolosità sociale.

L’inammissibilità del ricorso e le ragioni della Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per una declaratoria di inammissibilità totale del ricorso. Vediamo nel dettaglio perché ogni motivo è stato respinto.

Primo motivo: la contestazione generica della recidiva

Il ricorrente lamentava un errore nella valutazione della recidiva. Tuttavia, secondo i giudici di legittimità, la sua critica era meramente assertiva. Invece di sollevare specifiche censure di illegittimità contro la sentenza d’appello, l’imputato si è limitato a proporre un’interpretazione alternativa dei fatti, un’operazione non consentita in sede di Cassazione. La Corte d’Appello aveva motivato in modo congruo ed esente da vizi logici, evidenziando come la pericolosità dell’imputato fosse dimostrata dal suo tentativo di non farsi identificare mentre violava un’altra misura cautelare. Il ricorso, non confrontandosi con questa solida argomentazione, è risultato inammissibile su questo punto.

Secondo motivo: il diniego delle pene sostitutive

Anche il secondo motivo, relativo alla mancata concessione di pene sostitutive, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha osservato che già l’atto di appello conteneva una censura generica su questo aspetto. La Corte territoriale aveva risposto in modo adeguato, richiamando la motivazione della sentenza di primo grado, che si basava sulla gravità del fatto e sulla personalità negativa dell’imputato. Di conseguenza, è stato ritenuto che le pene sostitutive non fossero idonee a svolgere una funzione rieducativa, e la Cassazione ha confermato la correttezza di tale valutazione.

Le motivazioni: perché è cruciale un ricorso specifico

La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti, dialogando direttamente con le argomentazioni del giudice precedente e indicando con precisione dove risieda l’errore di diritto o il vizio logico. Proporre una semplice rilettura dei fatti, come avvenuto in questo caso, trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, snaturando la funzione della Cassazione e portando inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per la difesa

Questa ordinanza ribadisce l’importanza di una tecnica difensiva rigorosa. L’inammissibilità del ricorso non è solo una questione formale, ma ha conseguenze sostanziali. Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, quando il ricorso è inammissibile per colpa del ricorrente (ad esempio, a causa della manifesta infondatezza dei motivi), quest’ultimo viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma alla Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la sanzione è stata fissata in tremila euro. La lezione è chiara: un ricorso per Cassazione deve essere un atto giuridico mirato e tecnicamente ineccepibile, pena il rigetto e ulteriori oneri economici.

Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché considerato assertivo e generico. Il ricorrente ha proposto una valutazione alternativa del merito senza confrontarsi specificamente con le argomentazioni giuridiche e logiche della sentenza impugnata in tema di recidiva.

Qual è la ragione del rigetto della richiesta di pene sostitutive?
La Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, confermando la decisione del giudice di merito. Quest’ultimo aveva negato le pene sostitutive basandosi sulla specifica gravità del fatto e sulla personalità negativa dell’imputato, concludendo che tali pene non avrebbero assolto a una funzione rieducativa.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A causa dell’evidente inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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