Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi sono Troppo Generici
L’esito di un processo non è mai scontato, ma le regole per contestare una decisione sono chiare e rigorose. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sull’inammissibilità del ricorso quando i motivi di appello non sono formulati correttamente. In questo caso, la Suprema Corte ha respinto un ricorso perché le censure mosse alla sentenza di condanna erano troppo generiche, limitandosi a proporre una versione dei fatti diversa da quella accertata dai giudici di merito. Analizziamo insieme la decisione per capire i principi applicati e le pesanti conseguenze economiche per il ricorrente.
I Fatti del Caso: La Condanna per Sostituzione di Persona
Il caso nasce da una condanna per il delitto di cui all’art. 494 del codice penale (sostituzione di persona), confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Lecce. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a tre principali motivi di doglianza.
L’Analisi della Corte: I Motivi dell’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha ritenuto tutti i motivi presentati manifestamente infondati, portando a una declaratoria di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio perché ogni motivo è stato respinto.
Il Primo e Secondo Motivo: La Critica Generica e l’Apprezzamento Alternativo
Il primo motivo contestava la motivazione della sentenza in merito alla credibilità della persona offesa. Tuttavia, secondo i giudici, l’imputato non ha sollevato censure specifiche di legittimità, ma ha semplicemente proposto una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma solo di controllare la correttezza logico-giuridica della motivazione del giudice precedente. Proporre una “lettura preferibile” degli eventi non è sufficiente.
Analogamente, il secondo motivo, che lamentava la violazione del principio “oltre ogni ragionevole dubbio” (art. 533 c.p.p.), è stato giudicato generico. Anche in questo caso, il ricorrente si è limitato a prospettare un “alternativo apprezzamento dell’occorso” senza individuare specifiche falle nel ragionamento della Corte d’Appello.
Il Terzo Motivo: La Mancanza di Specificità sulla Pena
Il terzo motivo riguardava la determinazione della pena, in particolare l’aumento applicato per la recidiva. La Corte ha rilevato una totale mancanza di specificità: il ricorrente non si è confrontato con la motivazione della sentenza impugnata, che aveva giustificato l’aumento di pena richiamando i precedenti dell’imputato e la continuità del suo agire illecito. Le censure si sono ridotte a mere affermazioni assertive, inidonee a costituire una critica compiuta e pertinente.
Le Pesanti Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente a pagare non solo le spese del procedimento, ma anche una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione viene irrogata quando l’impugnazione è viziata da colpa, come nel caso di motivi palesemente infondati. Inoltre, l’imputato è stato condannato a rifondere le spese legali sostenute dalla parte civile, liquidate in 1.800 euro, oltre agli accessori di legge.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio di merito. Il suo compito è verificare che la sentenza impugnata sia esente da vizi di legge o da difetti di motivazione che la rendano illogica o contraddittoria. Non può, invece, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti. I motivi di ricorso devono, quindi, essere specifici e puntuali, indicando con precisione il punto della decisione che si contesta e le ragioni giuridiche della censura. Limitarsi a riproporre la propria tesi difensiva o a suggerire una lettura alternativa delle prove equivale a chiedere un nuovo giudizio sui fatti, cosa preclusa in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale dinanzi alla Corte di Cassazione. È essenziale che i motivi di ricorso siano formulati con estremo rigore tecnico, evitando genericità e critiche che sconfinano nel merito della vicenda. Un ricorso basato su censure astratte o sulla semplice riproposizione di una diversa versione dei fatti è destinato all’inammissibilità, con conseguenze economiche significative per il ricorrente, che si troverà a dover sostenere non solo le spese processuali, ma anche una sanzione pecuniaria e i costi della difesa della controparte.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non specifici. Anziché individuare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata, il ricorrente si è limitato a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove, attività che non è consentita nel giudizio di Cassazione.
Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Secondo la Corte, un motivo è generico quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della decisione impugnata, ma si affida a enunciazioni assertive o prospetta un alternativo apprezzamento dei fatti, senza muovere una critica compiuta e puntuale al provvedimento.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato tre condanne economiche per il ricorrente: 1) il pagamento delle spese processuali; 2) il versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso colpevolmente inammissibile; 3) la rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, liquidate in 1.800 euro oltre accessori.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32641 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32641 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASARANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/09/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce che ne ha confermato la penale responsabilità per il delitto di cui all’art. 494 cod. pen.;
considerato che:
il primo motivo – con denuncia il vizio di motivazione in relazione alla credibilità d persona offesa – lungi dal muovere compiute censure di legittimità, ha perorato un’alternativa ricostruzione del fatto e una diversa valutazione del compendio probatorio, indicando elementi di fatto ed offrendone la lettura ritenuta preferibile senza tuttavia censurare l’iter argomentativo della decisione impugnata e senza addurre ritualmente il travisamento della prova (che non può essere denunciato mediante il mero compendio di talune delle risultanze acquisite: cfr. Sez. 2, n. 46288 de 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01);
– il secondo motivo – che lamenta la violazione dell’art. 533 cod. proc. pen. per errat applicazione del principio dell’accertamento della penale responsabilità oltre ogni ragionevole dubbi – non contiene una effettiva censura agli argomenti spesi dalla decisione impugnata sul punto ma prospetta, con assunti patentemente generici, un alternativo apprezzamento dell’occorso (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01);
– il terzo motivo – che deduce il vizio di motivazione in ordine alla determinazione del pena (anche in relazione all’aumento per la recidiva) – è privo della necessaria specificità poich omettendo qualsivoglia confronto con la motivazione contenuta nel provvedimento impugnato, si affida ad enunciati assertivi inidonei a muovere una compiuta critica al provvedimento impugnato (che ha confermato la prima decisione quoad poenam e in relazione alla recidiva, richiamando i precedenti dell’imputato ed evidenziando come il fatto di ponesse nel medesimo alveo del precedente agire illecito, alla luce delle modalità di esso, così indicando gli elementi che in concreto ha ri dimostrativi della accresciuta pericolosità del ricorrente);
rilevato che non possono condurre a una diversa statuizione i motivi nuovi presentati nell’interesse del ricorrente in ragione dell’inammissibilità dei motivi articolati con il ricorso n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME Giacinto, Rv. 277850 – 01), il che esime da ulteriori considerazioni;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. C cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila; e che l’imputato deve essere, altresì, condannato alla rifusione delle spese rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, che si stima equo liquidare in euro 1800,00 oltre accessori di legge.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna altresì il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, che liquida in euro 1800,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 25/06/2025.